È stato trovato morto ieri, ad appena vent'anni. Si pensava a una tragica fatalità, invece la verità era un'altra. Ancor più amara, inaccettabile. Seid Visin, ex promessa delle giovanili del Milan e del Benevento, si è suicidato. E il razzismo gioca una parte importante nella sua vicenda, tristissima e dolorosa.
Originario dell'Etiopia, Seid era stato adottato da una famiglia di Nocera Inferiore. Gli esordi nel calcio, la chiamata nel Milan, lo spogliatoio condiviso con Gigio Donnarumma, la procura affidata a Mino Raiola. Poteva diventare il nuovo Balotelli, invece nel 2017 ha deciso di tornare dalla famiglia in Campania per completare gli studi.
Dopo una fugace militanza nel Benevento, la decisione: avrebbe continuato a giocare a calcio per passione (si divertiva a giocare nella serie D di futsal con l'Atletico Vitalica), ma la sua sarebbe stata una vita "normale", con un lavoro e delle attività comuni a quelle di tutti i ragazzi.
E invece non è andata così. In una lettera indirizzata agli amici più stretti e alla psicoterapeuta, pubblicata sul Corriere della Sera, Seid aveva manifestato il suo disagio, la sua incapacità di accettare i pregiudizi. "Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone", scriveva.
"Io non sono un immigrato. Sono stato adottato da piccolo. Ricordo che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, tutti si rivolgevano a me con gioia, rispetto e curiosità. Adesso sembra che si sia capovolto tutto. Ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, specie anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche come responsabile perché molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro".
"Dentro di me è cambiato qualcosa, come se mi vergognassi di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone, che non mi conoscevano, che ero come loro, che ero italiano, bianco. Facevo battute di pessimo gusto su neri e immigrati come a sottolineare che non ero uno di loro. Ma era paura. La paura per l’odio che vedevo negli occhi della gente verso gli immigrati. Non voglio elemosinare commiserazione o pena, ma solo ricordare a me stesso che il disagio e la sofferenza che sto vivendo io sono una goccia d’acqua in confronto all’oceano di sofferenza che sta vivendo chi preferisce morire anziché condurre un’esistenza nella miseria e nell’inferno. Quelle persone - concludeva l'ex stellina del Milan - che rischiano la vita, e tanti l’hanno già persa, solo per annusare, per assaggiare il sapore di quella che noi chiamiamo semplicemente Vita”.