di Franco Manzitti
Papa Francesco e lo “scisma” tedesco, la chiesa di Germania contro quella di Roma. Il fermo immagine è quella indimenticabile piazza san Pietro, livida di pioggia, completamente deserta, nella luce spenta di un pomeriggio tra inverno e primavera. Con quel papa solitario che cammina a fatica, sale sull’altare sotto una tettoia che non lo protegge dall’acqua. che cade da un cielo plumbeo. E prega a fianco del grande crocifisso anti pandemia. Con lui, in quel vuoto cosmico, solo il cerimoniere del Vaticano, il genovese monsignor Guido Marini.
Era il momento più buio della pandemia, cristallizzato in quella preghiera disperata, con il Santo Padre, simbolo fisico di un dolore planetario. Di una sofferenza umana vissuta da chi osservava quella scena attraverso gli schermi televisivi e da che cosa altro? Tutti chiusi nel lock-down totale del mondo intero. A contare i contagi e le migliaia di morti in ogni angolo della terra, del mondo. E Roma, caput mundi, piegata su quella piazza simbolo, ombelico della fede cattolica, con quell’uomo vestito di bianco, lo zucchetto spostato da un vento freddo come il cuore di tutti.
Era il momento peggiore. Ma anche quello della improvvisa centralità della Chiesa anche per chi non ci credeva. Per chi soffriva le pene terribile della malattia, della morte dei cari, dell’impossibilità di assisterli, di porgere l’estremo saluto, perfino di partecipare al funerale.
Perfino di pregare o di compiere un atto simile a quelle preghiere, vietate nelle chiese chiuse. Sbarrate dal virus come mai non si ricordava nella storia dell’umanità. Perfino nelle guerre, sotto le bombe, davanti ai nemici più spietati e crudeli quelle porte sacre si aprivano e quei muri diventavano il rifugio.
Ora niente. Il papa Francesco stava fuori dalla sua chiesa, San Pietro. In quella piazza aperta con le braccia spalancate in un credo universale recitato come mai forse da tanti uomini, cui non restava altro.
E ora che qualche raggio di luce illumina non solo quella piazza, ma il mondo intero, grazie ai vaccini, la Chiesa centrale di quel momento drammatico, vede esplodere la sua crisi. Che stava maturando ben prima del tempo maledetto della malattia.
La crisi incombeva dal tempo difficile della storica rinuncia di Benedetto XVI, papa Ratzinger. Dal tempo della elezione rivoluzionaria di papa Francesco, venuto dalla fine del mondo, con le sue sconvolgenti riforme.
La crisi diventa plateale ora, anno 2021, dopo tanti sussurri e tante grida. Per gli scandali sanguinosi delle pedofilia di preti, vescovi e cardinali. Smascherati, processati, scomunicati, gettati nel pubblico ludibrio. Anche con processi sommari come quello al celebre cardinale australiano Pell, prima massacrato, ora assolto
E a fare da detonatore finale sono nella tarda primavera del 2021, le improvvise dimissioni di Reihnard Marx, sessantasettenne arcivescovo di Monaco e Frisinga. Cardinale di vertice, componente dei quel gruppo ristretto di otto membri che papa Francesco aveva scelto come guida della sua “nuova” Chiesa.
Si è dimesso questa specie di colosso della potente e oggi determinante Chiesa tedesca. Denunciando la sua incapacità di fronteggiare gli scandali della pedofilia, la catena degli abusi sessuali commessi dai membri consacrati. E lo ha fatto usando una frase terribile, che nasconde ragioni al di là dello scandalo sessuale: “La Chiesa è a un punto morto”.
Secondo Marx quella degli abusi sessuali è stata una catastrofe che per decenni la Chiesa non è stata capace di affrontare. Ci sono stati fallimenti anche a livello personale e errori amministrativi dei quali anche questo strettissimo collaboratore di papa Francesco si sente responsabile.
Poco importa che il Papa con una lunga lettera, a pochi giorni dalle dimissioni, le abbia respinte. Invitando il cardinale Marx a continuare la sua missione come arcivescovo e pastore di Monaco. E non solo come prete al servizio della Chiesa.
La porta sbattuta da questo leader importantissimo nella Chiesa di oggi, quella lacerata da dubbi, da silenziose e durissime contrapposizioni. Secondo le quali viene messa perfino in discussione la cattedra di Francesco, è un colpo terribile per il pontificato di Bergoglio.
