I più struggenti. C’era una volta un ristorante. Siamo alla reliquia sentimentale, alla memoria felice di un tempo che fu: rimpiangiamo perfino di non poter ordinare il conto.
Covid ristoranti chiusi: la provocazione video dello Scannabue di Torino
Un ristorante – il torinese Scannabue di Torino, vivo e vegeto intendiamoci, ma in stand-by causa lockdown – prova a smarcarsi dalla nostalgia canaglia. E dall’ansia che paralizza. Con un video e la scommessa vinta di una risata.
Una guida turistica di un futuro prossimo ma più distante di una prescrizione da Dpcm ci accompagna nella visita a un museo. Il museo custodisce le vestigia di un passato glorioso e incomprensibile: la vita al tempo dei ristoranti.
La guida illustra le eccentriche abitudini di quei nostri antenati (siamo noi, un anno prima) inclini al convivio gastronomico. Si salutavano, scandalo igienico-sanitario, baciandosi sulle guance, promiscui e ignari.
Affondavano le mani sul cestino comune del pane. I visitatori sono insieme divertiti e pieni di orrore, la guida li esorta a giudicare con indulgenza quei bruti vissuti tanti e tanti mesi orsono.
Ridiamoci sopra che è meglio: rovesciate le sedie, deserti i tavoli, spenti i fuochi nelle cucine, è qui e ora la distopia di un mondo senza ristoranti.
Ha ragione Alessandro Piperno (La Lettura del 31 gennaio con il Corriere della Sera) a ricordarci le virtù nascoste nei piaceri effimeri e superflui, del conforto del lusso. Che scopriamo quando ci sono negate.
“Non c’è niente di bello nella frugalità imposta, non c’è decoro nella rinuncia, ne umanità nella parsimonia. La verità – che questi tempi cupi non fanno che ribadire – è che la natura umana esulta a contatto dei i fasti del superfluo, che il lusso, se possibile, è perfino più romantico di un tramonto o di una mareggiata”.