DI MATTEO FORCINITI
Con un concerto pilota svoltosi sabato presso l’auditorium Sodre è ufficialmente partita l’era del certificato verde in Uruguay. Per accedere agli eventi il requisito indispensabile sarà quello di avere un’immunità certificata contro il Covid 19: bisogna aver ricevuto la seconda dosi del vaccino da almeno 15 giorni oppure aver attraversato la malattia nei 3 mesi precedenti in modo da avere gli anticorpi oppure in alternativa presentare il risultato negativo di un test rapido antigienico. Il certificato -che durerà 6 mesi dopo la seconda dose- lo si potrà ottenere con il codice QR o in cartaceo attraverso l’applicazione Coronavirus UY oppure sul sito gub.uy.
La misura è stata fortemente sponsorizzata dal governo di Luis Lacalle Pou che durante tutto il periodo dell’emergenza -aggravatosi però solo negli ultimi mesi dopo un lungo periodo di contenimento- ha sempre mantenuto una linea morbida nel nome della cosiddetta libertà responsabile. Una politica questa che è stata ulteriormente rafforzata con l’avvio della massiccia campagna di vaccinazione iniziata a marzo e che oggi vanta numeri altissimi con la distribuzione dei vaccini Pfizer per il personale di salute e i più anziani mentre Sinovac per tutto il resto della nazione. Oggi più della metà della popolazione ha già ricevuto almeno una dose, mentre il 30% ha già raggiunto l’immunizzazione con le due dosi.
Il primo concerto dell’era del “pase verde” si è svolto sotto un rigido protocollo salutato dalle autorità come un nuovo inizio in attesa della tanto sperata immunità di gregge che non si sa ancora quando arriverà anche se -si spera- presto. Ristringere l’accesso agli spettacoli è ovviamente un argomento delicato poiché escluderà quella parte di popolazione che ha scelto liberamente di non vaccinarsi dato che non esiste alcun obbligo. L’iniziativa del Sodre è stata anche accompagnata da critiche e proteste, alcuni settori della cultura tra cui la Sociedad Uruguaya de Actores e la Federación Uruguaya de Teatros Independientes hanno espresso la loro contrarietà.
L’idea del “green pass” è stata accolta con grande entusiasmo da una collettività italiana che oggi sembra essere scomparsa poiché duramente colpita dalla pandemia. La proposta di aprire gli eventi solo ai vaccinati ha trovato un enorme consenso tra le associazioni intervistate da Gente d’Italia dato che questo sistema consentirebbe di ripartire dopo mesi difficilissimi. Per molti peraltro esiste una disperata necessità di tornare a fare eventi per fare cassa aprendo così sedi che sono chiuse da oltre un anno e che oggi hanno urgente bisogno di mantenimento. Anche se non sono mancate alcune critiche, quasi tutti si sono detti favorevoli seguendo in questo modo la tendenza che si svilupperà in futuro a livello nazionale. Cosa fare dunque la comunità italiana per ripartire? Si lancerà nel sistema del certificato verde per tornare a organizzare eventi oppure cadrà in quel consueto immobilismo a cui ci ha tristemente abituato negli ultimi tempi? Il dibattito è ampio, i punti di vista possono essere diversi ma una cosa appare certa: è difficile che le associazioni possano intervenire sole senza l’adeguato supporto dei rappresentanti della collettività come il Comites e senza quello delle autorità diplomatiche. Un supporto che a dire il vero manca ormai da troppo tempo.