“Questa è un’intimidazione bella e buona, come quella che avviene regolarmente in ambienti che poco c’entrano, o dovrebbero c’entrare con la politica”.
di Pietro Salvatori
Lotta Nicola Morra, contro la sua espulsione e quella di un’altra ventina di colleghi: “Nessuno mi ha detto nulla, io fino a prova contraria sono e mi sento del Movimento”. Lotta contro una gestione che gli è piaciuta assai poco: “Crimi? No che non ci siamo sentiti, figurati”. La pentola a pressione del Movimento 5 stelle rischia di saltare. I governisti fanno spallucce per nascondere la grande preoccupazione, i dissidenti cercano di organizzarsi.
“È un macello”, sintetizza con una certa efficacia nella sintesi Angelo Tofalo, che poi scappa a pranzo con alcuni colleghi. In un corridoio della Camera ecco Andrea Vallascas. L’espulsione dei senatori non lo ha scalfito: “Confermo il mio no”. Passa Luca Carabetta, collega per il sì, prova a sdrammatizzare: “Dai Andrea, hai ancora qualche ora per pensarci”.
I primi contatti tra Camera e Senato ci sono già stati. L’obiettivo è quello di non disperdersi in mille rivoli come spesso accaduto nella storia dei 5 stelle, “perché se no sarebbero delle espulsioni, non una scissione”, commenta uno degli interessati. Due gruppi per fare opposizione a Mario Draghi a partire da quei valori 5 stelle che si sentono traditi, un modo gentile per raccontare di una dichiarazione di guerra vera e propria a quel Movimento trasfiguratosi non appena apparso all’orizzonte l’ex governatore della Bce.
Al Senato i numeri ci sono, il problema del simbolo potrebbe risolverlo Elio Lannutti, mettendo a disposizione il simbolo dell’Italia dei valori, presentatasi nel 2018 alle elezioni nella lista Civica popolare di Beatrice Lorenzin, alla Camera i venti necessari alla formazione del gruppo non sono un problema, tra gli almeno 16 espulsi già messi in (tanti quanti i no alla fiducia a Montecitorio) conto e i colleghi che già stazionano nel Misto. “Non forziamo i tempi, ma è certo che siamo determinati a creare un’opposizione a questo governo”, ammette il ribelle Pino Cabras”.
La scelta di Vito Crimi di espulsioni immediate, la calibrazione di parole considerate “violente”, ha rappresentato un vero e proprio terremoto, oltre che un travaglio umano per tanti. A partire da Morra, il quale, raccontano, non si aspettava assolutamente una decisione del genere, che lo ha lasciato spiazzato e amareggiato.
Lannutti ha annunciato ricorso, ma politicamente i margini per comporre la frattura sembrano nulli. Dice un senatore M5s che ha ingoiato la pillola draghiana: “Siamo ridotti a questi, un partito che espelle il presidente dell’Antimafia e va al governo con Silvio Berlusconi”.
Crimi piomba alla Camera, si infila in una girandola di riunioni, prova con esiti non confortanti a sedare il dissenso, che a fine giornata supererà le trenta unità, tra voti contrari, astenuti e assenti. Barbara Lezzi, una degli espulsi, prova a candidarsi al Direttorio di prossima votazione, il capo politico reggente la ferma subito: espulsione dal gruppo e espulsione dal Movimento.
Anzi, in mattinata inasprisce la sua posizione: fuori anche gli assenti non giustificati. E’ successo che da Montecitorio è stato bombardato di telefonate: “Vito, se non espelli anche gli assenti qui mancheranno cinquanta persone al momento del voto”. Ecco il giro di vite, ecco l’intimidazione di cui parla Morra.
La verità è che la costituzione dei due gruppi preoccupa molto il Movimento 5 stelle. Non tanto per una futura prospettiva di competizione politica, quanto piuttosto perché per la prima volta verrebbe bersagliato da un movimentismo più movimentista dei movimentisti col bollino d’autenticità. E’ la prima scissione, la prima vera scissione dopo dieci anni costellati di addii alla spicciolata. E una scissione che si potrebbe organizzare intorno a una frattura tutt’altro che “politichese”, ma che fa parte del cuore vivo dell’elettorato grillino.
Beppe Grillo benedice i draghiani con un post sul blog: “Oggi, alle 21:55 la sonda Perseverance atterrerà su Marte. Alla stessa ora, la Perseveranza atterrerà su un altro Pianeta. La Terra. Più precisamente alla Camera dei deputati. I grillini non sono più marziani. I Grillini non sono più marziani”. Che fossero atterrati su quella terra che è stata paradigma negativo per un paio di lustri lo si era d’altronde capito. Quel che pensa Davide Casaleggio è tutt’altro discorso.
“Ormai Davide qui dentro non può mettere piede, non lo sopporta nessuno” spiega un parlamentare di lungo corso. Il sospetto è che il figlio del fondatore stia lavorando in direzione ostinata e contraria a quella intrapresa dal Movimento. E che potrebbe prendere il pallone (Rousseau) e portarselo via, magari per dare una mano agli scissionisti. Lo scontro con Crimi è ormai quotidiano, ieri quasi comico. Dopo le votazioni sul nuovo statuto che prevede una segreteria collegiale, l’imprenditore ha dichiarato esaurita la funzione del reggente, che è dovuto correre a dire che no, non è così, che bisogna aspettare che si votino i nuovi fantastici cinque. Andrea Colletti ci va con i piedi di piombo: “Casaleggio rappresenta un potere all’interno del Movimento. Un potere che è solo formalmente autonomo, ma che viene riconosciuto se è all’interno del M5s. Non mi aspettavo nulla di diverso da quello che ha detto, ma sempre attento a mantenere integro il Movimento, perché lui ne detiene le chiavi”. Un membro del precedente esecutivo non esclude la possibilità che si vada in quella direzione: “Mi sembrerebbe del tutto normale, noi troveremo le modalità di consultare la base. Non è certo, ma è una possibilità”.
Alessandro Di Battista continua a coltivare contatti con molti dei suoi ex colleghi. “Negli ultimi giorni non lo abbiamo sentito, ma lo leggiamo sempre”, dice Cabras, confermando che è quello del deputato romano il volto che potrebbe incarnare la scissione. Chi lo conosce racconta che Di Battista non si tirerà indietro nel mostrare simpatia verso i ribelli: “Ma da qui a diventarne il leader ce ne passa di acqua sotto i ponti”. E’ una speranza, più che una previsione. Quella che, passato qualche mese lontani, possano tornare a incrociarsi le strade di Di Battista e del Movimento. O di quel che ne sarà rimasto.