Di “offensiva terroristica” parla il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, per dare la dimensione del più grave attacco hacker mai avvenuto nella storia nazionale, che ha preso in ostaggio i dati sanitari di tutti i cittadini residenti nel Lazio. E i cui effetti devastanti riguardano non solo le vaccinazioni, che riprenderanno con un sistema cartaceo, ma l’intera macchina sanitaria regionale, le cui prenotazioni sono al momento bloccate. Ed effettivamente in comune col “terrorismo” c’è la dimensione asimmetrica, l’effetto caotico che l’azione provoca, l’obiettivo della destabilizzazione che si nutre anche di simboli perché Roma è Roma, tra i dati sensibili ci sono Draghi, Mattarella, le alte cariche dello Stato e il cuore delle classi dirigenti nazionali. E il Lazio è il Lazio, chissà se è un caso: la Regione simbolo dell’efficienza nel contrasto al Covid e nella campagna di vaccinazione.

È evidente che c’è una fragilità “svelata” nelle nostre capacità di protezione, proprio mentre il Parlamento è impegnato nella discussione del decreto che istituisce una agenzia nazionale per cybersicurezza, dopo una discussione che si è colpevolmente protratta per anni. Ed è evidente che l’attacco introduce un elemento di fragilità, tensione, preoccupazione in una situazione già sufficientemente fragile, tesa e preoccupata, in un momento cruciale della campagna vaccinale alla vigilia di una annunciata quarta ondata. Le modalità dell’accaduto, basate su un ransomware – programma che blocca i computer fino al pagamento di un riscatto - non sono dissimili da quelle che hanno colpito, in piena terza ondata, un ospedale tedesco, causando la morte di una donna a causa della chiusura di un pronto soccorso e il sistema sanitario irlandese, costretto ad arrestare tutti i suoi sistemi informatici. Oppure dai ripetuti attacchi negli Usa, dalla rete di oleodotti di Colonial Pipeline che ha paralizzato circa 9mila chilometri di condutture alla società informatica Kaseya, che ha bloccato circa duecento compagnie americane che utilizzano il suo software. E che hanno portato l’amministrazione Biden ad accusare Russia e Cina di proteggere le organizzazioni criminali per compiere attacchi contro aziende e istituzioni dei paesi occidentali.

In particolare il governo cinese è stato accusato di essere responsabile della violazione del sistema di posta elettronica di Microsoft, usato da molte delle più importanti aziende del mondo, ma anche da istituzioni e forze armate. Anche per l’Italia la matrice è internazionale, tedesca, secondo quanto si apprende dal lavoro degli inquirenti. Ecco, questo “neo-terrorismo” lavora qui, nell’incrocio tra interessi economici internazionali e lo “scontento” locale, in quella “sfiducia vaccinale” che è tema dell’oggi, ma sta dentro quei fenomeni di esclusione che covano nelle società occidentali da oltre un decennio. Da quando il “forgotten man”, il ceto medio piegato dalla globalizzazione si è sentito “escluso” dal sistema, nel momento in cui è saltato il patto sociale che lo teneva e si è consegnato al rifiuto della politica e delle istituzioni. Di quell’esclusione il vaccino diventa una issue trans-politica, esistenziale, perché la paura non riguarda più e solo il “mio lavoro” ma il “mio corpo” e prende forma come sindrome della “cavia” nelle mani del Big Pharma che vogliono bonificare il pianeta.

Nella diversità delle specificità locali, la trama del conflitto è questa per cui i gilet gialli – ricca campagna francese che non riesce più a tenere, nell’epoca green, lo stesso lavoro agli stessi prezzi - sfilano con i no vax in un nuovo melting pot ideologico che somma due esclusioni, quella dalla redistribuzione e quella psicologica. E i forconi, nati ai tempi di Monti contro l’austerità, si ripresentano col generale Pappalardo che ulula contro le mascherine. È un mondo complesso, lo abbiamo capito: ci sono i “no-vax” ideologici, “boh vax”, delle varie gradazioni di scetticismo e della bassa scolarizzazione, che credono più alla “libertà” della rete che all’informazione istituzionale, manipolata per definizione, ci sono quelli che vanno sotto casa di Ricci, dopo aver incontrato Salvini, il cui elettorato di massa è molto più articolato in materia di vaccini, ma comunque il fenomeno riguarda quel pezzo della società che si percepisce come “escluso”, in quell’oceano di rifiuto delle istituzioni che da anni corrode le fondamenta delle società occidentali. Il Covid ha trasportato una parte dello scontento sul piano identitario ed esistenziale, terreno nuovo perché in questa coda del treno non ci sono più né destra né sinistra, che nella percezione dei passeggeri sono nei vagoni di testa. Ma questo poi è un altro discorso.

ALESSANDRO DE ANGELIS