Egregio Direttore,
Una “mini riforma” delle pensioni di impatto limitato quella prevista dalla Legge di Bilancio 2022, stroncata dalle parti sociali e da molti esperti della materia.
Osservatori attenti sostengono che è forse mancato il coraggio, e il tempo, di pensare a interventi strutturali e duraturi, come ad un sistema universale e semplificato con le stesse regole per tutti di uscite flessibili, ad esempio dai 65 ai 70 anni, che premi chi va in pensione più tardi e penalizzi chi va in pensione prima. Ci si deve accontentare quindi, almeno per ora, di conferme e piccole modifiche a Quota 100, ad Opzione donna e all’Ape sociale. È previsto inoltre un anticipo pensionistico a 62 anni per i dipendenti delle PMI in situazioni di crisi e l’assorbimento nell’Inps dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi) – e dei loro debiti - per garantire la tutela delle prestazioni previdenziali dei giornalisti vista che gli ultimi bilanci si sono chiusi sempre in rosso.
Quota 100 quindi diventerà (e solo per il prossimo anno, poi si vedrà) Quota 102, sistema che consentirà ai lavoratori dipendenti di andare in pensione con 64 anni di età e 38 anni di contributi. Un anticipo di 3 anni quindi sulla età pensionabile di vecchiaia che è fissata attualmente (Riforma Fornero) a 67 anni di età sia per gli uomini che per le donne.
I sindacati hanno definito Quota 102 “una presa in giro” visto che coprirà meno di 15.000 persone anche perché molti dei soggetti che potrebbero perfezionare Quota 102 nel 2022 hanno già il maturato il requisito di Quota 100 al 31 dicembre 2021.
Per gli italiani all’estero Quota 102 potrebbe rivelarsi un miraggio (come avevamo denunciato per Quota 100 d’altronde) visto che il pensionamento (e quindi il pro-rata italiano) è subordinato alla cessazione del rapporto di lavoro – molti italiani residenti all’estero a 64 anni infatti continuano a lavorare e non sarebbero disposti, per ovvie ragioni, a smettere.
Il pensionamento anticipato solo per le donne – “Opzione donna” – perfezionabile anche con totalizzazione dei contributi italiani ed esteri, viene prorogato e modificato. Infatti i nuovi requisiti possono essere maturati entro il 31 dicembre 2021 per ottenere il pensionamento anticipato anche nel 2022. In pratica, chi entro la fine di quest’anno avrà maturato una anzianità contributiva (anche tramite totalizzazione dei contributi esteri) pari o superiore a trentacinque anni e un’età pari o superiore a 60 anni per le lavoratrici dipendenti e a 61 anni per le lavoratrici autonome si vedrà riconosciuto il trattamento pensionistico anticipato, calcolato però con il meno favorevole metodo del sistema contributivo (che ridurrebbe l’importo di circa il 30% con effetti ancor più penalizzanti sul pro-rata italiano in convenzione già notoriamente basso).
Anche per questa misura le parti sociali non condividono l’inasprimento dell’età pensionabile che viene innalzata di due anni rispetto alle regole vigenti e hanno quindi chiesto al governo di mantenere immutata la normativa attualmente in vigore e cioè 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 per le autonome. Sembrerebbe infatti che il governo nel nuovo testo da inviare al Senato abbia accolto la richiesta.
Infine l’Ape sociale: la misura era sperimentale fino alla fine di quest’anno e viene invece prorogata a fine 2022. Consente il ritiro anticipato di coloro che hanno almeno 63 anni e ricadono in una delle quattro tipologie di lavoratori compresi in questa norma: disoccupati, caregiver, handicap almeno al 74%, mansioni gravose. Ci vogliono 30 anni di contributi, che salgono a 36 per le mansioni gravose, e la residenza in Italia.
I nostri connazionali residenti all’estero sono quindi esclusi da questo beneficio; per gli ex emigrati rientrati è in corso invece un contenzioso per consentire loro di perfezionare il requisito contributivo anche tramite l’utilizzo dei contributi versati all’estero.
Forse consapevoli della necessità di una riforma più strutturale sulle pensioni per accogliere le richieste dei sindacati sul fronte della previdenza, il Premier Draghi ha evidenziato che il Governo è ancora disponibile (anche in sede di dibattito parlamentare) a un confronto con le parti sociali in materia di misure per la flessibilità in uscita, pur mantenendo fermo l’orientamento generale del sistema contributivo per garantire la sostenibilità della spesa pensionistica a lungo termine. Infatti nel 2023 il ritorno alla legge Fornero in versione integrale diventerebbe automatico se, nel frattempo, non saranno state congegnate nuove forme di flessibilità in uscita.
Angela Schirò
Deputata PD - Rip. Europa -
Camera dei Deputati
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