Cambio di rotta. È stata una vera e propria strigliata quella di Mario Draghi all’Europa. Due le direzioni indicate per accelerare le vaccinazioni: adottare una linea dura con le case farmaceutiche che non rispettano gli obblighi contrattuali e vietare l’export di vaccini oltre i confini comunitari. Inoltre, il Governo intende dare vita a un polo nazionale pubblico-privato per prepararsi a produrre a lungo termine le dosi in Italia. Una svolta rispetto all’Esecutivo precedente, che per ragioni ideologiche aveva sempre rifiutato le opportunità che un’alleanza tra industria farmaceutica e istituzioni avrebbe potuto generare. Bene. Ora però, a questo cambio di rotta sul fronte esterno dei vaccini deve seguire un analogo, radicale cambio di rotta sul fronte interno dell’economia. Si è parlato fin troppo. Bisogna subito impostare due riforme: Pubblica amministrazione e giustizia civile.

Sono la prima dose e il richiamo per l’immunizzazione economica e sociale. Draghi lo ha detto in Parlamento: se vorremo sfruttare sul serio i fondi europei per la ricostruzione, prima dovremo fare alcune riforme. Altrimenti sarà solo l’ultima occasione persa. Tenetelo bene a mente, perché bisognerà ripeterlo ogni giorno per spiegare che il Recovery Fund non è semplicemente uno stimolo alla domanda, come troppi keynesiani all’amatriciana di casa nostra lo intendono. Sono soldi da impegnare in investimenti produttivi che non potremo concretizzare né con la burocrazia che ci ritroviamo né con l’incertezza delle attuali norme. Animo quindi: muovetevi a sporcarvi le mani. E fatelo come solo un Governo d’emergenza può fare: senza andare troppo per il sottile. Senza guardare in faccia a lobby e consorterie di potere che bloccano la Nazione, inchiodandoci tutti al destino di bassa crescita che conosciamo.

Significa, ad esempio, che gli impegni per il Sud non dovranno essere guidati da una retorica risarcitoria-contabile; si dovranno pretendere, invece, gli investimenti pubblici produttivi e ad alta intensità occupazionale fino ad oggi negati, per mobilitarne altrettanti di privati, nazionali e internazionali. Insomma, chi crede che i problemi del Sud, e quindi dell’Italia tutta, si risolvano semplicemente rendendo più fitta e intensa la pioggia di denari pubblici non ha capito nulla. Per questo bene hanno fatto i tanti sindaci di città meridionali che hanno scritto al premier per chiedergli di dare seguito a quanto da lui stesso promesso: inviare funzionari preparati, in grado di affiancare le amministrazioni locali nel dare corso ai progetti per evitare di sprecare le risorse che arriveranno. Servono competenze non solo giuridiche, ma tecniche e gestionali. Un problema che va risolto oggi, assieme a quello delle lungaggini della giustizia civile e dell’incertezza del diritto, che rappresentano l’altro potente freno alle opere pubbliche e alla produzione di ricchezza.

In questo senso il dibattito che si è finalmente riaperto per riformare l’abuso d’ufficio è importantissimo e non va archiviato. Anzi. La ricerca dell’equilibrio tra il sacrosanto principio di legalità e l’ineludibile semplificazione normativa non può avere come risultato la paralisi. Al posto del decreto semplificazioni del governo Conte che non ha semplificato nulla, approviamone uno di pochi articoli: limitare l’abuso d’ufficio, svincolare l’inizio delle opere dall’esito dei ricorsi, estendere il più possibile la corsia veloce usata per la ricostruzione del ponte di Genova, tagliare le stazioni appaltanti e velocizzare le valutazioni d’impatto ambientale. Facile? No. Vanno abbattuti i muri degli interessi di chi vuole che tutto resti com’è perché su lungaggini e burocrazia ci campa. Ma mentre loro campano l’Italia muore. Questo è un Governo d’emergenza: attivi procedure d’emergenza. Il Draghi’s moment è un’occasione che non va sprecata: se non ora quando?

DALLA REDAZIONE