di Franco Esposito
Sforbiciate in Rai, tagli ai budget delle reti, i partiti messi in un canto, e tanto altro imposto dal nuovo corso. Questo successivo alla dipartita di Salini e della sua sgangherata compagnia. Amministratore delegato da un mese, Carlo Fuortes ha ereditato una tv pubblica appesantita da un robusto deficit. "In tre anni l'azienda ha peggiorato i conti di trecento milioni". Non necessita essere aquile per capire come si è arrivati a questo rosso in bilancio che il nuovo ad intende azzerare: i soliti sprechi, le esagerazioni, il varo di scelte e programmi sbagliati.
Come se bastasse il dissesto economico, c'è poi la brutta, squallida, triste storia delle opere d'arte rubate. Quadri d'autore letteralmente e misteriosamente spariti dalle pareti di uffici e corridoi delle sedi di Roma e Torino. Furti commessi chiaramente su ordinazione: un Gattuso, un Carrà, due Barbault, solo per citare alcune delle opere sparite. Licenziato in tronco l'alto dirigente che aveva denunciato tutto alla Commissione di Vigilanza.
Buttato fuori Nicola Sinisi, sessantasei anni, ex direttore Canone in Rai, a sei mesi dalla pensione. La sua colpa? Aver denunciato e dato del bugiardo all'ex amministratore delegato Salini. "Mentì su un'opera, il presepe laico di Marco Lodola, mai esposto in Rai nel previsto periodo natalizio, adottato poi dagli Uffizi, a Firenze". Salini ne aveva fatto annunciare l'inaugurazione ufficiale e la relativa esposizione in due servizi tramessi dai telegiornale. Il presepe non è stato mai esposto; quei due servizi raccontavano una menzogna.
Carlo Fuortes, manager della cultura, già sovrintendente dell'Opera di Roma, è stato spedito in Rai da Mario Draghi. Con un compito preciso e ineludibile: risanare la Tv di Stato. Sotto la lente d'ingrandimento e quindi sotto accusa le spedizioni e la copertura dei servizi in terre straniere durante la visita del Pontefice come del premier o di quaache ministro. Servizi senza badare a spese. Non accadrà più: i tagli, autentiche sforbiciate, incideranno sull'intero apparato Rai.
Primo esempio: a settembre, in occasione del viaggio apostolico di Papa Francesco in Ungheria e Slovacchia, solo due testare giornalistiche saranno autorizzate a partire. Cederanno poi le immagini alle altre due. I servizi verranno confezionati a Roma. Carlo Fuortes è stato chiaro: in Vigilanza ha comunicato che non saranno più approvati budget in perdita. L'obiettivo, senza andare per il sottile, è di azzerare il deficit di 57 milioni, accumulato dalla precedente gestione. "Gli interventi non incideranno sulla qualità dei prodotti, non avranno effetti sui palinsesti, però servono a riportare in pareggio i conti".
Rai1 dovrà sforbiciare un milione; altrettanto a Rai2 e Rai3 insieme. L'ufficio Studi dovrà tagliarsi del 25%, la Comunicazione di 150mila euro, praticamente il 4%. Una brutta botta per il Sociale, obbligato a subire una decurtazione del 30%, 300mila euro su un budget di un milione. I propositi sono contenuti nella lettera che Fuortes, d'intesa con la presidente Soldi, ha indirizzato ai dipendenti, il giorno della presentazione. "La Rai svolge un ruolo primario nella costituzione della coesione e inclusione sociale, e ha bisogno di avere il coraggio e le energie positive per innovare e sperimentare". I tagli dovranno essere realizzati da oggi a dicembre.
Innovare, per il nuovo ad Rai, significa anche imporre il "lei" a chiunque, dall'ultimo degli uscieri al più importante dei top manager. Una rottura col passato e con la prassi consolidata che lascia intuire quale potrà essere il nuovo corso in Rai. Fuortes opera sulle indicazioni di Mario Draghi. In azienda lo hanno ribattezzato Napoleone per via della postura con la quale si aggira nel palazzo. Mano sul petto e piglio decisionista.
L'imperativo dell'ex sovrintendete dell'Opera di Roma è la guerra a sprechi e incrostazioni. Il carrozzone Rai lottizzato dai partiti da trasformare in una Ferrari. E tutti sono stati informati tempestivamente: l'ad non intende interloquire soprattutto sulle nomine interne. Una prassi storicamente consolidata che va a farsi benedire, finita a buone donne con l'avvento dell'uomo di Draghi in Rai. "L'azienda in tre anni ha peggiorato la sua situazione finanziaria. Le perdite non possono essere ripianate dallo Stato", lo ha detto in Parlamento. La strada da seguire deve essere un'altra.
Questa: "In tre o quattro anni, se continuava con questa dinamica, si portavano i libri in tribunale. La Rai sarebbe fallita". Fuortes crede fermamente, in totale accordo con la presidente e il Cda che hanno votato all'unanimità a favore dei robusti tagli, che ci sia qualcuno disposto "a portare davvero i libri dell'azienda in tribunale".
Parole drammatiche, la fotografia di una situazione economicamente disastrosa. Ma, come spesso accade, non tutti sono convinti che la revisione del budget possa rivelarsi la panacea dei mali che affliggono la Rai. Il rappresentante dei dipendenti si è astenuto. Critico Riccardo Laganà, insieme con l'Usigrai, il sindacato dei giornalisti. "Il taglio sui costi è fuori da un piano industriale ed editoriale".
Frasi, parole, critiche, polemiche che non fanno arretrare di un passo il nuovo amministratore delegato. Fuortes è impegnato in una sorta di missione, su preciso mandato di Mario Draghi.