di Michele Schiavone*
Negli ultimi mesi si è sentita la mancanza del quotidiano “Gente d’Italia” non solo nelle edicole in America latina ma anche nell'etere, che da anni ha reso la comunicazione di notizie molto più accessibile, e in questo nuovo mondo dei network la penna e le argute riflessioni in “punta di penna” del suo direttore ci sono mancante. Per chi segue la quotidianità delle nostre storie nel mondo questi mesi hanno rappresentato una vera e propria sofferenza da astinenza, in un momento particolare nel quale nel paese in cui è situata la redazione principale di “Gente d’Italia”, dall’inizio dell’anno si sono succeduti seri casi di cronaca, sui quali sono ancora in corso indagini giuridiche, e si sono verificate difficoltà amministrative legate all'insegnamento della lingua italiana.
Gli approfondimenti ai quali ci ha abituati la redazione seguiranno copiosi, lineari e imparziali, fedeli alla scrupolosa deontologia che accomuna i giornalisti di razza. Davanti alle tastiere di questo quotidiano c'è consapevolezza che le lettrici e i lettori possono essere attenti, esigenti, zelanti, puntigliosi e avari di notizie, in ogni modo hanno facoltà e libertà di giudicare ed esprimere opinione, comunque, desiderosi di apprendere tra le righe notizie e di rimembrare fotografie quali messaggi visivi, che si materializzano o che allo stesso tempo rappresentano opere visuali. Sono passati i tempi delle pubblicazioni e delle notizie in bianco e/o nero. Un giornale si mette in gioco ogni giorno ed è posto sotto i riflettori della competizione.
Un paese, una città, una comunità che può vantare la presenza di una viva voce di comunicazione sono ricchi sotto numerosi punti di vista perché, intorno ad una pubblicazione la gente si ritrova e spesso si immedesima, la cultura progredisce e si trasmette, gli interessi comuni e quelli particolari trovano spazi e si propagandano, lo sport entra nelle case, nei club e attraverso i tifosi diventa popolare, l’arte e la musica si materializzano e si confondono con gli umori, i diritti civili e giuridici vengono difesi, affermati e estesi perché da sempre la stampa o la comunicazione esercita sull’opinione pubblica quello che in gergo è conosciuto come un potere forte.
Gente d’Italia da ventitré anni è stata una pubblicazione libera, ha prodotto inchieste, ha narrato e fatto vivere storie che diversamente sarebbero state dimenticate, come quella della tragedia mineraria di Monongah del 6 dicembre 1907 nella quale persero la vita numerosi nostri connazionali, e che oggi viene ricordata assieme a tutte le altre l’8 agosto, nel giorno del sacrificio dell’emigrazione italiana; ha incontrato ed ha ricevuto apprezzamenti dal Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella durante la sua visita a Montevideo.
Il ritorno in edicola di questo prezioso quotidiano è il più bel regalo che l’editore, Mimmo Porpiglia, poteva fare alla sua comunità, al suo paese e a tutti noi, anche se distanti e lontani, che apprezziamo e al quale auguriamo di continuare la sua avventura nel mondo della carta stampata e delle nuove frequenze sociali. Ne beneficeranno anche la lingua italiana e quella spagnola.
Dalla momentanea chiusura della pubblicazione, comunque, bisognerà trarre una lezione di vita, educativa e di monito affinché non si ripetano più forzature e abusi di potere esercitati per mettere il bavaglio a chi è chiamato a notiziare e a (in)formare la pubblica opinione.
*Michele Schiavone
Segretario Generale Cgie