di Fabrizio Roncone
Mario Draghi, domani alle 12.15, chiuderà il giro delle consultazioni incontrando a Montecitorio la delegazione del Movimento 5 Stelle guidata da Vito “orsacchiotto” Crimi (il copyright del soprannome è di Roberta Lombardi, raro esemplare di grillina ironica, nata ad Orbetello e però cresciuta a Boville Ernica, in Ciociaria).
Draghi e Crimi. Uno di fronte all’ altro. Qualcuno scatti una foto. Crimi, pazzesco, sempre lui. Immagini in dissolvenza: le consultazioni del marzo 2013, Bersani, i grillini che imposero un confronto in diretta streaming, la Lombardi e il nostro “orsacchiotto” dall’ altra parte del tavolo a fare i duri e puri (dopo: al governo prima con Salvini e poi con il Pd, le auto blu, la bava da potere, le poltrone da prendere). Crimi ha preso anche qualche chilo.
E, nel frattempo, è diventato il capo provvisorio, il reggente del Movimento: ma conta meno di un curatore fallimentare. La sua carriera, in questi irripetibili anni di governo a 5 Stelle, dopo un avvio promettente, si è fermata. Lo ignorano, lo mortificano.
Mai invitato da Beppe Grillo nella suite dell’hotel Forum con vista sul Colosseo. Mai una citazione da Dibba nelle sue dirette Facebook. E poi Paola Taverna, ormai tutta in ghingheri, con la Louis Vuitton e il tailleur giusto, ma i modi di fare che sono sempre gli stessi: «A Vitooo! Ma che stai a dì? Nun te se capisce quanno parli».
Lui allora viene avanti con questa aria da falso pacioccone, lo sguardo torvo, la vendetta covata. Un giorno lo beccano a Radio Luiss che confessa: «I giornalisti mi stanno sul cazzo». Se la prende con noi. Non sarebbe l’ unico: c’ è però il problemino che intanto l’ hanno fatto Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’ Editoria. Populista, cattivello, minacciosetto. Ha un’ idea efferata: chiudere una leggenda, Radio Radicale. «Sei un gerarca minore», lo gela Massimo Bordin, il fuoriclasse che la dirigeva. Polemiche, stupore. Crimi intuisce l’ antifona, china il capo: «Chiedo scusa a tutti i giornalisti bravi e seri, che sono davvero tanti».
Si specializza in gaffe: deve chiedere perdono anche all’ allora Capo della Stato, Giorgio Napolitano. «Non volevo offenderlo quando ho detto di averlo trovato piuttosto sveglio». Due giorni dopo un fotografo appostato sulla tribunetta di Palazzo Madama punta il teleobiettivo su uno che dorme e russa a bocca spalancata. La testa ciondoloni. Le braccia corte, e conserte. Un orsacchiotto in letargo. È lui: Crimi.
Cominciano a imitarlo: Crozza, Fiorello. Su twitter parte l’ hashtag: #romanzocrimi. Lui reagisce innamorandosi: si fidanza con una collega del Movimento, la deputata Paola Carinelli, e insieme hanno un figlio. Ma un’ anima pia a 5 Stelle spiffera: non avete idea del suo primo matrimonio. Una pacchianata. Spunta un raccontone: Vito il frugale che arriva davanti alla chiesa di Santa Maria della Stella, ad Albano Laziale, a bordo di una Rolls Royce Excalibur grigio perla. Ricevimento nella più lussuosa villa sull’ Appia Antica, prato all’ inglese, e lui – quello che ai meet-up si presentava scamiciato – in tight. Ha 48 anni, è nato a Palermo, quartiere Brancaccio: secondogenito di due genitori impiegati all’ Upim, boy-scout nella parrocchia carmelitana San Sergio I, il liceo scientifico, la facoltà di Matematica lasciata per trasferirsi a Brescia («Avevo vinto il concorso nella locale Corte d’ Appello»). Poi il rettilineo che porta diritto in Parlamento. Sei contento, adesso, Vito? No. Pensa che poteva andargli meglio. La fonte fa un po’ di capricci, ma poi scodella un colloquio riservato. Primi di settembre di due anni fa (mentre accroccavano il nuovo governo giallo-rosso e Luigi Di Maio spiegava la scena). «Vito caro, allora: tu farai il vice ministro dell’ Interno e». «Vice? No, scusa: e perché non il ministro?». «Per una ragione di equilibri. Però guarda che essere il vice al Viminale è tanta roba». «Ma io voglio essere ministro!». «No, Vito. Mi spiace, non è possibile» (Di Maio, se necessario, sa essere molto duro). «Persino Toninelli farà il ministro». «Vito, dai non fare così non piangere, Vito». La Lombardi ci aveva preso: immaginarselo che singhiozza deluso, proprio un «orsacchiotto». Però dai suoi occhi ecco che subito si sprigiona un guizzo di inatteso furore. Gli hanno appena riferito che Grillo e Di Maio, sia pure piantando qualche paletto, avrebbero aperto all’ ex presidente della Bce. Vito scuote la testa. Ancora una volta: smentito (poche ore fa, la sua dichiarazione era infatti stata definitiva: «I 5 Stelle non voteranno la fiducia a Draghi»). Ma ormai è andata. Adesso scegli la cravatta giusta, Vito. E ricordati di chiedere una foto. Con Draghi, non ti ricapita.
Fabrizio Roncone
(Corriere della Sera)