CHI E' MARCELL JACOBS

"La vita di Marcell è stata un grande sacrificio. È vissuto senza padre e gli ho fatto da papà e mamma. Ha superato tante difficoltà e ora si merita tutto. Avevo detto che era il nuovo Bolt. Lo ha dimostrato, è il più veloce". Sono queste le prime parole della mamma di Marcell Jacobs, campione olimpico nei cento metri. E, in effetti, la vita dell'azzurro non è stata sempre rosa e fiori.

Nato a El Paso, in Texas, nel 1994 da madre italiana (Viviana Masini) e padre texano (un militare conosciuto a Vicenza), è e si sente completamente italiano (anzi, ammette di non cavarsela bene con l'inglese) perché fin dai 18 mesi è in Italia che è cresciuto. Si trasferì a Desenzano del Garda quando il padre venne stanziato in Corea del Sud, ovvero pochi giorni dopo la sua nascita, a seguito della decisione della madre di non seguirlo. Iniziò a praticare l'atletica leggera all'età di dieci anni, prediligendo in un primo momento lo sprint, e scoprendo il salto in lungo a partire dal 2011. Con il genitore ebbe sempre un rapporto complicato, finché - da adulto - non arrivò una riconciliazione. "Non è ancora tutto risolto però almeno adesso ci parliamo - ha affermato in un'intervista - il traduttore di Google mi dà una mano con l'inglese".

Padre di tre figli, da bambino sognava di diventare come Pietro Mennea. "Anche se non l'ho mai conosciuto, ne ho sempre ammirato la fame, gli allenamenti e la voglia di portare in alto l'Italia con l'etica del lavoro", spiega. E in un campione si è trasformato, a poco a poco: se all'inizio era lo sprinter talentuoso che perdeva i confronti diretti con Filippo Tortu (anche lui arrivato in semifinale qui a Tokyo: dove però si è fermato) e che aveva sempre una scusa buona a cui aggrapparsi: la fitta, il risentimento muscolare, la congiuntura astrale sfavorevole, poi ha mostrato un'altra faccia. Già agli Europei di Tortun, in Polonia, si è mostrato più consapevole e maturo, finalmente in grado di convogliare l'emotività nei canali giusti.

E lo hanno dimostrato i risultati: un primo record italiano (soffiandolo a Tortu) in 9"95 il 13 maggio a Savona, ritoccato in 9"94, poi 9"84, infine il trionfo a Tokyo, a dimostrazione che aveva ragione la mamma a definirlo l'erede di Bolt.

CHI É GIANMARCO TAMBERI

I giochi di Tokyo sono la sua rivincita. Dopo l'infortunio alla caviglia che lo ha privato di Rio 2016, Gianmarco Tamberi, 29enne di Ancona, ha vinto la medaglia d'oro nel salto in alto a Tokyo 2020.

Appassionato di basket, dal 2009 ha iniziato a praticare seriamente l'atletica sulla scia di papà Marco (finalista a Mosca 1980) e i risultati non sono mancati: è, infatti, l'unico azzurro ad aver vinto il titolo continentale outdoor (nel 2016) e indoor (nel 2019) nel salto in alto. Primatista italiano della specialità, Tamberi è stato prima soprannominato half-shave (mezza-barba) perché amava andare in giro con mezza faccia rasata e mezza incolta e poi Gimbo.

Ha un passato da batterista, avendo suonato nel gruppo 'The dark melody' con un classico repertorio rock anni settanta. Giusto la sera prima di partire firma la sua impresa sentimentale: ha chiesto alla sua fidanzata Chiara di sposarlo. Una proposta di matrimonio mostrata a tutti con un videoracconto sui social.

Di carattere allegro e gioviale è amato da tutti o quasi nel mondo dell'atletica. Sicuramente resteranno nella storia le immagini della sua gioia incontenibile e rigata di lacrime dopo la conquista della medaglia d'oro. Medaglia peraltro arrivata dopo un siparietto memorabile con l'amico-rivale Mutaz Barshim: "Two is better than one". Due è meglio che uno, così Barshim, sorridendo e guardando Tamberi, accetta l'oro ex aequo di fronte al giudice, dopo il pari merito nei salti. I due sono amici e hanno vissuto le stesse problematiche di infortuni che li hanno bloccati a lungo e costretti a rincorrere il tempo. L'azzurro perdendo anche le Olimpiadi di Rio 2016: "Mutaz è il miglior saltatore al mondo, non ci sono dubbi", ammette Tamberi, "per me invece - prosegue l'azzurro - è un sogno che si realizza".