Nel corso degli ultimi 20 anni l'Italia è stata colpita da ben 7 eventi sismici di diversa gravità ed entità. Di questi, solo il più lontano nel tempo, quello che ha colpito San Giuliano di Puglia nel Molise il 31 ottobre del 2002, può dirsi definitivamente superato.
A che punto sono gli altri sei processi di ricostruzione per queste catastrofi naturali che si sono succedute nel tempo? Stiamo parlando del sisma del 6 aprile 2009 a L'Aquila, dei terremoti del 20 e 29 maggio 2012 in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, delle catastrofi del 24 agosto, 26 e 30 ottobre 2016, 18 gennaio 2017 nel Centro Italia, ossia nel Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche, del sisma del 21 agosto 2017 ad Ischia (Napoli); del 14 agosto 2018 in Molise e del 26 dicembre 2018 dell'area Etnea.
A ben vedere, tutte le progettazioni e ricostruzioni, sebbene a diversi livelli di attività, sono ad oggi in corso. Solo il primo poi, il sisma del 2009 che ha colpito L'Aquila e i Comuni limitrofi, è giunto al termine dal 2012, dalla condizione emergenziale e le attività di ricostruzione sono state ricondotte alle procedure ordinarie. La governance è stata affidata ad una struttura di missione presso la presidenza del Consiglio dei ministri che la esercita per il tramite di due uffici per la ricostruzione. Ogni terremoto ha una sua governance e leggi differenti alla base, che disciplinano in maniera autonoma le varie attività di rifacimento.
Del sisma 2009 si è detto, quello del 2012 è stato affidato, invece, a Commissari delegati nelle persone dei presidenti di Regione. Quello del 2016, nel Centro Italia, a un Commissario straordinario, Giovanni Legnini, ex vicepresidente del Csm (Consiglio superiore della magistratura) con quattro vicecommissari individuati rispettivamente nei presidenti delle Regioni interessate dal sisma: Nicola Zingaretti, Marco Marsilio e Francesco Acquaroli. Anche il terremoto di Ischia ha un suo Commissario straordinario. Una ricostruzione dura in media 10 anni e tutte hanno un elemento comune: si riescono a riedificare abbastanza velocemente le strutture relative ai privati, mentre la parte pubblica, relativa al patrimonio artistico e culturale, è sempre la più difficile e delicata da affrontare e completare, spesso per i vincoli, anche paesaggistici, cui sono sottoposti beni di pregio e valore storico.
Da questa breve analisi emerge che tutte le ricostruzioni hanno modelli e approcci differenti, tanto che si parla del modello L'Aquila, di quello dell'Emilia-Romagna, dell'Umbria-Marche e dell'Italia centrale, che rispondono a singole normative e organizzazioni. Tanta disorganicità non sostiene la velocità delle ricostruzioni; se durante l'emergenza non ci sono dubbi sulla catena di comando e controllo attraverso la protezione civile, finita questa fase, si entra nella variabilità delle varie leggi, adottate di volta in volta dal Parlamento.
Da più parti quindi, soprattutto tra gli addetti ai lavori, viene evidenziata la necessità di dare uniformità alle ricostruzioni, il che non significa che siano tutte uguali, così come non lo sono le emergenze. È infatti possibile costruire un modello unico per le ricostruzioni post-sisma, che rispetti le particolarità dei territori, ma che consideri che le stesse possono tutte essere pianificate e organizzate in un modello adattabile ed esportabile. Si tratta quindi di omogenizzare le diverse discipline che regolano i processi di rifacimento, attraverso un disegno di legge che deleghi il Governo all'adozione di un "Codice della ricostruzione", che costituisca il riferimento per disciplinare futuri processi di ripristino e che, nel contempo, assicuri stabilità e sviluppo nei territori post-calamità. Spesso, infatti, a causa dei lunghi tempi di ricostruzione, i territori oggetto di eventi catastrofici subiscono un effetto "spopolamento" che, come in alcuni territori del Centro Italia, ha raggiunto livelli preoccupanti.
Un altro elemento essenziale si circostanzia nella necessità di rafforzare e stabilizzare l'azione pubblica, attraverso un organo presso la presidenza del Consiglio dei ministri che possa costituire un modello istituzionale, idoneo a garantire la continuità e l'efficienza degli interventi, superando l'attuale frammentazione. In particolare, è stata evidenziata l'urgenza di individuare un soggetto istituzionale nazionale che, operando d'intesa con le Regioni e i Comuni interessati secondo un piano d'azione su più livelli, si occupi di stabilire criteri di ricostruzione basati sulle recenti best practice e di predisporre piattaforme digitali, con quadri conoscitivi a livello territoriale, anche attraverso il coinvolgimento degli organismi scientifici e delle Università. Si tratta di una policy stabile di ricostruzione e messa in sicurezza del territorio, ispirata ai principi di semplificazione, legalità, economicità, efficienza, partecipazione e alla realizzazione delle finalità dello sviluppo sostenibile, dell'efficienza energetica, della connessione digitale.
Urge individuare una ordinarietà dell'emergenza ricostruzione e promuovere nel nostro Paese una vera e propria cultura della prevenzione. Se con riferimento ai terremoti l'Italia paga, per così dire, la sua morfologia geografica, parimenti sconta una carenza strutturale sul lato della predetta salvaguardia: solo da pochi anni ci si sta muovendo anche sul piano economico, con incentivi fiscali come il sistema dei bonus e l'Eco-bonus.
È quindi il momento di puntare a un database nazionale dove registrare tutti gli interventi sugli edifici che hanno beneficiato degli incentivi fiscali come Eco-bonus e Sisma Bonus e, soprattutto, pianificare un reale percorso di miglioramento sismico dell'intero Paese, non un semplice periodico monitoraggio di tipo economico-finanziario: occorre un quadro completo, per valutare quanto effettivamente è diminuita anche la vulnerabilità geologica del Paese. È necessario, invece, avere un portale unico dove operatori e professionisti che accedono, possano reperire sia le informazioni di natura energetica, sia quelle di natura tecnica, economica, normativa e morfologico strutturale.