Da avanguardia del Sud America a ostaggio dell’industria alimentare. Ha il sapore di una parabola discendente la nuova regolamentazione relativa all’etichettatura speciale per gli alimenti in Uruguay che da oggi è molto più blanda nei suoi criteri per definire gli eccessi.
Approvata nel 2018 sotto il governo di centrosinistra del Frente Amplio, questa legge avrebbe dovuto combattere obesità e altre malattie attraverso l’utilizzo di etichette speciali volte ad avvertire i consumatori sui cibi processati che contengono un eccesso di grassi, grassi saturi, zuccheri e sale aggiunti durante il processo di composizione. Il logo di allerta con un ottagono nero e le scritte in bianco era il primo del suo genere nel Mercosur e aveva ricevuto gli elogi, tra gli altri, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Organizzazione Panamericana della Sanità. Il perché è facile da capire visti i dati allarmanti che affliggono l’Uruguay con un tasso di obesità, sia tra gli adulti che tra i bambini, che supera il doppio della media mondiale.
Mentre la vendita di bibite zuccherate e di altri prodotti con quantità eccessive di zucchero si triplicava negli ultimi venti anni, in questo stesso periodo il tasso di sovrappeso aumentava dal 52,5% al 64,9% secondo uno studio del Ministero della Salute del 2015.
Dopo un tira e molla durato diversi mesi e con la forte opposizione dell’industria alimentare, l’attuale governo di centrodestra guidato da Lacalle Pou ha deciso di ridefinire i valori necessari per stabilire gli eccessi che da oggi sono decisamente più alti come è stato denunciato da Alianza ENT Uruguay, un’organizzazione che combatte le malattie non trasmissibili: +20% di sodio, +30% di zuccheri, +45% dei grassi e +50% dei grassi saturi.
Il nuovo calcolo dei limiti è basato su 100 grammi di prodotto solido che prevedono: 500 milligrammi di sodio, 13 grammi di zuccheri, 13 grammi di grassi e 6 grammi di grassi saturi.
Il nuovo decreto sta facendo infuriare un po’ tutti da organizzazioni della società civile ai medici e agli esperti che tuonano contro la scelta dell’esecutivo accusato di beneficiare soprattutto le multinazionali rispetto all’industria nazionale che stava cercando di adattare i prodotti alla precedente regolamentazione.
Nell’implementare il sistema dell’etichettatura l’Uruguay si era ispirato al Cile, un modello unico in Sud America dal 2016, che in due anni era riuscito a ridurre di quasi un quarto (23,7%) l’acquisto di bevande zuccherate secondo uno studio dell’Università del North Carolina e della Chapel Hill Gillings School of Global Public Health. L’eventualità di veder crollare le vendite ha forse fatto spaventare qualcuno in Uruguay?