Il decreto ha “decretato”. La Direzione generale per gli italiani all’estero, obtorto collo, ha obbedito. Sono stati informati gli organi di stampa e le istituzioni. Le elezioni per il “rinnovo” dei Comites si terranno il 3 dicembre 2021. Alla faccia della pandemia dilagante, della necessità di vaccinazione in parecchi Paesi dell’America Latina e dell’Africa, nei quali le nostre comunità sono molto importanti e molto attive. Alla faccia della stupida imposizione, sollecitata da un diplomatico onnisciente, dell’inversione dell’opzione di voto, anticostituzionale ai sensi dell’Art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione … di condizioni personali e sociali”, le quali ultime includono, a onor di logica, la residenza in un Paese diverso dall’Italia.
Alla faccia del fatto che gli addetti della maggior parte dei Consolati non soltanto sono molto al di sotto del numero fissato dal DPR che regola la messa a regime delle sedi, ma lavorano in turnazione di presenza e da remoto chissà per quanto tempo ancora. Alla faccia della possibile scelta degli aventi diritto di non recarsi presso sedi diplomatico-consolari che distano svariate ore di volo per consegnare i documenti che comprovano la cittadinanza italiana e il diritto al voto per la propria rappresentanza, ma non vogliono nemmeno inviarli per via elettronica, per evitare furti di identità, sempre più frequenti in questo periodo in cui internet ha sostituito le normali attività della vita. Alla faccia dei miserabili 9 milioni di Euro concessi per far votare più o meno 5 milioni di persone (escludendo i minorenni dal totale di 6.300.000 iscritti all’AIRE), considerando che in quel fagottino di Euro sono compresi i costi dell’informazione e pretendendo che con quella manciata di piccioli si faccia anche la sperimentazione del voto elettronico.
Voto elettronico da preparare quando? E come? E dove? E in che modo nei Paesi in cui internet funziona a singhiozzo o non è fruibile dappertutto? Tutto ciò detto, il problema più grave sta nel fatto che – se non interviene un miracolo legislativo – il 3 dicembre si andrà alle elezioni dei Comites con una legge datata 2003, peggiorativa rispetto a quella iniziale emanata nel 1985, che dava più concreti e reali poteri agli allora Co.Em.It. – Comitati dell’Emigrazione Italiana. E qui il paradosso della data delle consultazioni si aggrava: il CGIE ha lavorato un anno e mezzo per elaborare una proposta di legge di riforma dei Comites raccogliendo suggerimenti dai Comitati e dalle associazioni di mezzo mondo. Ha prodotto un articolato di legge, approvato nel corso di una lunga giornata di dibattito in Assemblea plenaria, durante la quale ha esaminato il testo articolo per articolo, virgola per virgola, lo ha perfezionato e lo ha votato all’unanimità con un solo astenuto. Questo avveniva nel novembre 2017. Il CGIE ha mandato il testo a tutto il Parlamento, più volte, accompagnandolo con un documento di introduzione esplicativa e ha chiarito alcune sfumature di linguaggio che potevano generare interpretazioni errate.
Per oltre 3 anni, c’è stato il silenzio, Poi, improvvisamente, nelle ultime settimane, alcuni baldi eletti all’estero, hanno presentato il testo del CGIE. Fra loro spicca l’ex Sottosegretario agli esteri con delega per gli italiani all’estero. Dov’erano tutti costoro quando c’era il tempo di varare una nuova legge che i Comites di parecchi Paesi hanno già applicato di fatto – come ricorda il CGIE – da quando è scoppiata la pandemia? Ora non si può che sperare che intervenga il Governo, accelerando i tempi, in sintonia con i Presidenti di Camera e Senato, per renderne possibile l’approvazione da parte di una o più Commissioni riunite in sede legislativa o deliberante che dir si voglia. Si tratta, infatti, di una questione squisitamente politica. “Politica” è un sostantivo femminile derivato dal greco polis/città, da cui polites/cittadino, politiké/arte politica. Nel 1294 Brunetto Latini definiva la politica “scienza e arte di governare lo stato”, ma già nel 1618 M. Buonarroti il Giovane (pronipote dell’eccelso artista) ne identificava la natura deteriore di “atteggiamento mantenuto in vista del raggiungimento di determinati fini”, sempre più personali, interessati soltanto al potere, al denaro, all’innalzamento di familiari e clientele, con qualsiasi mezzo.
Nell’attuale mondo della comunicazione mordi e fuggi, quindi, basta l’annuncio di aver presentato, con oltre 3 anni di ritardo, un progetto di legge, per intestarsene la paternità, nell’improbabile caso di una sua approvazione, e, in caso contrario, per poter dire ai fini elettorali della prosecuzione nel godimento di scranno e prebende: “Io la proposta l’ho presentata!” Il merito va tutto al coraggioso intestatario del testo N. xxx presentato in data xxxx, che non avrà mai goduto del riconoscimento di un dibattito, ovviamente per colpa degli altri. E i 9 insufficienti milioni di Euro otterranno il risultato, forse augurato da molte parti, che la partecipazione più o meno del 2-3% – avete letto bene: il due o il tre per cento degli aventi diritto – darà agio a chi non sopporta i poteri e l’esistenza stessa dei Comites di mettere in movimento la macchina che cancellerà le rappresentanze democratiche di base del mondo degli italiani all’estero, per rimpiazzarli con vecchi strumenti associativi, in gran parte addomesticabili con piccole elargizioni. A salvare i Comites come organismo elettivo non basterà nemmeno il sogno irrealizzabile di consegnarli esclusivamente ai giovani esponenti della “mobilità” che, per definizione, non sono radicati per sempre nel luogo in cui si trovano al momento di entrare in lista.
CARLO CATTANEO (1801-1869)