Nato un mese fa nel Bolognese per sconfiggere la noia e l'apatia dell'isolamento causato dal virus nei ragazzi, il calcio anti-covid senza contatto ora è pronto per essere esportato. L'idea è del centro salesiano Cnos di Castel de Britti, a San Lazzaro di Savena nel Bolognese, e prevede che il campo sia suddiviso in diverse aree evitando così i vietatissimi contatti: obbligando a passare la palla al compagno, tra l'altro, si rafforza il gioco di squadra. L'idea ha avuto un grande successo nazionale e punta a sfondare anche a livello europeo. Il marchio - Distance Football, dedicato a Don Bosco - è stato infatti già registrato nel deposito del marchio comunitario ed è quindi valido in tutti i 27 paesi dell'Unione Europea. La rete salesiana - scuole , parrocchie, oratori, a partire dall'Andalusia - ha già dimostrato interessamento mentre il centro bolognese, rimbalzato con forza su giornali, tv e social, ha anche chiesto il patrocinio del Bologna calcio - e 7 maglie rossoblù - per organizzare un primo torneo tra le scuole. Il calcio anti-covid, ideato dal direttore del centro Carlo Caleffi, vede come modello vincente, e non solo dal punto di vista del Covid, una scuola piccola, nel verde, fuori città, che diventa essa stessa una piccola comunità, con tanto spazio intorno dove giocare anche a calcio, seppur distanziato in tempi di pandemia: dal punto di vista dei contagi qui - dove studiano una settantina di studenti dai 15 ai 18 anni divisi in 4 classi, un biennio per operatore del legno, un biennio per operatore termoidraulico - i focolai di covid non si sono visti così come i contagi a scuola, solo qualche caso isolato. Una scuola pensata, anche nell'emergenza covid, con lezioni il più possibile all'aperto e finestre aperte anche in inverno, spazi enormi, orari cambiati tenendo conto del fatto che gli autobus fossero più o meno pieni, tenuti fuori dal traffico dei pendolari. "Siamo convinti che questo sia un gioco giocabile anche dopo il covid", spiega Caleffi, "perché si può giocare maschi contro femmine, giovani contro vecchi, ragazzini contro adulti, perché è un gioco dove si corre molto e ci si muove molto ma senza contatto fisico: quindi non c'è il problema dell'età o del sesso diverso, si può davvero giocare tutti. E a livello educativo, funziona davvero tanto.Nato un mese fa nel Bolognese per sconfiggere la noia e l'apatia dell'isolamento causato dal virus nei ragazzi, il calcio anti-covid senza contatto ora è pronto per essere esportato. L'idea è del centro salesiano Cnos di Castel de Britti, a San Lazzaro di Savena nel Bolognese, e prevede che il campo sia suddiviso in diverse aree evitando così i vietatissimi contatti: obbligando a passare la palla al compagno, tra l'altro, si rafforza il gioco di squadra. L'idea ha avuto un grande successo nazionale e punta a sfondare anche a livello europeo. Il marchio - Distance Football, dedicato a Don Bosco - è stato infatti già registrato nel deposito del marchio comunitario ed è quindi valido in tutti i 27 paesi dell'Unione Europea. La rete salesiana - scuole , parrocchie, oratori, a partire dall'Andalusia - ha già dimostrato interessamento mentre il centro bolognese, rimbalzato con forza su giornali, tv e social, ha anche chiesto il patrocinio del Bologna calcio - e 7 maglie rossoblù - per organizzare un primo torneo tra le scuole. Il calcio anti-covid, ideato dal direttore del centro Carlo Caleffi, vede come modello vincente, e non solo dal punto di vista del Covid, una scuola piccola, nel verde, fuori città, che diventa essa stessa una piccola comunità, con tanto spazio intorno dove giocare anche a calcio, seppur distanziato in tempi di pandemia: dal punto di vista dei contagi qui - dove studiano una settantina di studenti dai 15 ai 18 anni (la fascia attualmente più colpita dalla pandemia nel Bolognese) divisi in 4 classi, un biennio per operatore del legno, un biennio per operatore termoidraulico - i focolai di covid non si sono visti così come i contagi a scuola, solo qualche caso isolato. Una scuola pensata, anche nell'emergenza covid, con lezioni il più possibile all'aperto e finestre aperte anche in inverno, spazi enormi, orari cambiati tenendo conto del fatto che gli autobus fossero più o meno pieni, tenuti fuori dal traffico dei pendolari. "Siamo convinti che questo sia un gioco giocabile anche dopo il covid", spiega Caleffi, "perché si può giocare maschi contro femmine, giovani contro vecchi, ragazzini contro adulti, perché è un gioco dove si corre molto e ci si muove molto ma senza contatto fisico: quindi non c'è il problema dell'età o del sesso diverso, si può davvero giocare tutti. E a livello educativo, funziona davvero tanto. Nato un mese nel Bolognese fa per sconfiggere la noia e l'apatia dell'isolamento causato dal virus nei ragazzi, il calcio anti-covid senza contatto ora è pronto per essere esportato. L'idea è del centro salesiano Cnos di Castel de Britti, a San Lazzaro di Savena nel Bolognese, e prevede che il campo sia suddiviso in diverse aree evitando così i vietatissimi contatti: obbligando a passare la palla al compagno, tra l'altro, si rafforza il gioco di squadra. L'idea ha avuto un grande successo nazionale e punta a sfondare anche a livello europeo. Il marchio - Distance Football, dedicato a Don Bosco - è stato infatti già registrato nel deposito del marchio comunitario ed è quindi valido in tutti i 27 paesi dell'Unione Europea. La rete salesiana - scuole , parrocchie, oratori, a partire dall'Andalusia - ha già dimostrato interessamento mentre il centro bolognese, rimbalzato con forza su giornali, tv e social, ha anche chiesto il patrocinio del Bologna calcio - e 7 maglie rossoblù - per organizzare un primo torneo tra le scuole. Il calcio anti-covid, ideato dal direttore del centro Carlo Caleffi, vede come modello vincente, e non solo dal punto di vista del Covid, una scuola piccola, nel verde, fuori città, che diventa essa stessa una piccola comunità, con tanto spazio intorno dove giocare anche a calcio, seppur distanziato in tempi di pandemia: dal punto di vista dei contagi qui - dove studiano una settantina di studenti dai 15 ai 18 anni (la fascia attualmente più colpita dalla pandemia nel Bolognese) divisi in 4 classi, un biennio per operatore del legno, un biennio per operatore termoidraulico - i focolai di covid non si sono visti così come i contagi a scuola, solo qualche caso isolato. Una scuola pensata, anche nell'emergenza covid, con lezioni il più possibile all'aperto e finestre aperte anche in inverno, spazi enormi, orari cambiati tenendo conto del fatto che gli autobus fossero più o meno pieni, tenuti fuori dal traffico dei pendolari. "Siamo convinti che questo sia un gioco giocabile anche dopo il covid", spiega Caleffi, "perché si può giocare maschi contro femmine, giovani contro vecchi, ragazzini contro adulti, perché è un gioco dove si corre molto e ci si muove molto ma senza contatto fisico: quindi non c'è il problema dell'età o del sesso diverso, si può davvero giocare tutti. E a livello educativo, funziona davvero tanto