“Anche se noi umani riuscissimo con azioni virtuose a ridurre sensibilmente i gas serra nell’atmosfera, non risolveremmo la crisi climatica se non avremo portato avanti in parallelo l’impegno per fermare la distruzione della natura”. Può suonare come una minaccia, ma il nuovo report del WWF Italia “Nature 4 Climate” mostra le enormi prospettive di “collaborazione” che esistono tra uomo e natura, nel contrasto al cambiamento climatico. Abbiamo visto quanto la crisi climatica possa impattare sugli equilibri del Pianeta mettendo a rischio le specie e gli ecosistemi naturali da cui dipendono la nostra salute e il nostro futuro. Ma insieme agli ecosistemi, anche le specie animali contribuiscono in maniera incredibile all’assorbimento della CO2 e sono grandi alleati dell’uomo per salvare il suo futuro e quello del Pianeta.
Il nuovo report WWF viene lanciato oggi in vista del 27 marzo, giornata di Earth Hour, l’evento globale del WWF che invita tutti i cittadini del mondo a spegnere le luci per un’ora (dalle 20,30 locali) come gesto simbolico di attenzione per il Pianeta e propone le Nature based solutions come risposta vincente alla convivenza tra uomo e natura.
La comunità scientifica internazionale ci dice da anni che dobbiamo fare di tutto per contenere l’aumento medio della temperatura globale entro +1,5°C, se vogliamo scongiurare conseguenze drammatiche e imprevedibili. Questo significa che ci restano meno di una decina di anni per ridurre le emissioni globali nette di carbonio della metà. Ma anche se questo obiettivo, come tutti ci auguriamo, venisse raggiunto, non potremo risolvere la crisi climatica senza proteggere e, dove necessario, ripristinare gli ecosistemi naturali.
Gli oceani, le foreste, la rete di acque dolci e salmastre che avvolge il Pianeta, le praterie marine e le savane, svolgono un ruolo cruciale nel determinare la composizione dell’atmosfera, regolare la temperatura della Terra, determinare il ciclo delle piogge, la concentrazione dell’umidità, l'intensità dei venti e tanto altro ancora. Oltre a tutto questo gli ecosistemi svolgono un ruolo cruciale nell’immagazzinare carbonio e sottrarre quindi CO2 all’atmosfera: le torbiere, ad esempio, sono il più cospicuo deposito naturale di carbonio contenendo più di 550 giga tonnellate di carbonio, pari al 42% di tutto il carbonio contenuto nel suolo; le foreste mantengono immagazzinate 289 miliardi di tonnellate di carbonio nella biomassa viva, nel legno morto, nella lettiera e nel suolo; le praterie di posidonia stoccano una quantità di CO2 equivalente ad un intervallo tra l’11 e il 42% di quella prodotta dai Paesi del Mediterraneo a partire dalla rivoluzione industriale; lo stesso permafrost trattiene carbonio sotto forma di anidride carbonica e soprattutto metano.
A questi dati si aggiunge un affascinante approfondimento: anche gli animali sono coinvolti nella regolazione del clima, contribuendo essi stessi a ridurre la quantità di CO2 in atmosfera o facilitando la rigenerazione di foreste e altri organismi in grado di fissare la CO2. In questa prospettiva il contributo di alcune specie va ben al di là delle nostre aspettative e la loro riduzione o scomparsa potrebbe peggiorare ulteriormente la crisi climatica. Un esempio sono gli orsi e le martore (giapponesi) che nella stagione primaverile-estiva disperdono i semi lungo un gradiente altitudinale di diverse centinaia di metri. Quest’attività risulta essere particolarmente favorevole alle piante: il servizio offerto dagli animali permette loro infatti di colonizzare più velocemente quote più elevate, andando a bilanciare così la progressiva scomparsa dell’habitat alle quote inferiori, dovuta all’innalzamento delle temperature. In maniera più diretta invece operano le balene che in vita accumulano nei loro tessuti una quantità enorme di carbonio che, una volta morte, va a stoccarsi sul fondo degli oceani. Si calcola che ogni grande balena sequestri in media 33 tonnellate di CO2. Purtroppo oggi negli oceani rimane solo un quarto delle balene una volta presenti sul Pianeta. Le balene fertilizzano anche gli oceani, aumentando la produzione di fitoplancton, che non solo contribuisce a fornire almeno il 50% di tutto l’ossigeno dell’atmosfera, ma anche a sequestrare circa 37 miliardi di metri cubi di CO2, circa la quantità di CO2 catturata da 1,7 trilioni di alberi: più o meno l’equivalente di 4 foreste amazzoniche.
I ricercatori hanno inoltre valutato che gli animali, influendo in maniera diretta o indiretta sui loro habitat, possono aumentare o diminuire i tassi dei processi biogeochimici (come ad esempio l’assorbimento di CO2) dal 15% al 250% . Ne sono un esempio straordinario le formiche, la cui presenza accelererebbe l’assorbimento naturale della CO2 nei suoli, di ben 335 volte rispetto ad ambienti in cui questi insetti sono assenti.
Nel Serengeti, ad esempio, la decimazione degli gnu avvenuta nella metà del secolo scorso portò ad un significativo aumento della vegetazione, e conseguentemente degli incendi che ogni anno consumavano l'80% dell'ecosistema. Questo determinava un significativo rilascio netto di CO2 nell'atmosfera; quando la gestione delle malattie degli gnu e gli sforzi anti-bracconaggio, insieme ad alcuni interventi di reintroduzione locali, hanno aiutato le popolazioni animali a recuperare, sono diminuiti gli incendi e una quota maggiore del carbonio immagazzinato nella vegetazione è stato consumato dagli gnu e rilasciato come letame (anziché come CO2 durante gli incendi), mantenendo il carbonio nel sistema e ripristinando l’ecosistema del Serengeti come un importante serbatoio di CO2.
Fra gli eroi sconosciuti del clima terrestre ci sono anche i copepodi (minuscoli crostacei acquatici simili a gamberetti), che rimuovono grandi quantità di carbonio dai corpi d’acqua; gli elefanti, veri e propri “giardinieri” giganti, che non solo disperdono e aiutano la germinazione di molti semi, ma aiutano anche la rigenerazione degli alberi a maggiore capacità di accumulo di carbonio.
Chissà quante altre relazioni cruciali esistono tra gli animali e il loro ambiente che ancora non conosciamo. Quello che però sappiamo è che il cambiamento climatico sta indebolendo la capacità dell’ambiente di mitigare ulteriori effetti del cambiamento climatico su vaste aree del Pianeta e anche la scomparsa di animali selvatici sembrerebbe di fatto rafforzare la crisi climatica, riducendo la capacità degli ecosistemi di adattarsi ai rapidissimi cambiamenti in corso.
“È necessario adottare subito soluzioni di collaborazione uomo-natura”, afferma Alessandra Prampolini Direttore Generale di WWF Italia. “In questo ambito le Nature-based solutions, soluzioni basate sulla natura, mirano a proteggere, gestire in modo sostenibile e ripristinare gli ecosistemi naturali per produrre benessere per il Pianeta e le persone e sono la soluzione alla lotta alla crisi climatica. Ognuno di noi è chiamato a dare il suo contributo per invertire il trend di perdita di biodiversità in cui siamo entrati da decenni. Earth Hour è l’occasione giusta per dimostrare con un gesto semplice il nostro impegno per il Pianeta e per le generazioni future”.