Di Matteo Forciniti
C’è tanta rabbia e tanta delusione nelle parole dei familiari di Luca Ventre, il 35enne italiano morto per soffocamento il primo gennaio dopo essere entrato all’interno dell’Ambasciata di Montevideo scavalcando con grande facilità il cancello.
Cinque mesi dopo questo tragico episodio restano ancora tanti punti interrogativi su cui né l’Ambasciata né il Ministero degli Esteri hanno mai chiarito. “Silenzi inquietanti” li ha definiti il Cgie (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) che è intervenuto ieri con un duro comunicato: “Negli ultimi anni le nostre sede di rappresentanza si sono trasformate in bunker. Il caso di Luca Ventre dimostra come Consolati ed Ambasciate stanno perdendo la loro essenza, non vengono più considerati parte di territorio italiano con funzione e capacità di assistenza ai cittadini. In mancanza di modifiche dei regolamenti di sicurezza e un serio investimento in personale qualificato, la sicurezza rischia di trasformarsi in insicurezza per i cittadini”.
Sul caso Ventre, attualmente, tanto in Italia come in Uruguay si stanno portando avanti due diverse inchieste della magistratura che sembrano però viaggiare su cammini completamente differenti: le prime ipotesi della magistratura uruguaiana sospettavano che il decesso di Luca fosse avvenuto a causa di un mix tra cocaina e farmaci mentre la recente perizia della Procura di Roma parla apertamente del soffocamento come causa di morte violenta criticando l’operato del medico legale uruguaiano nella prima autopsia effettuata. Oltre a ciò il poliziotto autore del placcaggio adesso è indagato in Italia con l’accusa di omicidio preterintenzionale.
“La perizia della Procura è chiarissima, Luca è morto a causa di uno strangolamento. Ci sono i video, ci sono le prove” afferma a Gente d’Italia Fabrizio Ventre, il fratello della vittima, contattato telefonicamente. Ancora più dure, però, sono le parole contro tutte le parti uruguaiane coinvolte in questa vicenda partendo proprio dalle autorità diplomatiche italiane di Montevideo che giudica i primi responsabili: “In Uruguay sono state fatte cose allucinanti per questo noi denunceremo penalmente tutti coloro che hanno volutamente ostacolato la ricerca della verità. È incredibile che un medico accusi un collega per aver fatto male l’autopsia ma la salma di Luca è arrivata in Italia praticamente intatta. Le responsabilità principali però sono della nostra Ambasciata, il loro unico interessa era quello di togliersi un morto dalla propria sede.Nonostante le dichiarazioni, la realtà è che non hanno mai voluto collaborare realmente con le indagini e solo dopo 4 mesi di nostre continue richieste il primo segretario Alessandro Costa è stato ascoltato nell’inchiesta uruguaiana. Ufficialmente l’Ambasciata si dice dispiaciuta ma subito dopo il fatto -come ci ha raccontato un parlamentare- ha cercato di infangare la memoria di Luca mandando una direttiva a Roma dicendo che era un narcotrafficante. Una delle tante falsità che hanno detto”.
Come demnunciato dai familiari fin dall’inizio, c’è un punto fondamentale in questa storia e riguarda la presenza di un poliziotto uruguaiano armato dentro la sede diplomatica italiana. Chi lo ha autorizzato?
“È la prima volta che accade una cosa del genere in un paese occidentale, che un cittadino muore all’interno dell’Ambasciata del suo paese dopo aver chiesto aiuto: cosa ci fa un poliziotto straniero armato all’interno dell’Ambasciata? L’ambasciatore Iannuzzi non ha mai voluto rispondere alle domande dei nostri avvocati eppure questa è una palese violazione della Convenzione di Vienna che tra l’altro è stata recentemente ribadita anche dal Parlamento. Noi vogliamo sapere chi lo ha fatto entrare, armato….”.
La famiglia Ventre si sente completamente abbandonata dall’Italia e continua a chiedere giustizia per quanto è successo in Uruguay quella mattina del primo gennaio: “Fino ad oggi le uniche autorità italiane che ci hanno contattato sono stati i carabinieri del Ros di Roma, né una parola da parte dell’Ambasciata o della Farnesina. Se muore in queste circostanze un connazionale dentro la sede diplomatica il primo a pagare dovrebbe essere l’ambasciatore Iannuzzi che dovrebbe almeno dimettersi per decenza. Ma non è il solo, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non ha mai detto una parola. Che strano paese l’Italia, si inginocchiano per quello che è successo negli Stati Uniti a George Floyd e poi mantengono il silenzio per un italiano ucciso all’interno della sua Ambasciata mentre chiedeva aiuto”.
Intanto l’inchiesta della procura di Roma vuole far luce anche su un particolare che risulterebbe importante per l’accertamento delle responsabilità: chi ha fatto entrare il poliziotto armato all’interno della residenza-uffici dell’ambasciata di Montevideo alle 7 del mattino del primo gennaio di quest’anno? Cioé chi aveva il potere ( l’ambasciatore o un suo delegato ) di poter ordinare al telefono all'individuo che occupava la garitta all’interno dell’ambasciata di fare entrare i tre poliziotti uruguaiani armati di guardia fuori al cancello?