di Franco Esposito
In Rai impazza il risiko delle nomine. I partiti politici litigano sull’assetto sul prossimo assetto del Consiglio d’Amministrazione. Salvini verrebbe al vertice un suo uomo. Altrettanto il Pd, magari in combutta con i Cinque Stelle che rischiamo di andare clamorosamente in bianco. La Meloni fa la voce grossa. Detta ordini platonici Berlusconi, con indici d’ascolto ora molto bassi. Renzi è contro tutto e tutti, non gli sta bene nulla, ma non c’è straccio di cristiano disposto ad ascoltare le indicazioni dell’uomo di Riano. Il centrodestra vorrebbe alla presidenza de Cda Paolo Del Bosco; al Pd sarebbe gradita Eleonora Tinny Andreatta. Ma il vero problema è il premier: Mario Draghi è pronto a fare da solo. Potrebbe decidere senza ascoltare nessuno, visto e provato che i partiti un accordo non riescono a trovarlo.
Ma il problema stagionale e cronico delle nomine passa momentaneamente in discreto silenzio perché sulla Rai si abbatte una sentenza del Tar del Lazio. Riguarda una delle trasmissioni di vero maggiore interesse e successo, il settimanale “Report”, in onda sulla terza rete il lunedì in prima serata. La sentenza impone alla Rai di “rendere pubblici gli atti e le fonti di un’inchiesta giornalistica”. Un colpo basso, una botta in testa, per l’Ente di Stato, ma soprattutto per “Report”, trasmissione d’inchiesta che tantissimi altarini ha portato alla luce in questa Italia degli intrighi, delle truffe, degli imbrogli, degli indebiti arricchimenti e dei grandi evasori.
La sentenza del Tar del Lazio crea una profonda frattura nel mondo dell’informazione. E nulla sarà purtroppo come prima se non andrà a buon fine il ricorso al Consiglio di Stato immediatamente annunciato dalla Rai che impugna la decisione del Tar.
Al centro della spinosa questione, la trasmissione “Report” del 26 ottobre 2020 dal titolo “Vassalli, valvassori e valvassini”. La trasmissione si occupava del groviglio di regie occulte che mi muovevano dietro le nomine del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Scelte ad personam che finivano con l’influenzare la gestione del sistema di consulenze e appalti in Lombardia. “Record” nel denunciare il malvezzo partiva dalla storia dell’avvocato Andrea Mascetti, vicino alla Lega ma senza aver mai avuto incarichi ufficiali nel partito.
L’indagine della trasmissione diretta da Sigfrido Ranucci esaminava una serie di consulenze riconducibili all’avvocato, compravate secondo inchieste giornalistiche di “Report” da atti acquisiti e in possesso dei responsabili del programma. Le consulenze dell’avvocato Mascetti si riferiscono a soggetti privati e pubblici. E per avere ulteriori informazioni, gli inviati della trasmissione hanno chiesto notizie a pubbliche amministrazioni.
L’avvocato, in un primo momento, si è rivolto alla Rai chiedendo di accedere agli atti in possesso di Report. Voleva capire su quali basi lo si accusava di comportamenti scorretti. La Rai ha negato il consenso alla visione degli atti e Andrea Mascetti si è rivolto al Tar. Nell’intento di costringere l’azienda di Stato ad ottemperare alle sue richieste. E qui si sono scatenate le proteste bipartisan. Pd d M5S si schierano con la Rai. Italia Viva è contro. Il segretario Pd Enrico Letta è intervenuto a gamba tesa. “Le sentenze si rispettano sempre. Ma questa del Tar sulle fonti di Report lascia davvero perplessi. Non vedo come possa resistere agli ulteriori gradi di giudizio”.
Vibrate anche se espresse con toni civili le proteste della Federazione della Stampa e dell’Usigrai.
Venerdì scorso la sentenza stilata dalla terza sezione del tribunale amministrativo, presieduta da Giuseppe Daniele. Il Tar ha accolto la richiesta presentata dallo studio legale di Andrea Mascetti contro la trasmissione di Rai3, “che lo aveva chiamato in causa nell’ambito dell’inchiesta, firmata da Giorgio Mottola, incentrata sugli appalti pubblici in Lombardia”.
Un quadro fuorviante, fuori della realtà, accusava all’epoca l’avvocato Mascetti. “Mai avuto alcuna consulenza con il presidente Fontana”. Il Tar gli dà da ragione, ma pone alcuni paletti. Mascetti potrà accedere alla visione degli atti, ma esclusivamente a quelli riferiti alle consulenze con pubbliche amministrazioni e non con privati. Questo sta a significare che il Tar regionale, per quanto riguarda la Rai, è prevalente “il suo essere servizio pubblico e dunque il suo ricadere nelle normative della pubblica amministrazione rispetto al fatto di essere informazione giornalistica con il diritto di tutelare le fonti”.
Diversamente, un giornalista Rai avrebbe meno tutele di un collega di una testata privata, con la conseguente distruzione del giornalismo investigativo pubblico In spregio alla legge professionale che tutela le fonti come elemento fondante del lavoro, diritto tutelato dalle sentenze europee.
Ma come ha reagito Sigfrido Ranucci, il conduttore dei Report? Immediata la sua replica, poche parole che dicono però tanto. “Io sono figlio di un uomo delle forze dell’ordine. Per me la legge è sopra a tutto. E la legge mi permette di tutelare le fonti. E lo farò fino alla morte. Devono venirli a prendere con l’Esercito”.
In attesa delle prossime puntate.