di Franco Manzitti
Genova, tre anni dopo il crollo del ponte Morandi, il 14 agosto 2018. La giustizia ha fatto due passi importanti. La ricostruzione viaggia con 15 mila passaggi al giorno sul nuovo ponte. Costruito in un modo record. Tale che non c’è discorso ufficiale nel quale non si citi il “modello Genova”.
Ma la Liguria è ancora più isolata del giorno fatidico in cui il Morandi si spezzò come un grissino. Inghiottendo 43 vite di passeggeri per caso sul suo chilometro e 67 metri di asfalto, sfarinato da anni di incuria.
Stanno preparando la cerimonia di commemorazione per il 14 agosto, a Genova, ore 11,37 con la presenza dei ministri di Grazia e Giustizia Marta Cartabia e dei Trasporti Enrico Giovannini.
Giovannini verrà a Genova per la prima volta, quale successore dell’ineffabile Danilo Toninelli, che regnava nel giorno della catastrofe. E della evanescente Paola De Micheli. Un supertecnico del governo Draghi, dopo l’ambientalista talebano Cinque Stelle e dopo la virago del Pd.
Sarà una cerimonia senza il presidente Draghi che ha declinato (non sarà nel suo stile, ma per i genovesi è uno schiaffo). Alla presenza dell’ex presidente dell’Istat e della ex presidente della Corte Costituzionale. Oscillerà tra l’orgoglio di chi ha ricostruito in 18 mesi il ponte crollato (il sindaco Marco Bucci e la sua squadra commisariale). Chi piange ancora i suoi morti ( la presidente del Comitato parenti vittime, Egle Possetti). E chi sta preparando per il 15 ottobre la prima udienza preliminare del processo che culminerà con il rinvio a giudizio di una cinquantina di imputati.
Il nuovo parco di Genova -
Intanto come formiche i tecnici dell’architetto archistar Stefano Boeri stanno perfezionando il progetto del parco che si deve costruire sotto il nuovo ponte. Un’opera che incrocia la memoria di quello che è successo con la ricostruzione di un’area. Che il crollo ha spezzato per più dei 250 metri precipitati dai cinquanta metri delle corsie sbriciolate. Perché la pila 9 aveva ceduto di schianto, dopo essere stata “tirata” per cinquanta anni dall’incuria dei concessionari e dei controllori. Che avevano lasciato marcire il cemento e il ferro impastati per la prima volta dall’insigne architetto Riccardo Morandi, nel disegno futuribile del Grande Ponte. Inaugurato nel 1967 dal presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, socialdemocratico di un’era che fu.
Sospesa tra strazio non cancellato e promesse di riscatto, la commemorazione avverrà in una Liguria che misura oramai da mesi un altro disastro, quello dell’isolamento. Indirettamente procurato da quel 14 agosto 2018, dal quale sono scaturite inchieste-detonatore sulla cui scia sono nate decine e decine di cantieri autostradali.
Questi da una parte riparano le manutenzioni mancate per decenni su tutta la rete ligure (più di 350 gallerie e un migliaio di ponti) e dall’altra rendono la regione difficilmente raggiungibile, come Blitzquotidiano ha già ampiamente raccontato.
Genova e la Liguria più isolate che mai -
In conclusione oggi, tre anni dopo quel crollo stra annunciato, la Regione è addirittura più isolata che nei giorni catastrofici seguiti alla tragedia di quella mattina di pioggia e di fulmini.
Ma questa partita non ha ancora mosso il governo di Roma a gettare un salvagente che non siano le opere già in itinere per agganciare il territorio genovese infrastrutturalmente al resto del Paese.
L’opera chiave, la famosa Gronda autostradale, aspetta ancora l’inizio dei lavori e un tracciato definitivo. È una supertangenziale la cui mancata costruzione ha provocato di fatto la consunzione del ponte Morandi e quindi il suo crollo. Tutti attendono che il ministro Giovannini venga a dare notizie in merito, nel giorno del terzo anniversario. Dopo che i suoi predecessori si erano contrapposti a questa soluzione. Toninelli fieramente contrario come i Cinque Stelle di quell’epoca. E la De Micheli favorevole salvo non compiere un solo passo in quella direzione.
Gronda già pagata, ma Genova resta isolata -
Ancorché già pagata dagli italiani con una quota dei pedaggi già accantonata, la Gronda, bassa o alta, in galleria per 40 chilometri o in superficie, è una specie di miraggio. Intorno al quale gira tutta la storia del Morandi, del suo crollo, della sua ricostruzione, dell’isolamento ligure. E delle balle che una classe politica assente da almeno un quindici anni in materia racconta impunemente.
