Sarà un passaporto vaccinale sotto forma di app a rilanciare i viaggi aerei internazionali, arginando il crollo di un settore azzannato dalla pandemia di Covid-19? La strada è ricca di incognite e criticità, ma le compagnie aeree ci sperano e da settimane hanno intensificato i loro sforzi per individuare, insieme ad aziende e fondazioni informatiche, le soluzioni più promettenti per tornare a volare in sicurezza, senza quarantena, sfruttando le possibilità del digitale.
Prima di vedere quali sono queste soluzioni, è bene fare due premesse. La prima è che si tratta di iniziative in fase di sviluppo, attualmente in corso di sperimentazione su determinate tratte internazionali, per la cui diffusione più ampia sarà necessaria l’adozione di standard universali riconosciuti da parte delle autorità governative. La seconda premessa è che l’eventuale “decollo” di questi strumenti come lasciapassare per i viaggi internazionali solleva delle questioni etiche che vanno dalla tutela della privacy (un aspetto su cui gli sviluppatori assicurano la massima attenzione) al rispetto dei diritti umani (ad esempio, come evitare discriminazioni legate all’accessibilità a strumenti tecnologici/sanitari).
L’Associazione internazionale del trasporto aereo (IATA) aveva annunciato qualche settimana fa il proprio IATA Travel Pass, un pass sanitario digitale per sbloccare le frontiere e abolire la regola della quarantena obbligatoria: in sostanza, una app per consentire alle autorità portuali di vedere (tramite codice Qr) tutte le informazioni sanitarie dei passeggeri, inclusi test Covid e vaccinazioni. L’associazione con sede a Montreal prevede il rilascio dell’app per l’inizio del primo trimestre del 2021 per Android e iPhone, previo accordo con le autorità governative.
Una delle iniziative più avanzate è il CommonPass, una sorta di passaporto sanitario pensato per consentire alle autorità aeroportuali di verificare per ogni passeggero i risultati dei test per il coronavirus e lo stato delle vaccinazioni. Come riporta il New York Times, alcune compagnie aeree – come United Airlines e Cathay Pacific - hanno iniziato a sperimentare CommonPass già nel mese di ottobre. Nelle ultime settimane al Common Trust Network hanno aderito altre grandi compagnie internazionali, tra cui JetBlue, Lufthansa, Swiss International Airlines e Virgin Atlantic. Già in questi giorni le compagnie stanno iniziando a usare l’applicazione su voli selezionati in partenza da città come New York, Boston, Londra e Hong Kong. L’organizzazione Airports Council International (ACI) World, che rappresenta circa 2.000 aeroporti in tutto il mondo, ha aderito al Common Trust Network, segno che nelle prossime settimane l’utilizzo del pass potrebbe estendersi ad altre capitali.
Come per il Travel Pass della IATA, CommonPass mira sia a fornire informazioni sui requisiti di ingresso nei Paesi stranieri sia a offrire una piattaforma verificata su cui archiviare e visualizzare i risultati dei test e le vaccinazioni. La app – spiega Forbes - dovrebbe aiutare a chiarire la confusione dei viaggiatori sui requisiti per l’ingresso e su come dimostrare adeguatamente che sono stati soddisfatti. Allo stesso tempo, solleverebbe le autorità per l’immigrazione e il personale delle compagnie aeree dal compito di vagliare la legittimità di una serie di documenti sanitari, potenzialmente in più lingue e formati.
Dietro la app c’è un’organizzazione senza scopo di lucro con base a Ginevra chiamata The Commons Project Foundation, supportata dalla Rockefeller Foundation con il coinvolgimento del World Economic Forum. La fondazione riassume così la sua missione: “La Commons Project Foundation costruisce e gestisce piattaforme e servizi digitali per il bene comune. La nostra struttura orientata alla missione è progettata per attrarre talenti di livello mondiale per costruire e sostenere servizi pubblici digitali in un modo che serva soprattutto gli interessi delle persone”.
Anche le grandi aziende tecnologiche stanno entrando in azione. IBM ha sviluppato la propria app, chiamata Digital Health Pass, che consente alle aziende e alle sedi di personalizzare gli indicatori di cui avranno bisogno per l’ingresso, inclusi i tamponi, i controlli della temperatura e le registrazioni delle vaccinazioni. Le credenziali corrispondenti a tali indicatori vengono quindi archiviate in un portafoglio mobile.
