di Renato Silvestre
Nel 1891 il Poeta in viaggio per la Sicilia insieme ad un suo amico decise di fermarsi per qualche giorno a Napoli, ma poi il suo breve soggiorno si prolungò per oltre due anni! Infatti già dal suo primo giorno all’Hotel Vesuve, fu sedotto dal mare e da quei luoghi meravigliosi: “In questi pochi giorni ho veduto mille spettacoli diversi e tutti stupefacenti” scrive a Barbara Leoni, sua amante romana dell’epoca, il 3 settembre. In quel periodo D'Annunzio collaborava con il quotidiano "Il Mattino" diretto dai suoi amici Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao ed inoltre, nel 1892, pubblicò - oltre a due libretti di novelle - anche due romanzi: L’Innocente e il Giovanni Episcopo. Ma il suo soggiorno a Napoli fu caratterizzato soprattutto da amori proibiti e vita inquieta. Ma andiamo con ordine. Prima si stabilì per un po’ di tempo a Resina (città che prese il nome di Ercolano a partire dal 1969), dove veniva richiesta la sua presenza nei salotti di ville patrizie della città e dei luoghi vicini. Trascorse l’estate nella villa D’Amelio, e questa fece da sfondo alla sua storia d’amore con la principessa siciliana Maria Gravina Cruylas di Ramacca, moglie del conte Guido Anguissola di San Damiano. Alta, slanciata, di una rara eleganza, la Gravina colpì a fondo il Poeta che, come tutti i bassi di statura, aveva un debole per le donne imponenti... Vistosissima, anche a causa di una ciocca di capelli rossi tra la sua chioma nera, era corteggiata e non invano da molti, pare anche dal Principe di Napoli, futuro Vittorio Emanuele III. Quando d’Annunzio la conobbe, Maria era già madre di quattro figli. Il caso volle che il marito di lei ebbe un crollo finanziario e fu costretto a tornare dai genitori, ma lei si rifiutò di seguirlo: affittò un appartamento in via Caracciolo 9 e lì si trasferì con la prole. Da qui raggiungeva D’Annunzio all’Albergo della Follia - nomen est omen - in piazza dei Fiorentini. E il vate le scriveva: «Mia cara amica, si avvicina l’ora. Siate coraggiosa e altera come sempre... Non vi preoccupate di nulla. Nessuna creatura umana sa camminare sul fango con nobiltà eguale alla vostra». E il fango arrivò nell’ottobre del 1892 quando, sorprendendo gli amanti nell’appartamento di via Caracciolo, dove s’incontravano da mesi, il conte Anguissola denunciò la coppia per adulterio. Da questa storia extraconiugale il 9 gennaio 1893 nacque una bambina, Renata, e i due amanti furono processati e condannati a cinque mesi di carcere per adulterio dalla Corte d’Appello, ma che non furono scontati per 'admistia regia' (atto di grazia del re). La loro relazione è documentata da numerose lettere di D’Annunzio inviate a Maria Gravina e alla figlia “Cicciuzza”, come lui amava chiamarla. Il poeta in seguito prese casa insieme alla principessa e alla figlia nel palazzo mediceo di Ottaviano (lungo le pendici del Vesuvio), messo loro a disposizione dalla principessa Maria dei Medici. I Medici rimasero, infatti, padroni del castello fino al 1894, anno della morte dell’ultimo discendente di questa famiglia, Giuseppe, di cui Maria era figlia. Nel 1893 il poeta lasciò per sempre la Campania per ritornare a Pescara, mentre la Gravina e la figlia si trasferirono a Roma dove presero casa. Ma se come marito e amante, D’Annunzio fu infedele e inaffidabile, come padre lo caratterizzarono la tenerezza e disponibilità, seguendo i suoi vari figli con attenzione nel loro percorso di vita e di studi. Lo fu anche con Renata, la figlia prediletta, da lui chiamata amorevolmente Cicciuzza, mentre la passione tra il poeta e la sensuale contessa finirà, come spesso avveniva e avviene fra menzogne, ricatti e volgari inganni. L'educazione della giovane venne affidata nel 1903 al prestigioso Collegio di Poggio Imperiale a Firenze dove ricevette un’ottima formazione culturale. Questa decisione venne presa in maniera univoca dal padre - che voleva sottrarsi ai frequenti contrasti con la madre naturale - e fu favorita finanziariamente dall’attrice e amante del poeta Eleonora Duse che promise di pagare anticipatamente tre annualità della retta del collegio. A Maria Gravina toccò, invece, un destino molto triste: dopo Cicciuzza mise al mondo Gabriellino che D’Annunzio non volle mai riconoscere. Assediata dai debiti, finì i suoi giorni a gestire un albergo di terz’ordine a Montecarlo, secondo molti una vera e propria casa di tolleranza.