Erdogan a Draghi, “Maleducato, io eletto dal popolo tu da chi?”. “La dichiarazione del presidente del Consiglio italiano è stata una totale maleducazione, una totale maleducazione”. Le parole di Mario Draghi devono aver colpito nel segno. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha replicato duramente, Draghi una settimana fa lo aveva definito “dittatore“, senza mezzi termini o cautele diplomatiche.. “Prima di dire una cosa del genere a Tayyip Erdogan devi conoscere la tua storia, ma abbiamo visto che non la conosci. Sei una persona che è stata nominata, non eletta”.

Erdogan stava parlando durante un discorso a un gruppo di giovani nella biblioteca del suo palazzo presidenziale di Ankara. Alla “maleducazione” ha fatto seguire l’accusa di “impertinenza”, e la minaccia velata quando dice che l’italiano “ha danneggiato le relazioni fra i due Paesi”. Ma è sulla sua visione diversamente democratica dello Stato e il suo controverso modo di incarnarla che, perlomeno in Italia, si discuterà. Perché non dovrebbe sfuggire che in Turchia le carceri traboccano di persone che si ostinano a criticare il governo, dissidenti giornalisti avvocati oppositori politici, l’elenco è lungo e ogni giorno aggiornato con scrupolo.

Però, sembra di capire, siccome il popolo turco lo ha eletto, il suo governo in nome della maggioranza fa quello che vuole. In Italia, invece, assistiamo alla nomina di un primo ministro che non passa da un bagno elettorale. Dimentica, Erdogan, che lo ha nominato un Parlamento libero, votato durante libere elezioni cui potevano candidarsi tutti. Un Parlamento che non risponde a nessuno, nemmeno al primo ministro.

Che poi, a proposito di maleducazione, bisognerebbe ricordare che la contumelia al massimo livello non si è consumata per chi sa quali ragioni di stato o geopolitica. Si trattava di stabilire se una donna poteva accomodarsi tra le autorità nell’invito organizzato dagli uffici di Erdogan: ebbene no, Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione Europea, non poteva, che si sistemasse nel primo sofà che avesse trovato. Se il bue chiama cornuto l’asino, insomma.

DALLA REDAZIONE