La pizza napoletana è riuscita nell'impresa. Ricevuta la denominazione di patrimonio mondiale dell'Unesco, può ostentare i segno del successo in qualsiasi momento e in ogni punto della terra. Conquista non ancora completata, né tantomeno finora riconosciuta, dalla bistecca alla fiorentina, meritevole anche lei in ogni caso della denominazione, cha tarda ad arrivare. E in fin dei conti, non si capisce bene perché. La commissione Unesco avrà a i suoi bravi motivi per tenere momentaneamente in considerazione la domanda, laddove la mitica bistecca il riconoscimento se l'è meritato nei secoli.
Adesso tocca al vino. Sì, al Chianti. Prossimo al via un progetto condiviso per diventare patrimonio mondiale. Una lunga e non facile battaglia attende una delle zone vinicole tra le più conosciute e apprezzate al mondo. La Regione Toscana e i Comuni del Chianti hanno dato l'avvio all'iter per far diventare l'ampia area patrimonio mondiale Unesco. Il progetto coinvolge sette Comuni del Chianti. Barberino, Tavernelle, Castellina, Castelnuovo Berardegna, Gaiole, Greve, Radda, San Casciano Val di Pesa. Sì, del gruppo fa parte anche Gaiole in Chianti, che all'inizio sembrava volesse intraprendere una strada diversa. Individuale, tutta sua.
Guardando in faccia la realtà delle cose, si potrebbe affermare che il Chianti ha firmato una pace interna proprio a beneficio della questione Unesco. Gaiole è tornata con gli altri comuni, a capo di mesi di polemiche anche aspre. Sotterrata l'ascia di guerra, ha deciso di aderire al progetto di i iscrizione dell'area del Chianti classico al registro dei siti patrimonio mondiale dell'Unesco.
Una inversione di rotta non immaginabile fino a qualche mese fa. L'amministrazione guidata da Michele Peschini sembrava infatti orientata a giocare una partita personale tra rivendicazioni storiche e confini geografici magari troppo allargati. Il tiro è stato corretto e anche Gaiole vuole essere tra i protagonisti di questo percorso. "Non pensavamo di essere in possesso della verità assoluta – rammenta il sindaco elencando i motivi che hanno portato al ripensamento – quando per alcuni anni abbiamo detto no alla proposta di portare il Chianti come patrimonio Unesco. Il territorio non ne avrebbe tratto giovamento, perché la nostra storia afferma altro".
Il cambio di rotta è spiegabile nell'aggettivo "classico". Una zona ben delimitata che ora è in prima fila, a mo' di fiore all'occhiello, nel protocollo di candidatura. Anche l'altra volta, ad onor del vero, l'area che sarebbe stata tutelata corrispondeva a quella circoscritta adesso. Laddove il parere dell'amministrazione di Gaiole in Chianti è completamente diverso. "Oggi siamo al cospetto di un progetto strutturato, che va indietro nei secoli e mette sul piatto le ragioni che differenziano questa parte di Chianti". Differenze che appaiono comunque sostanziali.
Non esistono ancoraa certezze. Al momento è possibile parlare solo di prospettive. Il lvoro sui contenuti è appena agli inizi. La prima tappa, uno studio multidisciplinare del terriiorio, sarà presentata successivamente alla richiesta della lista propositiva nazionale. Nessuna firma è stata appasta i calce al progetto condiviso, non c'è ancora nero su bianco. Ma esiste, c'è, è vero al cento per cento, il protocollo sottoscritto dalla Regione Toscana, dai sette Comuni del Chianti Classico, dal Consorzio vino Chianti classico e dalla Fondazione per la tutela del territorio Chianti Classico Passaggio. Un iter complesso ma fondamentale che richiede basi solide.
Il momento storico particolare, ovvero questo, consiglia di remare tutti dalla stessa parte. Avanti in un'unica direzione, d'amore e d'accordo, senza finte o passaggi all'indietro. "Ma questo – tiene a ribadire il sindaco di Gaiole – non significa che il passato sia stato dimenticato o azzerato". Il percorso per la nuova denominazione di Gaiole con l'aggiunta di "storico", dopo Chianti, è ancora lontano dall'essere concluso.
Ma ognuno è oggi disponibile a recitare la propria parte. La buona volontà di tutti comunque c'è e servirà: la domanda deve passare il vaglio del Mibact e del ministero della Transizione ecologica. La parola definitiva dovrà pronunciarla la Commissione Italiana per l'Unesco. Solo allora si potrà parlare di semaforo verde, ovvero il via libera. In quel caso, e solo in quello, il Chianti entrerà a fare parte della lista propositiva da trasmettere alla rappresentanza italiana presso l'Unesco.
Saranno predisposte le candidature vere e proprie, composte da un dossier e da un piano di gestione messo insieme dai ministeri competenti. Il tutto verrà poi sottoposto al World Heritage Center. Il Chianti può diventare l'ottavo sito toscano patrimonio dell'umanità.
Alla salute, con un buon Chianti. Il presidente regionale Eugenio Giani parla di un progetto che "conterà sulla capacità di questo territorio di fare rete e sulla storica vocazione a produrre crescita e sviluppo attraverso la collaborazione". Traducibile il tutto in unione di risorse, visione aperta e condivisa del futuro. In nome del Chianti. In vino veritas.
Franco Esposito