E' questione di giorni. Forse bisogna aspettare solo la prossima settimana per avere la "bella sorpresa", come va anticipando qualcuno. Certo, l'ultima parola spetta a Beppe Grillo come è successo per il governo Draghi, ma potrebbe esserci una vera e propria 'rifondazione' che potrebbe azzerare anche il percorso degli Stati generali per cambiare l'assetto del Movimento 5 stelle.
Dopo il 'complicato' sì al nuovo esecutivo - M5s non aveva mai vissuto una fese così difficile, per ammissione di alcuni dei protagonisti - il Movimento, tra scelte, addii e 'mal di pancia', starebbe meditando una possibile svolta che coinvolge Giuseppe Conte. Che qualcosa stia bollendo in pentola è ammissione diffusa: alla base, la necessità di ripartire da zero con un mutamento di metodo, ma anche di vertici e di incarichi interni. Ovviamente, senza abbandonare i principi i fondanti dei 5 stelle.
C'è fortemente bisogno di prospettiva, viene sottolineato, con la conseguenza anche di cambiare alcune regole. L'80% dei parlamentari - dicono i bene informati - è favorevole a Conte e a un cambio di strada, da parte sua l'ex premier tace, dimostrando cautela verso chi lo spinge a rientrare nell'agone della politica perchènon vuole nè farsi tirare per la giacchetta nè finire a fare l'arbitro di beghe interne.
'Rifondare' significa la possibilità di mettere Conte nelle condizioni di fare le scelte? Con che ruolo? Di guida, ma come? Ci penserà Grillo, nel caso. E Di Maio? C'è chi è rimasto colpito dalle parole del ministro degli Esteri sul futuro di M5s senza aver mai affiancato il nome di Conte alla parola leadership. E Casaleggio? Nel Movimento si spiega che la sua posizione rispetto all'organizzazione interna non potrà interferire, anche se la partita sul logo M5s è importante.
Intanto, c'è attesa per la lectio magistralis che Conte terrà domani a Firenze. Con ogni probabilità parlerà degli aspetti giuridici della gestione della pandemia, nè potrà mancare un richiamo all'esperienza concreta di governo. Ma di sicuro non sarà domani il giorno della discesa in campo. Non è nè il luogo nè il momento.
Sul fronte del dissenso, nel frattempo, M5s deve affrontare, oltre alla fuoriuscita di deputati e senatori, il disagio di chi, fino ad ora, non ha deciso di intraprendere la strada dell'addio. Per tutta la giornata si è parlato dell'abbandono dell'ex ministro Spadafora, e dei deputati Cataldi e Trizzino che replicano di essere ancora dentro il loro gruppo parlamentare, anche se c'è chi, come Trizzino, non ha mai nascosto di vivere un certo disagio e si riserva di guardare attentamente l'evolversi della situazione. Lascia, invece, il senatore Emanuele Dessì che annuncia l'adesione alla componente - in formazione - del Misto, 'l'Alternativa c'è, e che punta alla nascita di un nuovo gruppo con il simbolo di Idv. Sarebbero più di dieci gli ex M5s che stanno riflettendo concretamente sul loro ingresso, bussando alla porta dei 7 'pionieri' già in campo.
Al Senato, da inizio legislatura, sono in tutto 34 i parlamentari a 5 stelle che hanno 'traslocato'. Gli ultimi sono i 15 espulsi per aver detto no alla fiducia a Draghi. A questi si è aggiunto proprio Dessì, anche se la sua decisione non era fino a qualche ora fa ancora trascritta sul sito di Palazzo Madama. Con il suo addio, il gruppo M5s si assottiglia a 76 componenti. Sullo sfondo restano i possibili ricorsi che alcuni eletti potrebbero presentare, fino ad arrivare in tribunale. La sentenza della prima sezione del tribunale di Cagliari ha stabilito, in un caso specifico, sollevato da una consigliera regionale che il Movimento - nel passaggio dalla figura del capo politico alla nuova guida a 5 - è al momento privo di rappresentanza legale e ha nominato, di conseguenza, un curatore speciale per poter procedere in contraddittorio. La pronuncia non ha trovato consensi unanimi tra i tecnici del settore, ma non è da escludere che possa diventare un punto di riferimento per chi vorrà proporre causa.