Una delle principali criticità di questi passaporti elettronici vaccinali è l’adozione di standard uniformi che possano essere riconosciuti dalle autorità governative, così da evitare la frammentazione e la confusione che hanno minato in molti Paesi le performance delle app di tracciamento. Su questa sfida si sta concentrando la Covid-19 Credentials Initiative, un collettivo di oltre 300 persone che rappresentano decine di organizzazioni in cinque continenti, tra cui CommonPass, Ibm e la Linux Foundation Public Health, organizzazione focalizzata sulle applicazioni della tecnologia per aiutare le autorità sanitarie di tutto il mondo a combattere Covid-19.
Mentre i ‘nerd’ sono al lavoro, la comunicazione ufficiale sui passaporti sanitari digitali resta al momento un po’ confusa, prendendo in prestito il giudizio del network Euronews.
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) appare contraddire le sue stesse raccomandazioni. Nel corso di un incontro con la stampa dell’OMS a Copenhagen il 4 dicembre, la dott.ssa Catherine Smallwood, Senior Emergency Officer dell’OMS Europa, ha ribadito le attuali linee guida dell’organismo sui “passaporti per l’immunità”. “Non raccomandiamo i passaporti di immunità né i test come mezzo per prevenire la trasmissione oltre confine”, ha affermato. “Ciò che raccomandiamo è che i Paesi guardino i dati sulla trasmissione sia all’interno che all’esterno dei loro confini e adattino di conseguenza le loro linee guida di viaggio alle persone”.
Allo stesso tempo, però, l’OMS ha firmato un accordo con l’Estonia in ottobre per collaborare allo sviluppo di un certificato di vaccinazione digitale - o di un “cartellino giallo smart” - che ricorda i vecchi certificati cartacei di vaccinazione contro la febbre gialla. L’idea alla base di questo accordo è quella di rafforzare la motivazione a sottoporsi ai vaccini, garantire un accesso equo ad essi e, in ultima analisi, porre fine alle restrizioni pandemiche attraverso l’immunità attiva acquisita. “Per il passaporto di vaccinazione per i viaggiatori - ha detto la dott.ssa Siddhartha Sankar Datta, collega di Smallwood, nel corso della stessa conferenza stampa - stiamo esaminando molto attentamente l’uso della tecnologia nel contrasto al COVID-19 e uno di questi è come lavorare con gli Stati membri per ottenere un qualcosa chiamato certificato di vaccinazione elettronica”.
Il tema, insomma, c’è ed è quanto mai attuale. Come attuale è il dibattito sulle ripercussioni di queste nuove condizioni di viaggio su privacy, diritti e libertà di movimento. CommonPass, IBM e la Linux Foundation hanno tutti sottolineato la privacy come elemento centrale delle loro iniziative. IBM, ad esempio, ha spiegato che il suo pass permette agli utenti di controllare e autorizzare l’uso dei propri dati sanitari, consentendo loro di scegliere il livello di dettaglio che desiderano fornire alle autorità.
Diverse aziende all’interno della Covid-19 Credentials Initiative si stanno inoltre muovendo per respingere preventivamente le accuse di discriminare i passeggeri in base alla loro dotazione digitale. Alcuni stanno sviluppando una smart card che rappresenta una via di mezzo tra i tradizionali certificati vaccinali cartacei e una versione online più facile da archiviare e riprodurre. Brad Perkins, chief medical officer della Commons Project Foundation, ha assicurato che il sistema di credenziali dell’app è stato progettato in modo da funzionare per un pubblico vasto: chi non possiede uno smartphone potrà comunque stampare i propri codici di conferma e mostrarli in aeroporto, proprio come avviene con una normale carta d’imbarco.
Quest’apertura all’analogico non elimina però il problema di una discriminazione più ampia: quella tra chi potrà sottoporsi al vaccino e chi no, per svariati motivi. “In base al loro stato di salute alcune persone potrebbero muoversi liberamente, e sarebbe il caso di coloro che sono risultati negativi al test o sono stati vaccinati”, osserva Ada Beduschi, docente di Diritto all’Università di Exeter citata da Euronews.
“Ma ad altri, al contrario, non sarebbe permesso viaggiare e accedere a luoghi specifici, tra cui chiese, luoghi sportivi e altre aree di riunione […]. Se alcune persone non possono accedere o permettersi i test o i vaccini Covid-19, non saranno in grado di dimostrare il loro stato di salute, e quindi le loro libertà saranno de facto limitate”. Se i viaggi aerei internazionali erano già prerogativa della parte più benestante della popolazione mondiale, il coronavirus sembra destinato a rendere le vie del cielo ancora più ristrette.