Marx è infatti da anni la punta di diamante di un movimento che ha visto la chiesa tedesca chiedere riforme decisive, svolte radicali in tema di dottrina e morale. Sua la famosa frase: “Non sarà certo Roma a dirci cosa dobbiamo fare.”
Il Sinodo tedesco ha continuato a far tremare il Cupolone di Roma con le sue grandi spinte su temi chiave, come quello del celibato dei preti e sul ruolo delle donne nelle gerarchie ecclesiastiche.
E poco hanno significato, in questo percorso di richieste rivoluzionarie, le frenate o gli inviti a procedere uniti di altri vescovi tedeschi come Georg Batzing, presidente della Cei alemanna.
Il Sinodo dei vescovi tedeschi doveva porre finalmente in termini secchi la questione della riforma della Chiesa, il vero antidoto anche contro lo scandalo degli abusi.
E Marx lo aveva fatto ben conscio che quel Papa venuto da lontano, che aveva chiamato lui ai vertici di una nuova impensabile gerarchia vaticana, era stato il primo a porre il problema di una vera riforma. Magari da far salire dal basso, da un sinodo generale, spesso invocato, anche richiesto con forza soprattutto in Italia dal vertice Vaticano, dalla cattedra di Pietro.
Come ha scritto sul “Foglio” uno dei più attenti osservatori della Chiesa cattolica, Matteo Matzuzzi “per anni ci si è arrovellati su questioni laterali. Dalle commissioni sulle diaconesse allo stato delle finanze vaticane, dagli eventi sul cambiamento climatico, alla sensibilizzazione sulla fauna in via d’ estizione.
“E mentre il mondo plaudiva alle rivoluzioni vere e presunte, le fondamenta si squagliavano, continuando l’erosione iniziata decenni fa…..”
Insomma il Sinodo tedesco è andato avanti con Marx in testa, non certo distratto dall’emergenza abusi che poi lo avrebbe portato alle calorose dimissioni di oggi.
È il resto che brucia, come in un incendio che nessuno riesce a spegnere. Per tre volte il Vaticano ha spedito richiami alla Chiesa tedesca, dal Papa stesso, dal prefetto della congregazione dei vescovi, il cardinale Oullet. D al presidente del consiglio pontificio per i testi legislativi, monsignor Iannone. Invano.
Ci sono stati anche scontri duri tra Marx e il vescovo di Colonia Rainer Maria Woelky, coinvolto nelle accuse per coperture di abusi sessuali. E il papa aveva addirittura mandato due messi a verificare la situazione nella diocesi di Colonia.
Ora che Marx si è dimesso e in attesa che risponda alla mossa del papa contro quella decisione clamorosa, il Sinodo tedesco è come una bomba che sta per esplodere al proprio interno.
La linea di Marx, non certo solo sugli abusi sessuali per i quali si è dimesso, ma per esempio sulla decisione per il celibato sacerdotale, che potrebbe non essere necessariamente collegato all’ordinazione, è ferma e decisa da tempo, ma non si è ancora formalizzata.
La Germania non vuole farsi imporre nulla da Roma, ma questa del celibato è una questione chiave, che corrode da tempo le mura della dottrina cattolica. Almeno dal famoso sinodo in Amazzonia del 2019. Quando, affrontando la situazione in quella area cruciale del mondo per il suo valore ambientale, era spuntato il caso dei cosidetti “viri probati”. Cioè dei possibili sacerdoti ordinati tra figure di anziani, anche con famiglia stabile. Scelti per sopperire alle difficoltà di portare il Vangelo in terre lontane e abbandonate.
E poi la miccia che ha fatto esplodere tutto è stata la posizione recente del papa Francesco sulla benedizione alle coppie gay, negata dal Vaticano e, invece, sostenuta da molti vescovi tedeschi.
Alcuni di questi, innescati dall’ultima polemica, parlano esplicitamente di scisma, la parola terribile che riporta, come in un terribile gioco del ritorno al passato, a Lutero. Ancora Germania contro Roma, ancora uno strappo nella storia millenaria dei cattolici.
Lo Scisma è già cominciato – dice, per esempio, senza tanti peli sulla lingua – il cardinale tedesco Walter Brandmuller. Citando come strappo la diversa posizione rispetto alle decisione sulla benedizione delle coppie gay.
