Coronavirus: la variante brasiliana fa paura. E in Sud America l'ondata dei contagi non accenna a calare. Anzi: aumenta a dismisura, fino a rischiare di sfociare in una vera e propria catastrofe sanitaria. Per capirci: Uruguay e Paraguay hanno registrato, ieri, un numero record di decessi giornalieri, mentre in Brasile, uno dei paesi più martoriati in assoluto al mondo dal Covid-19, le persone infette hanno superato quota 13 milioni dall'inizio dell'epidemia.
L’inesorabile ascesa dei casi nel continente latino-americano è stata attribuita proprio alla diffusione della cosiddetta “variante brasiliana”, che si ritiene sia molto più contagiosa (fino a più di due volte) rispetto a quella del virus “originale”. Secondo gli scienziati che l'hanno sequenziata, tale variante pare sia emersa, per la prima volta, nello Stato di Amazonas lo scorso mese di novembre e da lì si sarebbe, via via, diffusa prima a Manaus, capitale dello Stato, per poi valicare i confini stessi del Brasile (tracce della variante cosiddetta “P.1” sono state trovate anche in Giappone).
Ovviamente a pagare maggiormente dazio sono i Paesi che confinano con lo stato carioca. Per capirci, lunedì scorso, il Perù ha annunciato che la maggior parte dei nuovi casi riscontrati dalle autorità sanitarie, sarebbero stati provocati proprio dalla diffusione di quella variante. E casi analoghi sono stati confermati anche in Uruguay, dove, dopo un anno di gestione poco improntata alle restrizioni, l'improvviso allarme ha spinto il governo di Montevideo ad una stretta sulle attività fino alla metà di aprile. Anche in Paraguay la situazione rischia di precipitare da un momento all’altro.
Dopo aver contenuto in modo efficace la pandemia nei primi mesi, il Paese sta infatti attraversando, in queste settimane, la sua fase più critica con le strutture ospedaliere finite sotto pressione. Da qui, come in Uruguay, l'adozione di nuove e più severe misure restrittive che prevedono, tra le altre cose, il coprifuoco notturno, lo stop alle lezioni in presenza (in scuole e università) e il “semaforo rosso” imposto alle riunioni ed alle attività sportive.
Anche la Bolivia è messa male: La Paz ha addirittura ordinato la chiusura dei confini con il Brasile per almeno una settimana, adottando il “lockdown” nelle regioni di confine in cui maggiormente si sono verificati i casi collegati alla diffusione della variante. Non va meglio in Venezuela ed Argentina dove le autorità sanitarie hanno confermato la presenza della P.1. Di fronte al pericolo, i Paesi provano a correre ai ripari come meglio possono, cercando di accelerare con la campagna di vaccinazione, ma mentre l’inoculazione del siero procede rapidamente in realtà come Cile ed Uruguay, appare piuttosto lenta negli altri Paesi del Continente Sud Americano. Da qui il monito pronunciato dalla direttrice dell'Organizzazione panamericana della sanità, Carissa Etienne, la quale ha avvertito che il Sud America si trova sull'orlo di quella che ormai viene definita senza troppi giri di parole come una vera e propria “emergenza sanitaria pubblica attiva".