di Franco Manzitti
A Genova hanno inventato i jeans. Li hanno inventati a Genova come tela grezza da lavoro, esposta quasi come una reliquia, nel sacro Museo Diocesano, un gioiello all'ombra della grande Cattedrale di san Lorenzo, nel profondo dei caruggi. Poi sono diventati calzoni, sempre da lavoro, e li indossavano i camalli del porto.
Poi sono diventati, nell'onda inarrestabile dell'immediato pre e post Sessantotto, la divisa della cosiddetta contestazione. Allargatasi ad ogni ceto sociale, anzi, e poi a ogni popolo del mondo. La moda li ha trasformati incessantemente nell'indumento più usato ad ogni latitudine, per ogni sesso.
Materia nella quale tutti gli stilisti, dai più celebri ai più improvvisati si continuano a cimentare per farli indossare da un'umanità globalizzata, ma anche da quella ultraraffinata.
E oggi Genova cerca di sventolare questa gloria primogenita. Inizialmente era una bandiera blù e poi ha assunto tutti i colori del trend modaiolo. Rivendicando con una mostra exibition, tra commerciale e culturale, quella primogenitura indubbia, ma sicuramente un po' stinta, come qualche modello in voga. E che sta scatenando un vero putiferio politico.
Il costo della manifestazione della durata di pochi giorni (2-6 settembre), viaggia intorno ai due milioni di euro. È allestita in diverse location molto ombelicali nella città. Tra quel Museo Diocesano Sacro, i "caruggi", dove impazzano le canzoni di Fabrizio De Andrè, nella mitica via del Campo. I luoghi della Cultura, come Palazzo Ducale e altri edifici del cuore antico zeneise.
La manifestazione è stata varata sotto l'egida del Comune, governato da Marco Bucci, il sindaco-commissario. Siamo all'inizio di una campagna elettorale per la sua rielezione bis. La cifra è stata giudicata troppo alta da una opposizione che ha fatto del caso il suo cavallo di battaglia. Insomma la sinistra residuale di Genova è saltata a cavallo dei jeans per contestare quei due milioni di euro del supershow. Che schiera anche molti artisti del "design" moderno e della moda. Subito pronti a prestare le loro opere in tessuto jeans. E anche a ritirarle dopo le prime polemiche e poi a cambiare idee, davanti alla dimostrazione che poi la mostra itinerante, la exibition, non è così poco trasparente nei suoi conti.
La battaglia per i jeans in mostra, dal sacro, al profano e profanissimo, è tanto dura che un consigliere regionale di opposizione ha addirittura lanciato uno sciopero per i giorni cruciali della manifestazione. Nella quale sarebbe vietato a tutti indossare i jeans. Ovviamente la risposta, che ha sommerso questa proposta, è stata quella, invece, di indossarli tutti....
L'assessore al Bilancio comunale, avvocato Pietro Piciocchi, una specie di panzer dei conti, ha dimostrato che la spesa sulle spalle del Comune non supera di molto i 200 mila euro. È il budget complessivo dell'operazione jeans, che contiene la cifra superiore, sulla quale si scatenano i nemici del supershow, diventato il primo vero tema di una campagna elettorale. Quasi scontata nei suoi esiti per il vantaggio che il sindaco Bucci ha su ipotetici concorrenti. Per altro ancora non individuati dall'opposizione del Pd e dei 5Stelle, distanti gli uni dagli altri nel proposito di allearsi per spodestare Bucci.
Chi lo avrebbe mai detto che la campagna elettorale sarebbe incominciata in un nobile triangolo genovese, tinto di colore jeans. Appunto tra il Museo Diocesano, nella cosi ribattezzata "via dei jeans". Tra la leggendaria via Prè, quella del mercatino storico del contrabbando di sigarette e cioccolato svizzero. E la Biblioteca Universitaria. La via del Campo, dove De Andrè continua a suonare e cantare nel negozio base della sua musica immortale. Il Mercato dello Statuto e l'ultimo piano del Metellino, il complesso ottocentesco nella Darsena portuale, dove c'è la mostra ArteJeans.
Qui potrebbe addirittura sorgere un collegamento con il vicino Museo del Mare, dove allestire un centro stabile polivalente per nuovi spazi dedicati alla città, specializzato in arte contemporanea.
Lo squillo dei Jeans, una mostra di cui si parlava da decenni e che solo ora parte, scuote una città dove il dialogo e lo scontro politico sono surreali. Altrimenti il pantalone più indossato al mondo e la sua origine genovese non sarebbero diventati un vero detonatore.
