DI MARCO FERRARI
"Non sono un artista, sono uno che fa il mestiere dell'interprete" usava dire. A cento anni dalla nascita, Milano rende omaggio a Giorgio Strehler (Trieste, 14 agosto 1921 – Lugano, 25 dicembre 1997), regista teatrale e direttore artistico di fama internazionale.
Il Teatro della Scala e il Piccolo Teatro celebrano il grande regista scomparso nel 1997 che a Milano è diventato una figura centrale dell'arte scenica europea, con una grande mostra, "Strehler e i palcoscenici milanesi", allestita sino al 31 maggio 2022 nei luoghi in cui fece teatro: la Scala, dove ha curato 35 regie di 33 opere diverse, e il Piccolo, da lui fondato nel 1947 e dove ha dato vita a 126 spettacoli teatrali, che già negli ultimi anni della sua vita si divideva fra tre sedi, quella originaria di via Rovello (oggi Teatro Grassi), la nuova sede da lui voluta (oggi Teatro Strehler) e il Teatro Studio (oggi Teatro Melato Studio).
L'esposizione, curata da Alberto Bentoglio con allestimento di Marco Rossi, è divisa in diverse sezioni: la Scala presenta un allestimento in presenza dal titolo "Strehler, il gesto, lo spazio" nelle sale del Museo Teatrale e nel Ridotto dei Palchi a cura di Vittoria Crespi Morbio e la mostra virtuale (accessibile anche al pubblico globale) "Strehler e il soffio del vero poetico", rielaborazione degli spettacoli strehleriani alla Scala, curato da Franco Pulcini con le voci di Luca Micheletti e Andrea Jonasson, che fu musa e moglie del regista.
Il Piccolo allestisce "Amo il teatro perché amo la vita" sul rapporto tra Strehler e Milano con oggetti, costumi, documenti, fotografie. Spiccano l'abito di Milva-Jenny delle Spelonche, gli strumenti astronomici di Galileo, i giocattoli del "Giardino dei ciliegi", il budino dell'"Arlecchino servitore di due padroni". La Fondazione Corriere della Sera propone riproduzioni di pagine di quotidiani dell'epoca, con cui il visitatore può addentrarsi nella lettura di recensioni ma anche di articoli di cronaca che ci dicono quanto Strehler fosse un artista sempre in dialogo col proprio tempo.
Un uomo di spettacolo che non disdegnò l'impegno politico diventando parlamentare europeo del Partito Socialista Italiano, subentrato nel settembre 1983 a Bettino Craxi e quindi nel 1987 senatore con la Sinistra Indipendente che appoggiava il Pci. Al Piccolo, il primo "teatro d'arte per tutti", si possono ritrovare i materiali di "Vita di Galileo", "Arlecchino", le due edizioni dell'"Opera da tre soldi", con un focus su Brecht, oltre all'"Albergo dei poveri" che rappresenta la sua prima regìa milanese.
Se si passa in largo Greppi, al teatro che porta il nome di Strehler, ma che il maestro non fece in tempo in effetti a utilizzare, entriamo a contatto con l'elaborazione di spettacoli come "Giardino dei ciliegi" di Cechov,' "Anima buona di Sezuan", ancora di Brecht, "Giganti della montagna" di Pirandello, "Balcon" di Jean Genet. Molto particolari i costumi e il piccolo sofà del "Così fan tutte" mozartiano, lo spettacolo che Strehler non riuscì a vedere completamente montato. Studio Melato, lì accanto, rievoca lo spettacolo "Elvira o la passione teatrale", testo per cui Strehler recitò pure come attore. Alla Scala il regista riuscì a coniugare il fare teatro fra opera e prosa trasformando i palcoscenici milanesi in un unico immenso laboratorio di carattere europeo. Nella parte scaligera scopriamo la bellezza dei costumi conservati, messi in mostra davanti ai bozzetti delle opere corrispondenti.
Costumi che sembrano opere d'arte, statue, monumenti al sublime, per spettacoli quali "Macbeth", "Nozze di Figaro", "Falstaff", "Don Giovanni". Sono esposti anche rari manufatti dal "Cappello di paglia di Firenze" o dall'"Amore delle tre melarance". L'itinerario virtuale è trasmesso da due video compresi nell'itinerario della mostra e sarà visitabile online per un anno al sito www.teatroallascala.org. Nell'anno che lo celebra anche un volume recupera Strehler politico. "A me la politica non fa paura. Io credo alla politica come all'uomo, animale politico. Credo alla dialettica della storia che si fa politica. Detesto la politica che diventa sottogoverno", scriveva nel 1971. Il volume "Lettere agli italiani" è curato da Giovanni Soresi, con introduzione di Ferruccio de Bortoli, il primo di una collana editoriale progettata dal Teatro Piccolo di Milano–Teatro d'Europa in collaborazione con la casa editrice Il Saggiatore. Nel libro una ventina di suoi contributi politici apparsi su alcuni dei principali quotidiani italiani fra il 1984 e il 1992.