Di Franco Esposito
Ristoratore veronese vittima di un incredibile caso di omonimia. Titolare di un ristorante-pizzeria alla periferia di Verona, si ritrova nella black list degli Stati Uniti. L’ultimo regalo, a ben vedere della sconcertante amministrazione di Donald Trump. Un incubo durato due mesi per l’imprenditore veronese, col contato corrente bancario bloccato dalla filiale dell’istituto di credito di cui è correntista corretto, puntuale, affidabile. Alessandro Bazzoni, quarantacinque anni, la vittima dell’incredibile pasticciaccio: scambiato con un omonimo trafficante di greggio venezuelano. E inserito per errore dall’amministrazione degli Stati Uniti nella lista nera. Un equivoco durato appunto due mesi.
L’omonimo del ristoratore veronese è un milanese residente a Lugano. Doveva essere lui il vero bersaglio degli States per, “traffico parallelo di petrolio venezuelano, a dispetto delle sanzioni imposte dagli States a regime di Carlos Maduro”. L’Alessandro Bazzoni ristoratore è riuscito altrettanto casualmente a scoprire il pazzesco lapsus statunitense. Quando il figlio smanettando su internet ha notato che si trattava di un grosso giro d’affari da trentadue milioni di dollari. “Mi ha detto, ma davvero papà siamo così ricchi? Noi ricchi un corno. Sai benissimo, mio caro figlio, che l’unico olio che tratta è quello mettiamo sulle pizze”
Un singolare caso di omonimia scatenato dalla superficialità degli operatori del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. Nella black list del governo Trump doveva esserci l’Alessandro Bazzoni residente a Lugano. La lista nera riporta infatti i sanzionati dell’amministrazione Usa per i commerci paralleli del petrolio venezuelano. La trama nera consentiva a una rete di società strumentali di esportare milioni di barili di greggio prodotto da Petroleos de Venezuela SA, in barba elle sanzione imposte dagli States all’acrobatico precario regime di Maduro. Il petrolio era destinato ai Paesi dell’Asia e del Medio Oriente.
L’ampio raggiro scoperto proprio l’ultimo giorno d’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Il diciannove gennaio.
Ed è così che Alessandro Bazzoni il ristoratore si è ritrovato nella black list dell’Office of Foreign Assets Control del Dipartimento del Tesoro Americano. La Specially Designated National and Bloked Persons list, siglata come SDN List. I burocrati di Washington, distratti e superficiali, traditi dall’omonimia. Hanno inserito il Bazzoni ristoratore veronese invece del Bazzoni milanese residente a Lugano. Un inspiegabile pasticciaccio. Una enorme leggerezza.
Quando il Bazzoni ristoratore si è recato in banca, il direttore di filiale gli ha comunicato che era finito nella lista nera del governo americano.
Alessandro Bazzoni ha pensato subito a uno scherzo. “Guardo, oggi è il primo febbraio, mica il primo aprile”. Altro che scherzo, era tutto maledettamente vero. Verissimo. Gli è stato bloccato il conto corrente bancario in entrata. Un guaio grosso, ma la procedura è quella. Ma ancora non è tutto, c’è dell’altro e di parimenti sconcertante in questa vicenda di folle omonimia.
Sulla lista dei sanzionati è finito anche un terzo Alessandro Bazzoni. Sardo di Porto Torres, stampatore di magliette: bloccato anche il suo conto corrente. A quel punto, i due Bazzoni si sono messi insieme, accumulati dal destino avverso. Hanno unito le forze e sono andati all’attacco. Il Tesoro Usa tempestato di mail. “Abbiamo evidenziato la nostra totale estraneità alla vicenda. Abbiamo fornito codice fiscale, passaporto, carta d’identità, visura camerale dell’attività”.
Il veronese Alessandro Bastoni si è lasciato scappare, di proposito, anche qualche battuta. “Al Tesoro americano ho anche scritto che io servo pizza e birra, mica petrolio”. Un intrigo che è sembrato a lungo inestricabile. Un problema che ha presentato, per due mesi, le caratteristiche della non risolvibilità. Poi, la soluzione. Quando il Dipartimento del Tesoro Usa ha comunicato sul proprio sito internet “di aver cancellato dalla lista nera le società di due Bastoni sbagliate”.
La comunicazione di libertà accompagnata anche dalle scuse per il maldestro comportamento? Nulla di tutto ciò. Solo la mail che certifica come le società non facciano più parte della black list. “L’incubo è durato due mesi. Ma potevano essere di più, anche sette o otto”. Una prospettiva pessima che avrebbe mandato a ramengo l’attività delle due società. “Ringrazio il governo americano per aver risolto questa folle faccenda”, sospira e ora respira Alessandro Bazzoni ristoratore a Verona.
I due, il veronese, e lo stampatore sardo suo omonimo, intanto sono diventati amici. Un’amicizia che nasce dal burrascoso recente passato comune vissuto, cementata dalla sofferta soluzione. Hanno promesso di conoscersi di persona, a Verona e a Porto Torres. E va bene così, con tanti saluti e qualche pernacchia all’ultimo atto sbagliato dell’amministrazione retta da Donald Trump in maniera decisamente discutibile.