di Franco Esposito
Edizione Speciale di Vinitaly. Quattrocento aziende sono presenti a Verona, in tre capannoni. Quindicimila persone arrivano oggi. Duecento buys di trentacinque nazioni. I capannoni già presi d’assalto da 125mila visitatori, non necessariamente viticultori o vignaioli, a testimoniare lo straordinario successo di Vinitaly. La prima giornata ha fornito dati superiori anche alle più ottimistiche previsioni. I conti li ha fatti e li ha tenuti lo stand dei vini di Montalcino.
Prima del virus del 2019, i capannoni aperti erano dodici. Li presero d’assalto 125mila persone, 33mila gli operatori da 145 Paesi. Questa edizione di Vitaly, speciale davvero, è un’anteprima di quella che si aprirà nel 2022, senza limiti se non quelli della capienza del quartiere fieristico. Tutti gli spazi sono stati già venduti con largo anticipo. Il futuro è sold out fin da ora.
Il governatore della Regione Veneta, Luca Zaia, nel tagliare il nastro insieme con le autorità civili e politiche e i rappresentanti dei vignaioli più conosciuti e accorsati, ha definito “venti mesi da incubo, con due edizioni di Vinitaly chiuse per covid”. Ma la ripartenza risulta essere felicissima. “Un momento d’oro per il vino italiano”, ha concluso dal palco il presidente della Regione Veneta, anche lui in forma smagliante.
Si va verso un miliardo di bottiglie di spumante italiano. Venticinque per cento l’export di vino italiano in fascia di prezzo alta superiore ai sei euro al litro. Il cinque per cento supera i nove euro. Dodici miliardi il fatturato del vino made in Italy nel 2021, secondo le previsioni predisposte da Coldiretti. Vignaioli e manager hanno riscoperto la normalità, a Verona, tra abbracci, strette di mano, brindisi. E contratti, soprattutto per l’export.
Uno dei temi di questa edizione di Vinitaly è come sfruttare al meglio la vastità e la qualità ecologica italiana. La produzione è in grado di esportare bottiglie per sette miliardi di euro. “Ma i prezzi sono troppo bassi”, si è lamentato il ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli. “Dobbiamo usare tutti i fondi europei, a partire da quelli del Pnrr. La crescita deve diventare strutturale”.
La conferma sui “prezzi troppo bassi” arriva dalla ricerca del nuovo Osservatorio dell’Unione italiana vini. Solo il cinque per cento delle bottiglie di vino fermo destinato all’export esce dalle cantine a più di nove euro al litro. Il settantacinque per cento non supera la soglia dei sei euro. Al prezzo base bisogna addizionare tasse e guadagno dei venditori per stabilire il prezzo finale. Fanno molto meglio Nuova Zelanda, Francia, Australia. “Un gap che deve sparire”, espliciti quelli dell’Osservatorio.
Servirà innanzitutto come affrontare la nuova emergenza. La crisi delle materie prime e le difficoltà nei trasporti stanno causando al comparto una “bolletta di 800 milioni”. Il dato emerge da un’accurata, seria circostanziata inchiesta del Corriere Vinicolo.
Decisamente in vista, ormai prossima, la battaglia con i croati, che rivendicano in Europa l’uso del nome Prosex nelle loro etichette di vino passito. I veneti vedono come una tragedia una eventuale sconfitta come accadde per il Tocai. Marchio diventato friulano in seguito all’incursione degli ungheresi. I friuliani trovarono le carte giuste per vincere in sede di Unione Europea, a Bruxelles.
Il governatore Zaia ritiene di avere tra le mani una sorta di pistola fumante. “Non è proprio vero che Prosek sia un termine dei croati. Lo dimostreremo partendo un po’ più distante da dove loro sono partiti. Mostreremo che questo dossier deve essere cestinato. Dato che si presta ancora una volta all’italian sounding nel mondo”.
La pistola di cui parla Zaia sarebbe una serie di documenti che dimostra che la produzione di Prosecco nel Nordest è anteriore a quella del Prosek. Quindi spetta all’Italia il diritto di usare il nome che ora compare su 700 milioni di bottiglie ogni anno. Mentre i croati producono poche decine di migliaia di bottiglie.
Anche per il Prosecco la sfida è cresciuta enormemente di valore. Secondo il report, la produzione di bollicine del Nordest si conferma un “fenomeno con pochi esempi al mondo”. Grazie al Prosecco, il valore delle bollicine italiane è quasi quadruplicato negli ultimi dieci anni. Superata nel 2020 quota dei quattro milioni di ettolitri. Il dato fornisce una poderosa spinta al comparto degli spumanti italiani. Entro tre anni saranno prodotte un miliardo di bottiglie di spumanti dalle diverse denominazioni italiane. Esiste in pratica solo la difficoltà della scelta.
In vino veritas, in Italia e all’estero si potrà bere spumante a piacimento. Questione di gusto e punto. Come sempre dalle origini del vino.