Altri teologi di oltre Alpe, come Gero Weishaupt, insigne canonico tedesco, censurano queste contestazioni, suscitate dalla rigidità papale sui gay. Ricordando i fondamenti della dottrina cattolica, che giudicano come “il male” le unioni omosessuali. Alla faccia delle enunciazioni di vescovi e preti, che benedicono le coppie “arcobaleno”, facendo sul loro capo il segno della croce.
L’inizio della tempesta risuona da tempo, da una parte all’altra del pianeta, da quelle lussureggianti foreste amazzoniche alle cattedrali gotiche di Germania. Nella contrapposizione tra tante chiese, che non sono più una Chiesa sola. Quella tedesca ribelle e dotta, quella nordamericana contestatrice a rovescio. Quasi tutta schierata contro Robert Mc Elroy, vescovo di san Diego, progressista, crocefisso dai tradizionalisti. Folgorato dai fulmini ultra conservatori quando urla dal suo pulpito: “Come si può negare la comunione ai cattolici abortisti, quando la si da ai razzisti?”.
E lì negli Usa è appena arrivato come presidente Joe Biden, cattolico, dopo tanti presidenti che non lo erano, progressista, abortista. Contro il quale si starebbero levando le censure del clero ultraschierato contro aborto e eutanasia, le frontiere insuperabile per il fronte duro.
D’altra parte negli States la battaglia per i valori della dottrina non negoziabili va avanti dai tempi di papa Woytila, quando Ratzinger era prefetto per la Dottrina della Fede.
È una grande battaglia quella dentro l’episcopato americano, dove si discute da un trentennio il predominio neocon. Mai completamente fedele al Papa polacco, come per esempio quando scoppiò la guerra all’Irak.
Insomma da un Continente all’altro, da una Chiesa all’altra , da un vescovo all’altro, da uno schieramento all’altro. “La Chiesa Brucia?”- come si chiede, proprio con questo titolo al suo ultimo saggio, scritto per Laterza – Andrea Riccardi, storico, ministro del Governo Monti.
Un osservatore attento e profondo come Riccardi si interroga sui valori cattolici. Sono diventati irrilevanti, la trasmissione della fede da parte degli anziani è stata superata. Davanti a quello che viene chiamato dall’autore il neo tridentinismo dei chierici. Un cristianesimo basato su nuove visioni più pastorali e ideali che superano gli schemi, la tradizione, che li travolgono?
D’altra parte oggi quel Papa venuto dalla fine del mondo valorizza proprio l’istinto e il fiuto del “popolo fedele”, che stoppa quel “tridentinismo” dei chierici.
È in fondo lo spirito con il quale papa Francesco ha risposto alle dimissioni del cardinale tedesco Reinhard Marx, ingiungendogli di andare avanti come arcivescovo di Monaco.
Scrivendogli quella lunga lettera in spagnolo e incominciandola con “caro fratello”, Francesco ha riconosciuto la crisi degli abusi sessuali che investe non solo la Chiesa di Germania, ma tutta la Chiesa.
“Dobbiamo chiedere la grazia della vergogna”- scrive il Papa alludendo, più in generale, anche al “punto morto” citato da Marx. Che denunciava la caduta di stima nei confronti dei vescovi, che parlava di chiese in Germania vuote e sconsacrate e in vendita, di perdita della fede.
“Pensa quello che ha provato Pietro – conclude Francesco – davanti al Signore, quando a suo modo, gli presentò la sua rinuncia. Stammi lontano, che sono un peccatore e ascolta la risposta: pasci le mie pecorelle.”
Ha grandi difficoltà il cattolicesimo a intercettare i movimenti antropologici, che lo corrodono nelle sue forme, nei suoi dogmi millenari. Balbetta, affrontando il distacco da gerarchie oramai obsolete. Non riesce a trovare una strada per un alleanza che riconosca il ruolo delle donne e affronti il problema del celibato.
Questa Chiesa di Roma, che soffre e si interroga nel terzo Millennio, paga anche il prezzo di essere l’unica rimasta tra le religioni a vivere di più nella storia, mentre le altre declinano.
Le spinte a crescere attraverso nuovi movimenti, leader e profeti neo pentacostali (basta pensare ai movimenti in Sud America) appaiono spesso impetuosi e fuori controllo. E allora tra questi impeti, tra gli Scismi latenti e le diatribe tra conservatori e rivoluzionari, tra tolleranti e formalisti, tra scandali e dimissioni la chiesa brucia e trema nel mondo che rivede piano piano la luce, dopo il buio di quella indimenticabile piazza san Pietro bagnata di pioggia e di una visione da fine del mondo.