Oggi, 11 settembre 2021, il mondo che consideriamo “civile” commemora i suoi morti dell’11 settembre del 2001. Saranno letti i nomi delle vittime, molti occhi si riempiranno di lacrime, suoneranno campanelli e si rispetteranno minuti di silenzio negli orari in cui i 4 aerei – che hanno cambiato l’odierna storia del mondo – si sono schiantati dentro le Torri gemelle, contro il Pentagono e in un campo della Pennsylvania per l’eroico suicidio di massa dei passeggeri, che hanno voluto salvare altri potenziali simboli della più antica democrazia occidentale.
Manifestazioni encomiabili e molto utili, perché ci libereranno l’anima dal dovere di affrontare fondamentali questioni spinose, difficili da discutere apertamente seppur profondamente necessarie per garantire un futuro vivibile al genere umano.
L’11 settembre del 2001 è stato uno di quegli eventi che cambiano la storia del mondo, come la caduta dell’Impero romano, le Crociate e il potere temporale dei Papi, l’apertura della Cina con Marco Polo, le colonizzazioni di Nord e Sud America, dell’Africa e dell’Australia e molti altri, raccontati come parzialmente cruenti. In realtà tutte queste azioni di costrizione, evangelizzazione e cancellazione del “diverso” sono state estremamente efferate, al di là e al di sopra degli spargimenti di sangue, perché con ognuna di esse è stato ridisegnato l’assetto delle libertà dei popoli di autogestirsi e garantita la divisione delle spoglie umane e delle ricchezze locali fra i conquistatori.
La prima guerra mondiale del ventunesimo secolo dell’era cristiana, all’inizio del terzo Millennio, è cominciata proprio in quella luminosa giornata di settembre, nella New York impegnata in una delle annuali assemblee dell’ONU e nelle primarie elettorali. Invece di fermarsi a cercare di capire le ragioni profonde degli orrendi atti terroristici di quel giorno, il neoeletto Presidente degli USA, da buon texano, ha sparato dal fianco contro il primo bersaglio della vendetta personale: l’Iraq guidato da un tristo figuro, responsabile di aver predisposto un complotto per assassinare suo padre. Nella sua rabbia, il leader USA non ha considerato che il feroce dittatore iracheno guidava uno Stato non teocratico, che in qualche modo riusciva a mantenere un equilibrio non esplosivo nel Medio Oriente. Quell’area era già martoriato da conflitti etnici e religiosi, scaturiti anche da decisioni concettualmente ispirate dal genocidio attuato durante la II Guerra mondiale, ma applicate senza previa concertazione con le comunità locali delle quali si ridisegnavano i territori. All’Iraq è seguito l’Afghanistan, che aveva già debellato decenni di sforzi dell’invasore russo, e l’uccisione di Osama bin Laden a opera del successivo presidente USA, totalmente dimentico dei Processi di Norimberga che avevano consentito la condanna e la punizione dei criminali della II Guerra mondiale davanti agli occhi di tutti, con una precisa, esaustiva documentazione storica. Non contento, preso dal delirio di onnipotenza, che spinge gli uomini a voler creare un mondo a propria immagine e somiglianza, questo stesso secondo presidente post 11 settembre, si è reso ispiratore della “liberazione dei popoli” (che forse non volevano essere liberati in quel modo) in Nord Africa, salvo lasciarli soli quando l’imposizione dell’esercizio della democrazia occidentale su millenari sistemi tribali ha fatto esplodere lotte interne e continui colpi di Stato. Il combinato sforzo degli errori dei due successivi presidenti USA – il terzo e il quarto di questo ventennio – ci ha regalato la tragedia attuale in Afghanistan, dove sono rimaste soltanto le donne a protestare, farsi picchiare e frustare per cercare – ahinoi inutilmente – di mantenere i primi assaggi di libertà per se stesse e per le proprie figlie. Nel Corano reinventato dalle interpretazioni della sharia talebana, le donne sono soltanto fattrici di figli, schiave di uomini scelti da altri come loro mariti e ombre invisibili prive di ogni diritto a vivere una vita di sapere e di contributo al Paese nel quale sono nate e sono state rinchiuse. Subito dopo aver finito di leggere i nomi delle vittime dell’11 settembre, ai quali andrebbero aggiunte tutte le vittime di tutti gli errori, già citati, di questo ventennio, i leader mondiali dovrebbero sedersi tutti insieme, chiusi a chiave in un luogo sconosciuto a giornalisti e social, per ridefinire il rispetto per le contraddittorie saggezze e le apparenti violenze nei comportamenti delle diverse razze, etnie e realtà sociali e trovare un modo per proteggere il futuro del mondo dalla disintegrazione politica e ambientale. Stiamo proponendo la convocazione di un Conclave di idee, che possano garantire la continuazione della vita nei secoli che verranno. Siamo ancora in tempo a farlo, ma non per molto.
(Carlo Cattaneo 1801-1869)