di JUAN RASO
Il 31 maggio 2011, proprio 10 anni fa, chiusero gli uffici della RAI. Io ne ero stato amministratore prima e poi Direttore, una personale storia di vita che duró vent'anni. La chiusura fu un momento molto doloroso sia per la perdita di presenza dell'ente radiotelevisivo nel continente latinoamericano, sia per tutte quelle persone licenziate su due piedi senza una spiegazione, ne - molto meno - una giustificazione.
Una fuga misteriosa - Il 1° giugno del 2011 gli uffici di 18 de Julio 1044, angolo calle Rio Negro di Montevideo divennero "tabula rasa", como se fosse stato attaccati da uno scosciuto e misterioso virus, che li aveva svuotato di presenza umana e li abbandonava a se stessi. Dieci anni dopo continuano abbandonati - nel punto piú centrale di Montevideo - come immagine di una istituzione italiana "scappata" via.
Nel 2011 decisi chiudere il capitolo della mia vita della RAI, che certo molte soddisfazioni mi aveva dato, e riaprí un precedente capítulo lasciato in sospeso - quello della mia vita universitaria - che per fortuna mi avrebbe restituito altre gioie ed altri obiettivi, facendomi dimenticare quei giorni dolorosi.
Non ho piú parlato della RAI, ma oggi - 10 anni dopo - le denuncie che leggo su Gente d'Italia mi spingono a raccontare brevemente la storia di quello che fu per piú di 50 anni il simbolo di una grande presenza italiana in questa cittá e che oggi con i suoi sporchi cartelloni pendenti sull'incrocio di 18 de Julio e Rio Negro ricorda la precipitosa partenza da Montevideo. Da quel momento fino ad oggi, nessuno ha posto piú piede nell'immobile, fatto straordinario se si pensa che lo stesso é sito in un edificio prestigioso nel centro della cittá.
La nascita degli Uffici - La RAI, Radiotelevisione Italiana, d'accordo con il Ministero degli Affari Esteri, decise nel 1965 – con il via del Presidente Giuseppe Saragat, appena tornato dall'Uruguay– di aprire a Montevideo una rappresentanza in grado di preparare e tramandare un palinsesto di carattere culturale a tutta l'America Latina. Vi era una forte concorrenza tra San Paolo e Buenos Aires per ospitare la prestigiosa sede del nostro ente radiotelevisivo, ma la posizione geografica dell'Uruguay, la sua stabilitá politica ed economica e i tradizionali rapporti di amicizia con l'Italia, determinarono l'elezione geografica dell'ufficio sudamericano, che fu inaugurato ufficialmente 16 giugno 1966, dal Presidente della RAI, Dott. Gianni Granzotto.
La sede uruguaiana estese rapidamente la sua attività in tutto il Sudamerica e tramite un efficace sistema di distribuzione – le trasmissioni via satellite costituivano in quell'epoca un fatto pressoché eccezionale – il palinsesto della RAI s'impose nel gusto del pubblico non solo italiano, ma anche locale.
Gli anni piú gloriosi della RAI in America Latina - Il periodo di grande splendore della RAI fu merito del primo direttore, il mitico Luigi Casini, che all'instituzione non solo diede il meglio della sua professionalitá, ma anche la vita, morendo infatti a Montevideo nel 1972.
Il periodo dal 1965 al 1972 significó per gli Uffici di Montevideo un momento di gloria in rapporto fondamentalmente alle televisioni pubbliche e private del continente. Fu proprio per l'azione della RAI che diverse espressioni della cultura, la musica e la canzone italiana erano presenti nelle cittá latinoamericane alla pari che i successi locali: furono gli anni di "Studio Uno", il Festival di Sanremo, di Mina e le gemelle Kessler. Lo sviluppo del marchio RAI, tramite una programmazione di eccellenza, permise che la sigla fosse in tutti i paesi latinoamericani espressione di qualità televisiva. I grandi cantanti da Gianni Morandi a Ornella Vanoni, da Jimmy Fontana a Milva - noti precisamente per la programmazione RAI - si presentavano di persona negli studi delle grandi emittenti di Buenos Aires, Caracas, San Paolo e naturalmente Montevideo.
Gli anni del servizio pubblico nel continente - A partir dagli anni '90, la RAI scelse dirigere la sua azione in America Latina agli aspetti piú culturali e di servizio pubblico, privilegiandoli sulla spettacolaritá di altri suoi prodotti.
A partire dal 2000 si intensificó la sua attivitá di collaborazione con le emittenti di Stato dei diversi paesi latinoamericani, con le quali sviluppó una forte collaborazione per la diffusione della cultura e la lingua italiana. Da Montevideo, ogni settimana partivano per tutti i paesi del continente i programmi radiofonici e televisivi - prima in sopporto materiale, poi con lo sviluppo delle tecnologie in via digitale - tra i quali si privilegiava l'informazione nazionale e la cultura, presentata nelle lingue italiana, spagnola e brasiliana. In tan senso a Montevideo - proprio negli uffici di 18 de Julio - si era sviluppato un centro di doppiaggio di primissimo livello, che sarebbe stato spazzato nel maggio del 2011.
La struttura tecnica di quel periodo si aggiornava in continuazione e permetteva raggiungere oltre ottanta stazioni di televisione e 280 di radio con programmi radiofonici e televisivi. Questa programmazione si occupava prevalentemente di cultura, moda, turismo, attualità e musica. Dal lunedì al venerdì andava in onda un notiziario radiofonico in italiano, spagnolo e portoghese, via telefonica alle radio dell'America Latina e via onda corta a tutto il mondo.