Alla vigilia della prossima campagna elettorale comunale (aprile-maggio 2022) il tema è congelato, mentre la contesa relativa non entra neppure nella battaglia tra candidati e partiti.
Già di candidati in campo c’è solo il superfavorito sindaco uscente, Marco Bucci, che non ha bisogno neppure di spolverarsi la giacca con il successo della ricostruzione del dopo Morandi.
Lui e sopratutto il suo alter ego, Pietro Piciocchi, il vero astro nascente della politica genovese, un avvocato iper cattolico, lavorano come formichine dentro la città. Demolendo e ricostruendo un po’ in tutti i quartieri. Conquistandosi perfino l’adesione di forze un tempo avversarie come Italia Viva. Pronta a schierarsi con Bucci e contro il Pd “per i risultati e la visione” della maggioranza genovese di governo.
L’opposizione ha appena partorito, dopo una gestazione di mesi e mesi, un nuovo segretario del Pd, nella figura di Simone D’Angelo. Un trentenne della nuova guardia, vittorioso contro Federico Boero. un altro bravo ragazzo, ancora più giovane.
Ma ne il Pd né i suoi presunti alleati dei Cinque stelle, oramai divisi in fazioni e sottofazioni, dopo strappi divisioni e spersonalizzazioni, hanno in testa una visione del futuro. Né tanto meno una candidatura da contrapporre a Bucci, ai suoi sostenitori del centro destra e ai nuovi alleati di Forza Italia. Lanciati dalla ex zarina Pd, Raffaella Paita, oggi deputata renziana. Quella che si arrese a Toti nelle elezioni regionali di sei anni fa. Che bel passo: da nemica del centro destra a sostenitrice del sindaco manager scelto da Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Coraggio Italia!
Altro che battaglie pro Gronda e in spinta per le altre infrastrutture, sulle quali da anni si baloccano tutti mentre nulla di costruisce!
Nessuna opposizione per la rielezione del sindaco -
Bucci, il sindaco, adesso non ha nemmeno bisogno di gridare, secondo lo stereotipo che lo aveva caratterizzato nei primi tempi del suo regno genovese. L’opposizione, incappata in sequenza nel crollo del Morandi e poi nella pandemia, è un fantasma. Che si scolora nella vana ricerca di personaggi da mettere in campo.E di idee da contrapporre all’efficientismo del duo Bucci-Piciocchi.
Così Genova e la Liguria sono come entità isolate, nelle quali Bucci fa il suo lavoro dentro alle mura da manager amerikano, teso al risultato. E il presidente della Regione, Giovanni Toti, giunto al settimo anno di regno, non vede l’ora di decollare verso un ruolo nazionale. Un po’ sfiancato dall’emergenza pandemia, un po’ poco stimolato da una mancata contesa con la opposizione. Presente solo in battute e divertito dall’ultima mossa di Italia Viva, che gli si vuole affiancare. E alla quale ribatte che non si può pensare di sfilare la sedia da sotto al sedere di un alleato, tanto per il gusto di correre sul carro vincente.
Genova, isolata e con la terza cerimonia di anniversario per la più grande tragedia che l’ha colpita nel Dopoguerra, non riesce neppure a costruire il nuovo Ospedale Galliera. Riammodernando quello regalato a fine Ottocento dalla mitica Duchessa. Moglie di Luigi Raffaele De Ferrari, principe di Lucedio, il Rotschild genovese di quell’epoca, lo stesso che diede i soldi per costruire il nuovo porto alla città.
Coincidenze perfette: anche il porto va rifatto, come il Galliera -
E i primi finanziamenti sono già pronti, tra Recovery Fund e milioni dall’Europa. Ma mentre qui il processo sembra lineare, per l’ospedale la guerra va avanti da un decennio. E di mezzo ci sono lotte tra abitanti-residenti, con il Tar che accoglie le loro ragioni bloccando un’opera già in parte finanziata, disegnata e ultra attesa. Per sostituirne un’altra che ha, appunto, strutture ottocentesche e oramai fuori da ogni regola moderna.
Perfino il vescovo frate di Genova, monsignor Marco Tasca era sceso in campo, con il suo saio e i suoi sandali da francescano doc, per spingere la costruzione, dalla sua posizione per statuto di presidente dell’Ospedale.
Niente da fare. L’ultima sentenza del Tar ha bloccato di nuovo tutto e così Genova, in piena era pandemica è ferma ai suoi vecchi ospedali. Isolata, quindi,anche sanitariamente da uno sviluppo mancato. Che spiega un vero boom di fughe verso altre regioni per farsi curare meglio. Anche ora che le trasferte sanitarie sono molto rallentate dalle ostruzioni dei lock down.