È l’immagine in assoluto più condivisa nelle ultime 24 ore: quella dei compagni di Eriksen schierati a cerchio attorno a lui a terra che riceve i primi soccorsi.
È un’immagine bellissima, ovviamente, proprio per il suo valore etico: i compagni che – letteralmente – fanno scudo.
A cosa? Ma a noi, al nostro sguardo che – in questo tempo continuamente, capillarmente osservato e condiviso, momento per momento – è dappertutto, chiede di essere dappertutto.
E qui è il valore di potente metafora e contraddizione che quest’immagine porta con sé: ci piace, ci tocca proprio quel “riparo”, quello schermo dello sguardo che rappresenta. Quello schermo dai nostri occhi, dal mondo che abitiamo ogni giorno, che sta ben saldo a cavallo tra le cose che facciamo e viviamo e le cose che rappresentiamo, fotografiamo, filmiamo, osserviamo, scrutiamo, chiediamo di vedere in ogni momento, salvo poi protestare che è troppo, è ingiusto, è spietato.
È
Sì, ce ne sono anche sotto quest’immagine perfetta: chi chiede se Eriksen fosse vaccinato, chi sottolinea con disprezzo che “sono solo milionari che proteggono la privacy di uno di loro”, e via a continuare il ballo collettivo, la mostra (i mostri) condivisa.