L'uomo dell'acciaio è in perfetta simbiosi con la città: dà lavoro a 3.500 persone e possiede tv e giornali locali, squadra di calcio e finanzia il Museo del violino.
Giovanni Arvedi è Cremona e Cremona è Giovanni Arvedi. Detta così, per chi conosce poco la realtà lombarda può sembrare un’esagerazione. E invece non lo è perché la storia della famiglia di imprenditori dell’acciaio - oggi agli onori della cronaca per aver comprato la storica acciaieria di Terni - è fortemente intrecciata a quella della città. Gli Arvedi infatti lavorano e commerciano metalli da più di due secoli nel cremonese e oggi l’azienda dà lavoro direttamente a 3.500 persone al netto dell’indotto. Ma il fondatore del gruppo, il Cavaliere del Lavoro Giovanni, è anche tanto altro: presidente di calcio, editore e filantropo. Tutto con al centro sempre il suo territorio.
Arvedi infatti è il classico imprenditore cattolico del Nord che non ha mai nascosto di ispirarsi al modello di impresa sociale di Adriano Olivetti, soprattutto nel rapporto con i propri dipendenti. In un’intervista di qualche tempo fa si rammaricava del fatto che a causa dell’espansione della propria azienda non poteva avere più un rapporto diretto con gli operai. “Purtroppo non li conosco più tutti di persona. In passato trascorrevo volentieri le mie domenica mattina in azienda per parlare con loro, una dimensione che oggi mi manca un po’”. Una spersonalizzazione inevitabile visto che il gruppo è ormai uno dei principali protagonisti dell’acciaio in Italia e in Europa, anche se il controllo familiare non è mai venuto meno: a 84 anni, il fondatore Giovanni ha lasciato la presidenza al nipote Mario, dopo 48 anni di regno indiscusso.
Gli Arvedi però sono simbioticamente legati al territorio cremonese non solo per le ricadute economiche e sociali della loro attività. Giovanni ha infatti acquistato la Cremonese, squadra di calcio che negli anni Ottanta ha passato diverse stagioni in serie A e lanciato campioni del calibro di Gianluca Vialli, quando rischiava un rapido declino, “pur non capendo nulla di calcio”, rivendica l’imprenditore; ha finanziato il Museo del violino, cosa di non poco conto visto che la città mondiale è famosa per essere la capitale mondiale della liuteria e ha dato i natali ad Antonio Stradivari; ha contribuito con la sua Fondazione filantropica a far sorgere in città un campus universitario gestito dalla Cattolica, visitato quest’anno anche dal presidente Mattarella; infine ha investito pesantemente nell’editoria locale, visto che oggi è proprietario della tv cittadina, Cremona 1, di un sito, Cremona Oggi, e di un giornale di carta, il settimanale Mondo Padano.
Del resto la passione per l’editoria per Giovanni viene da lontano: fu uno dei protagonisti della rinascita del Corriere della Sera dopo la nerissima vicenda della P2. Allora contribuì a salvare il giornale assieme all’avvocato Gianni Agnelli ma soprattutto assieme a due figure centrali di quell’area politico-culturale-finanziaria che possiamo ricomprendere nella denominazione di “cattolicesimo democratico” ovvero Giovanni Bazoli e Giuseppe Guzzetti. E qui passione imprenditoriale, orientamento politico-culturale e convinzione religiosa si fondono alla perfezione. Del resto per Arvedi la religione non è qualcosa che resta confinata alla dimensione privata e spirituale dell’individuo. “L’imprenditore cristiano viene sorretto e guidato dalla fede - ha detto in un’intervista -. Dobbiamo operare nell’interesse delle nostre imprese, della comunità in cui viviamo, per il nostro Paese, nel solco dei preziosi insegnamenti del Vangelo, senza danneggiare mai il nostro prossimo, dove vediamo la presenza di Dio”.