Se possibile, possiamo anche smettere di parlare per un attimo della sceneggiata dei 5 stelle - un partito populista, demagogico, antiparlamentare che ha fatto del trasformismo e dell'opportunismo politico e parlamentare la sua cifra distintiva -; della nuova identità e del "nuovo corso" del Pd di Letta sempre più lontano dalle sue ragioni fondative; della "federazione" del centro destra che interessa poco alla politica italiana e anche, almeno così pare di capire, agli stessi partiti di quello schieramento.
No, in attesa di vedere come finirà al Senato la discussione e il voto sulla ormai famosa legge Zan, è riemersa forse - una nuova "questione cattolica" nel nostro Paese.
Certo, il tema è antico e periodicamente risuona nelle corde del dibattito politico italiano. E, come ovvio e persin scontato, è destinato a cambiare registro e coordinate di volta in volta. Ma un fatto è indubbio. Attorno al dibattito sulla legge Zan sono emersi almeno 3 elementi che portano, giustamente, a parlare di una nuova e inedita "questione cattolica".
Innanzitutto non esiste più un partito di riferimento per la maggioranza dell'area cattolica italiana. La Dc, come il Ppi, appartengono ormai alla storia della politica italiana; i partiti personali vivono alla giornata e hanno come principale priorità quello di aumentare i follower del "capo" a livello quotidiano; e infine non esiste più una classe dirigente di riferimento. A livello politico e culturale. Sono costanti diverse dal passato ma che non possiamo non prendere in seria considerazione.
In secondo luogo è tramontata la cosiddetta "cultura della mediazione". Un elemento, questo, che ha rappresentato storicamente un asset costitutivo e decisivo della tradizione del cattolicesimo politico italiano. Una prassi che ha permesso di superare storiche difficoltà e radicali contrapposizioni che si manifestavano all'attenzione della politica tra i vari partiti in quel particolare momento storico. E proprio grazie alla "cultura della mediazione" i cattolici italiani sono diventati nel tempo classe dirigente e, soprattutto, hanno saputo incidere e condizionare la stessa evoluzione della politica italiana.
In ultima istanza si corre il serio rischio che, di fronte all'assenza di un partito - o più partiti - di riferimento, di fronte alla sostanziale assenza di una classe dirigente autorevole e qualificata e di fronte ad una assenza di una cultura politica di ispirazione cristiana capace di orientare e condizionare le scelte dei singoli partiti, il rapporto ritorna a essere quello tra la Chiesa italiana, nelle sue diverse articolazioni, e il potere politico. Cioè il governo e il Parlamento. Insomma, e pur senza volerlo, a un rapporto diretto e non mediato tra il "potere temporale" e il "potere spirituale".
Ecco, proprio di fronte a un quadro del genere, riemerge in tutta la sua complessità una nuova e diversa "questione cattolica". Ed è per questi motivi che si rende sempre più necessaria una presenza pubblica dei cattolici. Laica, ma profondamente ancorata alla cultura e alla tradizione del cattolicesimo politico italiano. Coerente, ma senza alcuna deviazione clericale o confessionale. E coraggiosa, senza inchinarsi all'ormai imperante "politicamente corretto" che detta le condizioni dell'agenda politica inseguendo le mode. Solo così si potrà affrontare, seriamente e senza complessi di inferiorità, la nuova ed inedita "questione cattolica".
Giorgio Merlo