DI MATTEO FORCINITI 

Con l’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus la comunità italiana in Uruguay è praticamente scomparsa. Per molti ritornare a organizzare al più presto eventi è una disperata necessità anche per consentire il mantenimento di sedi che sono chiuse da oltre un anno e hanno urgente bisogno di mantenimento. In Uruguay così come altrove da tempo si parla dell’implementazione di un certificato verde (“pase verde”) che consentirebbe il ritorno degli spettacoli e delle attività il cui accesso sarà possibile solo alle persone che hanno già ricevuto le due dosi di vaccino contro il Covid.

Il dibattito è presente da tempo anche all’interno del mondo politico. Il senatore Jorge Gandini (di origini piemontesi) ha proposto esplicitamente “un’autorizzazione speciale per accedere ad attività sociali, culturali, turistiche e ricreative, tra le altre, per coloro che hanno scelto liberamente di essere vaccinati”. “Questa popolazione protetta dal vaccino” -sostiene il senatore- “potrebbe essere un fattore importante per la  riattivazione dell’economia nazionale, in particolare delle attività legate ai consumi interni”. Un assaggio di tutto questo ci sarà questo sabato all’auditorium Sodre dove è previsto il primo concerto con queste caratteristiche in Uruguay che secondo le intenzioni del governo rappresenta il primo banco di prova di un qualcosa che potrebbe presto diventare realtà.

La proposta del “pase verde” sta ricevendo grande consenso all’interno della collettività italiana: la stragrande maggioranza delle associazioni infatti si dice molto favorevole a una misura che consentirebbe di ripartire dopo questo lunghissimo e difficilissimo periodo di stop.

“Per le associazioni italiane che sono tutte inattive il certificato verde sarebbe un’eccellente soluzione ma andrebbe fatto a livello collettivo di tutta la società” dice Eugenio Nocito dell’Associazione Calabrese, uno dei pochissimi gruppi che sta cercando di rimanere attivo durante la pandemia. “Tra di noi abbiamo discusso la proposta e ci sembra un’ottima idea, dobbiamo però aspettare che il numero di vaccini aumenti considerevolmente per poter iniziare. Bisogna avere fiducia nella scienza e nei vaccini, non è un caso che iniziative del genere si stanno iniziando a usare a livello mondiale”.

“Con questa misura” -osserva Silvia Norbis, del Circolo Trentino di Montevideo- “potremmo cominciare a riorganizzare incontri o riunioni mantenendo le misure di sicurezza e il numero limitato ma almeno potrà essere qualcosa di importante.  C’è una grande necessità di tornare a socializzare nei luoghi conosciuti e sicuri. Le associazioni sono una famiglia amata e necessaria da parte dei soci”.

“Senza dubbio una buona idea” commenta Fernando Pizzuti dell’Associazione Abruzzese. “Il sistema del certificato verde può essere perfettamente implementato nelle riunioni sociali della collettività italiana in modo da tornare al più presto ad organizzare eventi sociali, culturali o gastronomici cercando però sempre di minimizzare i rischi di contagio”.

Bernardo Zannier della Famèe Furlane di Montevideo afferma: “La pandemia durerà ancora a lungo quindi ben venga il certificato che consentirà a molte istituzioni di poter tornare ad organizzare attività che oggi non si possono fare. Ci vorrà però un po’ di tempo perché se entrasse in vigore oggi sarebbe discriminatorio nei confronti di chi sta aspettando il suo turno per vaccinarsi”.

Per Sonia Pritsch della Federazione Lucana dell’Uruguay si tratta di “una misura di emergenza molto positiva affinché possano iniziare a tornare tutte quelle attività che sono state sospese negli ultimi mesi provocando gravi danni a livello economico”.

Martha Lasaponara dello Sportello Basilicata insiste sul concetto di adozione generale del passaporto vaccinale che sia valido per tutti e non solo all’interno della collettività: “Sarebbe uno strumento molto utile per varie ragioni. Permetterebbe alla persona immunizzata di partecipare alla vita sociale dando tranquillità anche a chi gli sta vicino. Inoltre, faciliterebbe la convivenza e la partecipazione all’interno di una popolazione che oggi ne sente grande bisogno”.

Commenti favorevoli arrivano anche dall’interno dell’Uruguay con Dario Camirotti della Società Italiana di Flores e Victorio Forapagliero della Società Italiana di Rocha. Per il primo sarebbe “una buona azione perché attraverso le riunioni si aiuterebbe a migliorare l’umore della popolazione”, per il secondo occorre “proteggersi mutuamente come società dato che individualmente non ha alcun senso”. Da Paysandú Flavio Fuccaro del Centro Culturale Italiano sostiene: “Questo sistema finirà per imporsi in tantissimi paesi, è solo questione di tempo. In Uruguay abbiamo già il carnet de salud (una tessera sanitaria) che viene chiesto in molti lavori quindi non vedo alcun problema sui vaccini contro il Covid. L’unica cosa è che si dovrà aspettare un po’ di tempo, bisognerà attendere che i numeri della vaccinazione siano massivi per poter incominciare a usarlo. Ci sono istituzioni che hanno la disperata necessità di aprire, quindi ben venga il certificato verde”.

Un’opinione minoritaria è invece quella di Claudia Girardo di Efasce, l’Ente Friulano dell’Uruguay, che avverte: “C’è il rischio che si possa trasformare in una discriminazione nei confronti dei non vaccinati considerato che non esiste l’obbligatorietà. I vaccini che abbiamo in Uruguay non sono tutti uguali e presentano un livello di efficacia molto diverso. Proprio in questi giorni stiamo vedendo come chi ha ricevuto le due dosi di Sinovac può comunque contagiarsi e contagiare gli altri. Dunque che differenza c’è con le persone non vaccinate? Qualcuno contagia più di altri? Credo che un sistema del genere crei inevitabilmente contraddizioni e inquità”.