di Franco Esposito
Dovrebbe aggiungersi alle torri già esistenti a Torino. Dovrebbe perché non si conosce con precisione la data, il momento in cui riuscirà davvero a conquistare anch’essa il cielo della città. Anche perché il cosiddetto grattacielo degli sprechi, come ormai tutti lo chiamano a Torino, intanto è finito sotto inchiesta. La maxi opera voluta dalla Regione Piemonte ha visto lievitare a dismisura i costi, in dieci di cantieri aperti, richiusi, riaperti in diciannove anni. Il prezzo è salito di altri sei milioni, per una cifra record di 336. Ma per fare cosa?
La parola grattacielo metteva paura. “Ma come vogliono tirare su una costruzione più alta della Mole Antonelliana?”, sbalorditi torinesi e piemontesi che hanno pronunciato la fatidica frase nel 2002. Due inchieste giudiziarie, nove varianti in corso d’opera, l’ultima appena approvata, e diciannove anni dopo, il “mostro” di Torino resta una clamorosa incompiuta. Una scatola vuota di 224 metri. Da un progetto della Regione Piemonte in auto finanziamento, da inaugurare nel 2015. La fine dei lavori ancora non s’intravvede.
Una sorta di novo ponte di Genova in fondo a via Nizza, quartiere Lingotto, periferia sud di Torino. Qui sorge il grattacielo che tutti i torinesi indicano come “un figlio balordo”. Per farlo nascere e dargli spazio, cinque anni di strada bloccata e dieci anni di promesse non mantenute. Un vero schifo, che ha indigna e ha indignato i commercianti della zona. Alcuni costretti a chiudere l’attività. C’erano dodici attività commerciali, sei hanno chiuso. Una botta non indifferente all’economia della città. “Ho visto cose che voi umani…”, ammette pure l’architetto Massimiliano Farkas che aveva vinto l’appalto per la progettazione. E diffida chiunque, praticamente tutti, ad associare ora il suo nome al grattacielo degli sprechi.
Le cifre sotto inchiesta un certo stupore lo creano. Anzi di più, spaventano: 22,5 milioni pagati al progettista Farkas; otto milioni il danno erariale complessivo per la Regione Piemonte, contestato dalla Corte dei Conti: 400mila euro la sanzione inflitta ai funzionari regionali dai magistrati contabili. L’altezza prevista del grattacielo degli scandali o ultima torre di Torino è di 200 metri. Quarantuno i piani fuori terra. Venticinquemila metri quadrati di parcheggi. Duemilacinquecento dipendenti da impiegare nella nuova struttura. Cinquecento operai e tecnici impiegati nei cantieri. Trecentotrentasei milioni il costo dell’opera; 250milioni l’importo iniziale previsto.
Avio-Oval andrà ad occupare una superficie di 317.315 metri quadrati. Di proprietà regionale 25mila metri quadrati. L’edilizia per i privati stimata in 60-70 milioni su una superficie di 70 mila quadrati occupati dal grattacielo. I commerciati del posto obbligati a vivere anni di prigionia, davanti a un cantiere ormai divenuto perenne.
Chiamato a testimoniare nel processo sulle irregolarità dei lavori costruzione, Massimiliano Farkas ha ammesso cose fondamentali. “Doveva essere una struttura d’acciaio con pavimenti in legno. In un sopralluogo ho notato le piastrelle di cemento armato e ha saputo che la torre era piena di cartongesso. Un giorno non mi hanno fatto entrare nemmeno in cantiere. L’avanzamento era fuori controllo, il mio progetto stravolto. Ora al Lingotto evito di passare, sto male solo a guardarlo”.
Due condanne a due posizioni prescritte al primo processo per una variante al progetto. Creata, secondo il giudice, per favorire alcune ditte. Forniture e materiali scadenti al secondo appuntamento in tribunale. Un paradosso se si pensa alla dichiarazione del 2007 firmata dalla Regione Piemonte. “La costruzione del grattacielo sarà praticamente a costo zero, senza alcun aggravio per i contribuenti. IL trasferimento nella nuova sede eviterebbe alla Regione di pagare i 13 milioni di euro d’affitto all’anno per le sue venti sedi sparse in città”.
Un grande, enorme pasticcio all’italiana. Ne ha chiesto conto l’associazione radicale. “Ci sono stati i processi, c’è stato il fallimento della capofila nel 2015, poi subappalti su subappalti. Il rischio è quello del vestito di Arlecchino, fatto di pezze che non si coordinano assieme. Un disastro bipartisan”.
I lavori riprendono dopo il sequestro del 2016. Trecento finestre fallate, e l’autentica della perizia. Sui 2873 vetri totali, 1270 presentano delle delaminazioni, difetti estetici che hanno alcuna influenza sulla tenuta strutturale del vetro”. Pasticci su pasticci, una storia infinita e in mezzo momenti di squallido puzzo di bruciato. O di totale incompetenza e superficialità. L’opera ha visto la sua nascita sotto la presidenza regionale di Enzo Ghigo. Se ne cominciò a parlare nel 2002. “Volevamo costruire un manufatto che rappresentasse il Piemonte, così come aveva fatto la Lombardia. Lanciammo il concorso, ma non assegnammo nessun appalto”. Ghigo lancia ora una proposta e un monito. “Facciamo in modo che quella torre diventi la città della salute”.
Visto dalla strada, il futuro del grattacielo degli spechi è una mera ipotesi. Al lavoro sono rimasti 16 operai. Terminati i lavori e completati i collaudi, al data fatidica potrebbe essere il 2023. Solo allora potrebbe avvenire il trasferimento di oltre 2000 dipendenti della Regione Piemonte. Ma l’attuale governatore Cirio ha già fatto sapere che non intende abbandonare la vecchia sede di Piazza Castello. Un ulteriore segnale che il grattacielo degli sprechi è nato quantomeno settimino.