Dopo Caruso e prima di Pavarotti, Giuseppe Di Stefano, di cui il 24 luglio si celebrano i 100 anni dalla nascita, avvenuta nel 1921 a Motta Sant'Anastasio, in provincia di Catania, è stato il cantante lirico più popolare e quello che ha contribuito a svecchiare l'immagine tradizionale del cantante d'opera, che passa dal palcoscenico della Scala calcato per anni a quello dell'Ariston per il festival di Sanremo 1966 (dove interpretò 'Per questo voglio te' di Mogol), che non ha peli sulla lingua, ha fascino ed è comunicativo, e per di più è stato a lungo il partner di Maria Callas, con cui ha avuto anche una storia d'amore. Le cronache parlavano di lui, divo di charme e senza istrionismi, come il ''cantante che aveva sempre privilegiato l'istinto rispetto alla cosiddetta tecnica, la sregolatezza rispetto al genio'', come ha scritto il musicologo Gianni Gori in una biografia a lui dedicata, 'Voglio una vita che non sia mai tardi'.
Un qualcosa che risultava evidente se si paragonava questo esuberante siciliano ad artisti dalle personalità rassicuranti della generazione precedente come Beniamino Giglio o Tito Schipa. Naturalmente moderna era anche la sua voce, espansiva, generosa nel darsi, solare, sensuale, nitida nel far risaltare la parola nel contesto musicale, incisiva pur nel fraseggio suadente e incalzante, sfruttando una eccezionale e naturale ricchezza di armonici, tanto che, sempre Gori, parla di ''grande fragranza: come spezzare un pane croccante appena sfornato''.
Con la Callas cantò per la prima volta assieme in una 'Traviata' diretta da Tullio Serafin a San Paolo, in Brasile. Da allora, con rara affinità artistica e capacità di non prevalere uno sull'altro, diventarono la celeberrima ''coppia del belcanto'' e non smisero mai di esibirsi in giro per il mondo in opere e concerti con i più grandi direttori d'orchestra. Un momento culminante del sodalizio fu nel 1955, protagonisti della storica 'Traviata' diretta da Giulini con regia di Luchino Visconti, che Di Stefano lasciò dopo la prima recita per pretestuosi contrasti con lei, ritrovandosi un anno dopo in 'Un ballo in maschera', edizione diventata storica per l'altezza del risultato, diretto da Gavazzeni. La loro storia d'amore fiorisce però tardi, nella prima metà degli anni '70, quando Di Stefano con la sua carica umana convince Maria a tornare a esibirsi in recital e duetti in giro per il mondo, da Germania o Francia a Giappone e Australia, applauditi più per il loro carisma prestigioso che per le voci oramai stanche. Come cantante Di Stefano nacque a Milano, dove suo padre era calzolaio, nel coro di un seminario di Gesuiti, poi studiò con Adriano Torchio, tenore nel coro della Scala e vinse un primo concorso per 'Voci grezze', ma fu l'inizio di una carriera, spesa dividendosi tra lirica e canzonette, sino al debutto il 20 aprile del 1946 a Reggio Emilia, nel ruolo di Des Grieux nella 'Manon' di Massenet, dal successo immediato, seguito da altri ingaggi in tanti teatri e dal debutto alla Scala nel 1947 sempre in 'Manon'. Negli anni Cinquanta diventerà uno degli artisti di riferimento del teatro milanese con 26 titoli, 43 produzioni e 185 recite. La sua versatilità lo vedrà impegnato nelle opere più varie, da 'Tosca' a 'Rigoletto, dalla 'Sonnambula' ai 'Pagliacci', 'I pescatori di perle' o 'L'amico Fritz', arrivando a cantare con grandi nome, come Renata Tebaldi, diretto da bacchette tra cui anche quella di Toscanini.
Da ricordare la sua partecipazione straordinaria al 'Pipistrello' di Strauss diretto da Karajan nel 1960, operetta nel cui secondo atto per tradizione si invitano famosi artisti ad esibirsi con pezzi ad libitum e Di Stefano cantò 'O sole mio' e 'Dein ist mein ganzes Herz' di Franz Lehár, trascinando il pubblico al delirio, come prova la registrazione live della serata. Nel 1975 gli morì di cancro l'amata figlia Luisa. Ritiratosi, visse gli ultimi 30 anni della sua vita dedicandosi all'insegnamento tra la Brianza e il Kenya, dove nel subì un'aggressione per rapina che lo portò a morte il 3 marzo 2008, dopo una lunga agonia. A favorirlo nella vita e nella carriera, nonostante fosse noto e temuto anche per le sue bizze e i suoi forfait, il suo fascino personale, che lo portò al grande successo anche in America, e la sua capacità di mettersi in gioco con naturalezza, come quando partecipò a trasmissioni tv quali 'Il musichiere' e il 'Teatrino' di Walter Chiari dove cantò 'O mia bèla Madunina', o quando, in occasione del suo ''scandaloso'' Sanremo, dette la celebre risposta al giornalista Pier Maria Paoletti: ''Faccio il cantante e canto quel che mi offrono. Non capisco che differenza ci sia fra una canzone e una romanza d'opera. Noi facciamo i cantanti per i quattrini, perché la gloria l'attacchiamo al tram''.