Unicredit ci voleva solo guadagnare nel prenderla la banca che ora è al 64% del Tesoro. Volerci guadagnare non è un peccato, anzi una virtù. Però pare proprio Unicredit volesse guadagnarci troppo, il che può essere un vizio, anzi peggio: un errore. Comunque pare proprio Unicredit volesse dallo Stato un "regalone" di 9 mld per prendersi Monte Paschi Siena e, stando così le cose, pare bene abbia fatto lo Stato a dire ad Unicredit: anche no (anche se Unicredit finora è stata l'unica a dirsi disponibile (poco) a prendersi Monte Paschi, cioè la banca di dimensioni medio-grandi messa peggio in Europa).
E adesso? Adesso non solo non c'è lutto (finanziario) per il tanti saluti a e di Unicredit. C'è sollievo di partiti e sindacati. E tornano con baldanza parole d'ordine e imperativi sindacal-politici. No allo spezzatino! Difesa e valorizzazione del brand! Raccordo e rispetto del territorio! Difesa e mantenimento dei livelli occupazionali! Insomma Monte Paschi che viva e continui a vivere così come è. Cioè Monte Paschibanca pagata dallo Stato (pur non essendo esplicitamente banca di Stato). Cioè Stato (cioè contribuenti) che ripianano i deficit strutturali e contingenti e finanziano piani industriali e di rilancio che non toccano né sfiorano livelli occupazionali, non fanno spezzatino dei rami d'azienda, finanziano in nome del brand i costi di ogni struttura esistente.
Insomma piani industriali di rilancio che non cambiano nulla e servono come piattaforma su cui poggiare i miliardi pubblici. E non poteva mancare la pressante e doverosa richiesta alla Ue di dare altro tempo all'Italia. Già, perché avere banche di Stato non sarebbe proprio la regola (per ovvi motivi visto che si ha una moneta comune). Ma Monte Paschi di Siena (e anche un po' di Stato) merita un'eccezione, robusta eccezione. Questa la musica e la canzone di partiti e sindacati. Monte Paschi di Siena, profumo purissimo e genuino di Alitalia.