Bucci, appena liberato dal collare ortopedico che lo imprigionava da mesi, dopo una brutta caduta in casa, ha approfittato delle polemiche in jeans. Per lanciare il guanto di sfida, chiedendo alla fantasmatica opposizione di avanzare anche qualche proposta, "magari di sinistra", con la quale discutere insieme.
Gli pesa il silenzio o la mancanza di un avversario che tarda a scendere in campo. Il problema è che il Pd e la sinistra più in generale sono chiusi nella roccaforte di potere da decenni. E non riescono più a esprimere una qualsiasi classe dirigente. Avendo perso i collegamenti con la società civile, anche essa molto decaduta.
La gestione Bucci suscita anche critiche, censure e molti mal di pancia nella sua stessa maggioranza, (quella sui jeans è solo l'ultima). Però per ora il sindaco manager, che parla un suo linguaggio a-politico e a-partitico, riceve dalle forze politiche avverse perfino endorsement. Come quello di "Italia Viva". Che per bocca di Raffaella Paita, deputata, presidente della Commissione Trasporti alla Camera, ex Pci, Pds, Ds e Pd, ha annunciato che potrebbe schierarsi con il sindaco uscente. Di cui approva un certo dinamismo e che vede per ora senza alternative.
Si sussurra nei corridoi più coperti qualche nome di possibile candidato della sinistra, con la riserva che piaccia anche ai 5 Stelle. Condizione che aveva impantanato un anno e mezzo fa la scelta del candidato alla presidenza regionale da contrapporre a Giovanni Toti. Con il finale di una vittoria travolgente dell'ex portavoce di Berlusconi.
Rispuntano fantasmi del passato, come Luca Borzani, già brillante assessore delle giunte di Giuseppe Pericu, poi indimenticato presidente di Palazzo Ducale. O l'avvocato Ariel Dello Strologo, un avvocato molto brillante, già presidente della Società Porto Antico. Stupidamente bruciato nella sua candidatura alla presidenza regionale, nell'ultima campagna ligure.
Ma comunque nella contesa elettorale sembra già in fuga vittoriosa il sindaco uscente, che conferma di voler andare avanti. In un deserto di concorrenza che potrebbe perfino suscitare dei capovolgimenti clamorosi nel quadro delle alleanze.
Bucci ha anche ufficialmente smentito la voce secondo la quale stavano preparandogli la poltrona di amministratore di "Leonardo", tanto per levarselo dai piedi. E ha aggiunto che lui non è di destra, "anzi è più di sinistra di molti che si definiscono tali".
Intanto c'è la polverizzazione del 5Stelle nella patria di Beppe Grillo, dove si sono persi, uno dopo l'altro, tutti i leader e leaderini succedutisi, con la benedizione di "Giuse". Sempre più assente dalla sua casa di sant'Ilario.
Dagli esordi del Movimento i grillini hanno bruciato Polo Putti, Marika Cassimatis, Alice Salvatore, tutti candidati sindaci o presidenti di Regione, tutti fuori dal Movimento. E ora Matteo Crucioli, l'avvocato deputato in carica, che ha appena fondato una nuova minicostellazione post 5 Stelle.
E questi sono solo i leader, dietro i quali si muovono gli altri sbandati in un quadro complesso. A Roma sono al Governo, a Genova città sono all'opposizione, in Regione pure.
Non sanno più da che parte girarsi. E mantengono l'unico punto fisso nella figura di Luca Pirondini, consigliere comunale, orchestrale del Carlo Felice, del quale non si sa cosa pensi, per esempio, dello show Jeans.
È così che questa contesa per cinque giorni dedicati allo spolvero genovese postpandemia, sotto il titolo "Genova Jeans", diventa l'unico tema di scontro. In una città che si sta lentamente assuefacendo anche alla catastrofe autostradale, che continua inesorabile. Costringendo turisti e cittadini e indigeni a percorrere la Liguria in code infinite, causate dai cantieri che suppliscono alle quarantennali carenze di manutenzione della rete viaria.
"O scindaco ch'o cria", come è stato ribattezzato Bucci per le sue tirate contro dipendenti e interlocutori in disaccordo, ha anche risposto all'ultima diatriba "in blu". Che lui ha un solo paio di jeans, molto vecchi, che non indossa perché il modello old ha una tasca posteriore a rischio di scippatore del portafoglio che usa portare lì. Ma poi, all'inaugurazione della manifestazione, aperta con sventolii di teli jeans e una sfilata nei caruggi, si è presentato in giacca blù e un paio di jeans perfettamente stinti, come vuole una delle ultime mode.