Sono tornati i turisti, se ne è andato il Napoli. Nel golfo azzurro, viviamo questa sospensione nel vuoto. Castelvolturno è deserta. Se ne è andato Gattuso, non è arrivato Spalletti. Di otto azzurri perdiamo le tracce lungo le strade delle nazionali, il resto al mare. De Laurentiis lavora nell'ombra (col caldo che ormai fa). Il calciomercato è un sospiro. L'ultima partita col Verona ha lasciato l'amaro in bocca e sulla bocca di tutti un gossip di spogliatoio prima della gara.
Si parla lievemente di Emerson Palmieri, ormai una vecchia storia. Si fantastica con moderazione su Reinildo Mandava, fior di Lilla. Si sussurra senza trasporto di Marcos Senesi. Scalda un po' il nome di Rodrigo De Paul. Ma è tutta una tiepida fantasia. Il Napoli è scomparso nella sensazione visiva, olfattiva e auditiva del golfo.
Chi legge i giornali, chi ascolta la radio, chi fa paragoni, chi parla di schemi, ma il cielo è sempre meno blu. Siamo all'azzurro stinto. Il Napoli è come sparito, risucchiato dall'ultimo pareggio, dalla terza delusione, dal mistero di Fuorigrotta. Nessun dolore, non c'è tensione, non c'è emozione.
Il Napoli tace. I giornali cercano di smuovere un ambiente ibernato. Dopo la mossa leggendaria di Ninì Tirabusciò, si aspettano le mosse di Spalletti. Chi taglia, chi tiene, chi prende. Il programma del presidente è chiaro: bamboli, non c'è una lira. Contenimento dei costi. Quindi, nessun acquisto selvaggio e stipendi ridotti. Musi già lunghi, nessuno disposto a offrire oro alla patria azzurra.
Non c'è solo la mancata qualificazione alla Champions che avrebbe portato un po' di danaro fresco, ma niente più. L'impressione è che si sia voltata pagina. E la pagina nuova è bianca. Riflessione, riflessione. Rifondazione, rifondazione. L'anno più difficile di De Laurentiis nell'anno più difficile del calcio spendaccione e televisivo di cui resistono tracce ma senza audio.
La meraviglia è che non c'è reazione. Rassegnazione, rassegnazione. Il Napoli diventa un pensiero indifferente, un sentimento che striscia e nessuna traccia che lascia. Mai successo. Un distacco, non un dissapore. Un entusiasmo avvilito. Non muovono il cuore neanche le partenze annunciate degli idoli che ieri ci illusero, che oggi non ci illudono più, o Aurelione.
Se il Napoli è un sentimento, come sollecitarlo a rinnovarsi? Chi sono gli uomini, le forze e anche le favole per riportarci al nostro passato agitato ma vivo, discusso e discutibile ma esplosivo? Svaniscono persino le contestazioni davanti a una realtà di plastica.
Il Napoli è il Rex di Fellini che appare nel golfo e tutti andiamo su barche ad ammirarlo, ma è un inganno del cuore, una fantasia, una nostalgia. E quando il Rex scompare, non c'è più nulla, neanche il caffè di Tommaso Starace.