Egregio Direttore,
Spiacevole ma forse inevitabile sorpresa per gli italiani all'estero nel Decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2022 approvato dal Consiglio dei Ministri nei giorni scorsi e quindi in procinto di arrivare in Parlamento.
Infatti, per evitare una condanna da parte della Corte di giustizia europea dopo il deferimento da parte della Commissione europea avvenuto già nel 2019 (e alla stregua di quello che era avvenuto con la Legge di Bilancio 2020 che aveva cancellato l'esenzione IMU per i pensionati italiani residenti all'estero) il Governo ha cancellato il bonus prima casa per gli italiani all'estero e cioè la norma che prevedeva tutta una serie di agevolazioni fiscali senza l'obbligo di stabilire (come avviene invece per i residenti in Italia e per gli stranieri) entro diciotto mesi la propria residenza nel Comune in cui è situato l'immobile acquistato.
Attualmente l'agevolazione per l'acquisto della "prima casa" consente anche agli emigrati di pagare imposte ridotte sull'atto di acquisto di un'abitazione nel territorio italiano in presenza di determinate condizioni. Chi acquista da un privato (o da un'azienda che vende in esenzione Iva) deve versare un'imposta di registro del 2%, anziché del 9%, sul valore catastale dell'immobile, mentre le imposte ipotecaria e catastale si versano ognuna nella misura fissa di 50 euro. Se invece il venditore è un'impresa con vendita soggetta a Iva, l'acquirente dovrà versare l'imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo della cessione, pari al 4% anziché al 10%. In questo caso le imposte di registro, catastale e ipotecaria si pagano nella misura fissa di 200 euro ciascuna.
Ora purtroppo il Decreto fiscale modifica la norma di maggior favore che prevede(va) appunto l'applicazione di imposte ridotte (soprattutto quella di registro), eliminando dalla legge in vigore quella parte dove è indicato che tra le condizioni per poter usufruire del beneficio ci sia anche quella che l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero o trasferito all'estero per ragioni di lavoro e che possa beneficiare degli sconti senza l'obbligo di trasferire la residenza in Italia.
Secondo la Commissione europea infatti l'applicazione dell'aliquota ridotta del 2 per cento dell'imposta di registro, e le altre agevolazioni, per l'acquisto della prima casa senza alcun vincolo di residenza, concesse ai soli cittadini italiani emigrati, contrasta con il Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, che non ammette trattamenti discriminatori basati sulla cittadinanza. Insomma secondo la Commissione europea gli sconti andrebbero fatti a tutti i cittadini europei che dovessero acquistare una casa in Italia e non solo quindi ai cittadini italiani.
Giova sottolineare che su questa materia già nel gennaio 2019 la Commissione europea aveva deferito l'Italia alla Corte di giustizia della UE per aver applicato un trattamento preferenziale in materia di imposta di registro immobiliare che prevede una aliquota ridotta per i cittadini italiani che vivono all'estero e che acquistano la loro prima abitazione sul territorio italiano senza l'obbligo di soddisfare il requisito di residenza. Rileva la Commissione che invece i cittadini di altri Stati membri non hanno diritto ad alcun trattamento preferenziale se non risiedono effettivamente nel comune in cui il bene è ubicato o se non vi fissano la residenza entro 18 mesi dall'acquisto e che il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) non ammette (art. 18) un tale trattamento discriminatorio, direttamente basato sulla nazionalità.
Secondo la Commissione europea (custode dei trattati) la decisione di adire la Corte si è resa necessaria in quanto l'Italia non ha allineato - sulla scorta del parere motivato inviato dalla Commissione alle autorità italiane nel gennaio 2018 - la propria legislazione al diritto dell'UE che vieta ogni discriminazione basata sulla nazionalità.
Ora per evitare una sicura condanna (e conseguenti sanzioni) da parte della Corte di Giustizia europea il Governo ha evidentemente ritenuto utile ed opportuna una nuova formulazione della norma eliminando appunto la parte reputata discriminatoria (che favorisce solo i cittadini italiani), allineandosi così ai trattati UE, perchè mantenere la norma ed estendere quindi le agevolazioni a tutti i cittadini europei sarebbe stato troppo oneroso.
Angela Schirò
Deputata PD - Rip. Europa -
Camera dei Deputati