Nulla. Non c’è nulla che giustifichi questa farsa. Non c’è un solo numero, una sola ragione che testimoni la necessità di approvare con urgenza in Italia una legge contro l’omofobia. Checché ne dicano Enrico Letta, i suoi compagni grillini e i media mainstream che li fiancheggiano, nella nostra Nazione non esiste alcuna emergenza in tal senso. I reati contro i minori e le donne - solo per fare due esempi - sono e restano di gran lunga più numerosi e gravi di quelli ai danni degli omosessuali. Che naturalmente esistono e devono essere perseguiti con la massima determinazione. Tuttavia, ed è questa la cosa più importante, già oggi il nostro ordinamento prevede tutti gli strumenti necessari a punire severamente e adeguatamente atti di violenza nei confronti di chicchessia, per esempio considerando le aggravanti “per futili motivi”.
Se ne vogliono introdurre di nuove e più pesanti? Bene, lo si faccia. Ma cosa centra questo col ddl Zan? Nulla di nulla. Il ddl Zan è invece il tentativo d’imporre una nuova inquisizione arcobaleno. Il reato di omofobia, infatti, è caratterizzato da una totale incertezza giuridica, il cui effetto sarà quello di rendere l’applicazione della norma totalmente discrezionale. A prevalere non sarà l’imperio della legge, ma l’arbitrio del singolo magistrato. Con il risultato di esporre legittime affermazioni rientranti nella libertà di opinione e anche di sdegno nei confronti di determinate pratiche - lo sdegno è ancora consentito o vale solo per la strumentale polemica anticasta? - al rischio di essere tacciate di omofobia e per questo perseguibili. Inoltre Pd, M5S e Leu fingono d’ignorare che il ddl Zan nella sua versione attuale è politicamente morto in seguito alla nascita del governo Draghi: il quadro politico che aveva portato alla sua approvazione alla Camera da parte della maggioranza che sosteneva il Conte-bis è oggi radicalmente mutato.
Se la legge Zan si limitasse a imporre pene più pesanti per atti concreti di violenza o discriminazione nessuno avrebbe nulla da ridire. Ma così non è. Il vero obiettivo di questo manifesto culturale travestito da atto normativo è costruire una nuova antropologia negatrice del diritto naturale e finanche della differenza biologica dei sessi, costruendo tutta una serie di attività di “propaganda gender” (la giornata nazionale del 17 maggio, i corsi nelle scuole, anche a bambini di 10-12 anni, la “rieducazione” di chi viene condannato) che evidentemente servono a condizionare le libere opinioni, più che a proteggere le eventuali vittime. La verità è che di queste ultime, delle loro sofferenze e dei loro problemi interiori non frega nulla a nessuno. L’autentica intenzione dei proponenti è impedire il dissenso, imporre la cultura gender e della omogenitorialità da ottenere anche attraverso la pratica criminale dell’utero in affitto.
Vogliono trasformare l’omosessualità, una situazione personale assolutamente trasversale - che tra l’altro ha sempre fatto parte dei nostri costumi fin dai tempi di Atene o dell’Impero Romano - in un programma politico pubblico e aggressivo, nel nuovo pensiero unico da imporre con una legge liberticida. I sostenitori della legge intendono fare in modo che chi si oppone ai nuovi inquisitori sia impossibilitato ad esprimere le proprie idee e tacciato come omofobo. Chi avrà l’ardire di alzare la voce, finirà immediatamente catalogato come istigatore all’odio e dunque passibile di una pesante condanna penale. Alzi la mano chi non ha considerato indecente per non dire altro il protagonista che, in occasione dell’ultimo Gay Pride, è andato in giro sculettando facendo la macchietta di Gesù con tanto di maxi-croce di cartone sulle spalle. Ebbene, se la legge Zan sarà approvata, esprimere questo giudizio significherà esporsi al rischio di finire davanti ad un giudice. È questa la tolleranza dei nuovi intolleranti?
VINCENZO NARDIELLO