Di Maurizio Guaitoli
Informazione strategica: i “sòla” (quelli del gioco delle tre carte) non stanno solo a Roma o a Napoli. Infatti, il testimone del passe-passe è stato rilevato nientemeno che da Canberra, capitale dell’Australia. In questo caso, non c’è nulla di picaresco, né tantomeno del fumus sulfureo di un complotto internazionale. L’odore sgradevole emana dalla questione venale di un contratto rato ma non consumato (come tutti i matrimoni bianchi finiti male e prematuramente). L’antefatto è il seguente. Nel 2016 è stato sottoscritto un accordo solenne per la fornitura di sommergibili nucleari tra la Patria di Marianna (la Francia) e i figliastri australiani della Perfida Albione, che li avevano ordinati dall’unica potenza nuclearizzata della Ue, tra un tripudio di manifestazioni di eterna amicizia e di alleanza tra gli uffici dei ministri e le residenze degli ambasciatori dei due Paesi. Costo iniziale della commessa: poco meno di una quarantina di miliardi di euro per una quindicina di U-boat a propulsione nucleare.
Subito dopo, però, Canberra ne aveva richiesto la riconversione a motore diesel (concessa a caro sovrapprezzo dai francesi, con un maggiorazione del 50 per cento, con la lievitazione dei costi della commessa iniziale a più di 60 miliardi di euro), essendosi resa conto che i sommergibili nucleari appena ordinati non sarebbero stati utili per solcare le acque di pertinenza dei cugini neozelandesi, attentissimi alle questioni green, la cui cooperazione è di importanza strategica per il controllo delle acque internazionali a nord-ovest del Continente australiano. Resta ora la contraddizione palese di convincere Wellington che, invece, gli U-boat americani con la stessa propulsione siano più green di quelli francesi!
E mentre Emmanuel Macron si cullava nel sogno di all’incirca 56 miliardi di commesse, che avrebbero creato 4.000 nuovi posti di lavoro nella cantieristica francese, nottetempo l’America di Joe Biden bussava alla porta di servizio del Governo australiano, già addolorato e appesantito dal risorgente nazionalismo di Xi Jinping, che aveva decretato un pesante embargo sulle merci australiane a causa delle censure e delle accuse ufficiali mosse da Canberra a Pechino, ritenuta responsabile di aver provocato la diffusione della pandemia da Covid-19. La reazione cinese dei wolf-warrior, accaniti sostenitori del “dovete morire e vi affameremo commercialmente per averci sfidato”, ha indotto l’Australia altrettanto machista (per sua fortuna) a dare attento ascolto agli emissari di Joe Biden che, nel nome delle comuni radici anglosassoni, le chiedevano di formare un’alleanza strategica assieme all’Inghilterra, denominata Aukus (dalle iniziali di Australia, Uk, Us) per contenere l’espansionismo minaccioso di Pechino nel Mar Meridionale di Cina. In cambio, gli Usa proponevano di cancellare il contratto con i francesi, sostituendolo con uno nuovo, per l’acquisto di 14 U-boat statunitensi a propulsione nucleare, classe Virginia, più economici e molto più moderni dei loro concorrenti. Detto e fatto. Il tutto avvenuto praticamente nottetempo, tenendo accuratamente all’oscuro Parigi sul nuovo accordo commerciale.
Figurarsi la prevedibile, funesta ira di Macron (quello che parlando della Nato disse che si trattava di un’Alleanza “con encefalogramma piatto”. Sic!), super impegnato nella campagna presidenziale per il rinnovo del suo mandato) e del ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, già ministro della Difesa con François Hollande e responsabile politico di allora per la fornitura dei sommergibili all’Australia. Insomma: fuoco amico, con U-boat statunitensi che affondano quelli dei loro colleghi e alleati francesi. Cose da pazzi mai viste! Figurarsi che schiaffo al gallismo della Grandeur gollista, essendo in effetti la Francia l’unica potenza nucleare rimasta nella Ue. Tra l’altro, la vicenda ha un altro risvolto davvero inquietante. Ovvero, anche se l’impiego a usi civili delle tecnologie nucleari non è di competenza dell’Aiea, l’ente Onu che vigila (in base ai Trattati internazionali) sulla proliferazione nucleare, la realtà è ben diversa. Infatti, mentre il carburante fossile in uranio degli U-boat francesi è solo arricchito al 10 per cento, al contrario quello dei cugini statunitensi lo è al… 95 per cento, provenendo dal riciclo delle testate nucleari (belliche!) americane. Quindi, Paesi non nuclearizzati come l’Australia potrebbero (e ne sono del tutto tecnologicamente capaci) passare dall’oggi al domani alla fabbricazione di bombe nucleari, volendo fare la faccia feroce con i super nazionalisti di Pechino (che se lo meritano, diciamo così).
Più in generale, le ragioni geostrategiche vanno però ben oltre i meri affari. Dopo il ritiro dall’Afghanistan e dal Medio Oriente (in questo le politiche di Barack Obama, Donald Trump e Joe Biden sono perfettamente allineate e in perfetta continuità) il fulcro dell’attenzione degli Usa, come nelle antiche battaglie navali, è tutto concentrato nel Mar meridionale di Cina, dove l’espansionismo di Xi Jinping è sconfinato da tempo (grazie proprio alla distrazione dell’America, occupata per lunghi venti anni a… perdere la guerra in Afghanistan!), rivendicando a tutto campo la propria pertinenza sulle acque territoriali altrui (Filippine e Vietnam, in particolare!). Queste ultime sono state letteralmente occupate, in modo subdolo ma determinatissimo, attraverso flotte di molte centinaia di finti pescherecci e cementificate dalla costruzione di isole artificiali, che servono da basi avanzate per la Marina militare del Celeste Impero sempre più numerosa e agguerrita. Per tutti, vale la posta in gioco su Taiwan, ritenuta sacro territorio della madrepatria cinese, sulla cui riconquista i nazionalcomunisti di Pechino si giocano non solo la faccia, ma lo stesso potere interno. Taipei, del resto, ha non poche colpe per avere, diciamo così, il… braccino corto (pur essendo ricchissima, grazie al suo quasi monopolio mondiale sui semiconduttori) per quanto riguarda l’ammodernamento della sua aviazione e della relativa potenza autonoma navale.
Poiché, a ragion veduta, americani e occidentali vorrebbero evitare un nuovo Vietnam, dato che anche una guerra convenzionale con la Cina sarebbe la fine della globalizzazione e dei processi mondiali di sviluppo economico, non resta che puntare tutto di nuovo sulla Deterrenza. E non c’è nulla di meglio di una flotta nuova di zecca di sommergibili nucleari che, oltre al larghissimo raggio di operatività e di autonomia, possono stare immersi anche per un… mese senza dover riemergere per fare rifornimento per la nave e il suo equipaggio. Nulla di nuovo, quindi, sotto il cielo molto tempestoso della Nuova Guerra Fredda.