Negli ultimi anni si sviluppó anche un'attenzione speciale sulle realtá italiane in America Latina e da Montevideo si organizzavano interviste settimanali ai principali esponenti delle comunitá italiane dei diversi paesi, nel contesto di un progetto che voleva sviluppare l'"informazione di ritorno" e cioé far conoscere in Italia le attivitá svolte dalla operosa collettività italiana.
Due grandi direttori di RAI International - Furono pure gli anni di RAI International (trasformata poi in RAI Italia) che sviluppo la diffusione della programmazione RAI e pose speciale attenzione agli aspetti culturali e la diffusione linguistica del nostro paese. Dei diversi direttori, ricordo specialmente due: Roberto Morrione e Massimo Magliaro. Avevamo caratteri differenti, impostazioni e idee personali, erano di opposta ideologia politica, ma condividevano una capacitá di lavoro straordinaria ed una sensibilitá acuta verso i problemi delle comunitá italiane all'estero. Mi piace anche ricordarli proprio per la loro differente - e contrapposta - opinione politica, perché sono convinto che l'intelligenza delle persone conta piú che le loro ideologie. Nessuno di entrambi mi chiese mai che pensassi, ne cosa votassi, ma si - ricordo - mi fecero lavorare sodo, perché erano molto esigenti con sé stessi ed esigevano lo stesso impegno agli altri.
Non furono gli anni della RAI ricordata per il Festival di San Remo, ma furono gli anni delle presenza continua di telecamere RAI negli eventi delle nostro comunitá, che in qualche modo la sede di Montevideo con la sua attivitá e RAI International, riuscirono ad unire, a conoscere e farsi conoscere in un continuo interscambio di idee ed attivitá.
Una precisazione: una RAI per chi puó pagarla - Molte volte si confonde l'attivitá della RAI per l'estero con la presenza della programmazione di RAI Italia direttamente da Roma. Si potrebbe infatti sostenere che gli uffici di Montevideo non avevano piú senso, perché erano stati bypassati dalla trasmissione diretta via satellire. Oggi stesso il Ministero degli Esteri invia domande alle comunitá italiane all'estero per valutare le trasmissioni attuali via satellite.
Nessuno peró chiarisce che le trasmissioni via satellite solo possono essere seguite attraverso il pagamente di un canone tra i 35 e i 40 dollari mensili a entitá locali di "Pay-tv", cioé la televisione a pagamento. Quanti italiani in América Latina possono permettersi il pagamento del cavo o "cable", come popolarmente lo si conosce? Un 20%, 25%, forse addirittura un 30%, ma non di piú. Il 70% degli italiani residenti in America Latina sono oggi emarginati dalla RAI, perché non possono pagare l'esoso canone mensile. Gli uffici di Montevideo assicuravano nel passato la presenza di programmi settimanali attraverso le locali televisioni aperte e gratuite o i servizi radiofonici delle principali stazioni del continente, operanti via etere, senza necessitá di pagare alcún canone.
Dieci anni fa questa azione di diffusione della cultura italiana - capillarmente mirata ad ognuno dei paesi latinoamericani - concludeva e quindi non dobbiamo meravigliarci oggi se la presenza italiana (e fondamentalmente la lingua italiana) va scomparendo in queste zone del mondo.
L'arrivo di Gente d'Italia in Uruguay - Mi piace anche ricordare che l'importanza degli Uffici di Montevideo fu determinante per convincere al Direttore di Gente d'Italia, Mimmo Porpiglia, ad editare il suo giornale proprio a Montevideo e da qui proiettarlo alle due Americhe. Ricordo il primo giorno che lui mi visitó in Ufficio, preceduto da una telefonata dell'Ambasciatore Giorgio Malfatti, che mi pregava di convincere Porpiglia sull'opportunitá di stampare il quotidiano a Montevideo. Oggi, proprio per quel primo incontro negli Uffici di Avenida 18 de Julio col Direttore di questo giornale, possiamo vantare la presenza del quotidiano in Uruguay, una presenza che, come quegli uffici, era destinata alla vasta regione americana. Di questo era capace la Sede Rai di Montevideo, un riferimento vero e attivo della presenza e la cultura italiana nel paese.
La chiusura degli Uffici - Un ufficio si chiude quando la sua attivitá entre in crisis o non ha piú senso o é superata dalla concorrenza. Quando si chiude un ufficio con competenza per un intero continente e piú di mezzo secolo di attivitá é lecito immaginare che qualcuno ne spieghi i motivi.
Non é successo cosí nel caso della RAI América Latina: in una rapida azione durata meno di due mesi si chiusero - senza chiarimento alcuno - gli uffici di Montevideo. Cosa é successo poi non é dato saperlo.
Oggi, quando attraverso l'incrocio della Avenida 18 de Julio e la calle Rio Negro, alzo la testa e - dieci anni dopo - guardo il nome RAI (quel marchio che era stato orgoglio degli Italiani in América Latina) penzolare sporco nel vuoto, como la sigla deteriorata di un vecchio motel abbandonato dai viaggiatori. Altre volte quel cartello pericolante mi ricorda una lussuosa nave, di cui - una volta affondata - ormai solo resta visibile un pezzo di rottame sporgente dal mare a monito di quello che fu e che ora non é piú.