di ROBERTO ZANNI
Una delle storie più tristi e tragiche della marina mercantile italiana. Era il 26 luglio 1956 quando l'Andrea Doria, transatlantico della 'Italia - Società di Navigazione', orgoglio e lusso del made in Italy naufragò in seguito alla collisione con la nave svedese Stockholm. Non lontano dalle coste degli Stati Uniti perirono 46 persone dei 1706 passeggeri che erano a bordo. Ma domenica scorsa al New Jersey Maritime Museum di Beach Haven, 65 anni dopo, la sirena da nebbia dell'Andrea Doria è tornata a far sentire la propria voce, per ricordare quel disastro in mare. Un momento commovente in particolare per Corrado Sigona che nel 1956 era a bordo del transatlantico, aveva 16 anni e dalla Sicilia stava per raggiungere il padre a Brooklyn. Uno dei sopravvissuti che domenica era presente alla cerimonia. "Stavo per andare a letto - ha raccontato ricordando quella notte che per sempre rimarrà nella sua mente - sentii un colpo forte, sapevo che dovevamo attraccare al molo di Manhattan e ho pensato che forse eravamo già arrivati".
Purtroppo non era così. "La gente correva, i bambini con le loro madri piangevano - ha continuato Sigona - più tardi, forse un paio di ore, il capitano diede l'ordine di lasciare la nave". Se in seguito a quella collisione per l'Andrea Doria non ci fu nulla da fare, fu inghiottita dall'Oceano Atlantico, nel 2016 due subacquei del New Jersey, Joe Mazraani di Milestone e Tom Zajac di Washington Township hanno ritrovato una delle due sirene da nebbia del transatlantico a una profondità di quasi un'ottantina di metri. Ma raggiungere il relitto della nave italiana, se da una parte in questi decenni ha attirato una moltitudine di appassionati, dall'altra si è dimostrata una avventura altamente pericolosa, a causa della profondità, delle forti correnti e della scarsa visibilità. E 22 subacquei hanno perso la vita cercando di raggiungerla e recuperare parti della nave.
"È come camminare nello spazio - ha spiegato Zajac - sei davvero solo lì". Zajac e Mazraani, capitano della Tenacious, barca per le immersioni e presidente dell'Atlantic Wreck Salvage, però sono riemersi con la sirena da nebbia nell'agosto 2017: un lavoro di recupero durato una settimana. E c'è voluta una squadra intera composta Mike Dudas di Westchester e Andrew Nagle di Media, Pennsylvania, Steve Gatto di Sicklerville, Tom Packer di Berlin e Richard Simon di Coventry nel Connecticut. Poi da quel momento sono stati necessari 4 anni per il restauro completo della sirena da nebbia, una Super Tyfon, prodotta dalla Kockumation di Malmoe, in Svezia, azienda ancora in attività che si è occupata del ripristino dei meccanismi da suono, mentre Scott Ciardi, nel Massachusetts, per due anni ha lavorato per combattere la corrosione.
Mazraani aveva un obiettivo: far risuonare la sirena nel giorno del 65º anniversario della collisione, il 25 luglio 2021. E il New Jersey Maritime Museum di Beach Haven ha ospitato la cerimonia, riunendo i subacquei, gli artigiani che hanno riportato la sirena alle condizioni originali, gli studiosi di naufragi e soprattutto i sopravvissuti a quel disastro.
"Fantastico ritrovare questo pezzo della nave - ha aggiunto Mazraani - ma sono le storie di chi era a bordo quella notte a dare alla sirena un significato". Un giorno speciale anche se la sirena da nebbia, ritrovata e restaurata, non si fermerà al New Jersey Maritime Museum. Infatti nelle complesse vicende che riguardano la proprietà dei ritrovamenti negli oceani di manufatti appartenenti a navi naufragate, per quello che concerne l'Andrea Doria si deve andare da Tom Moyer della Moyer Expeditions che ne detiene i diritti, ma che ha permesso a Mazraani di conservare il pezzo ritrovato e di esibirlo alle mostre che si susseguiranno a quella del 65º anniversario dell'affondamento dell'Andrea Doria.
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DI NOTTE LA TRAGICA COLLISIONE
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Erano le 23,05 del 25 luglio 1956:
l'inizio della fine della nave-mito
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Erano le 23,05 del 25 luglio 1956 quando avvenne lo scontro al largo delle coste del Massachusetts: la prua della nave svedese Stockholm che si infila nella fiancata dell'Andrea Doria, squarciandola. Una falla enorme, in un attimo imbarcate oltre 500 tonnellate di acqua, l'inizio della fine per il lussuoso transatlantico italiano. Dei 1706 a bordo (1.134 passeggeri, 572 l'equipaggio) ne morirono 46. Ma le operazioni di soccorso furono a dir poco perfette sotto gli ordini di un comandante-eroe: Piero Calamai. Un SOS raccolto da diverse navi in particolare la Ile de France che, invertendo la rotta, si diresse verso la zona del naufragio.
E alle 5 del mattino a bordo erano rimasti solo gli ufficiali con Calamai che soltanto all'ultimo, da vero capitano, lasciò la nave ormai vicina a scomparire per sempre nelle acque dell'Oceano Atlantico, sui fondali di Nantucket. Dopo la tragedia, a New York le indagini andarono avanti per mesi e alla fine della vicenda giudiziaria (gennaio 1957) la nebbia fu considerata responsabile del disastro (nonostante gli svedesi avessero affermato che non c'era in contrasto con le testimonianze italiane) anche se altre concause vennero alla ribalta durante il processo con misteri però che sono rimasti tali nel tempo, fino a oggi. La Stockholm, successivamente riparata, cambiò più volte proprietà e nome, fu chiamata anche 'Italia Prima'.