di Gerardo Coco
Riscaldamento globale. Cambiamento climatico. Energia rinnovabile. Emissioni zero. Tutti termini che hanno acquisito lo status di toccasana per eliminare i combustibili fossili, le due parole che oggi dovrebbero evocare disgusto e disapprovazione. Del resto, la climatologia è ormai diventata un’ideologia con tendenze totalitarie. Se metti in dubbio le cause del cambiamento climatico, sei un negazionista della “scienza” e quindi un soggetto da screditare, bandire, ostracizzare. Ma attenzione: come nel caso del Covid-19 tutti quelli che ti dicono di “seguire la scienza”, in realtà, intendono dire di seguire le loro convinzioni.
Già nel 1996 Mikhail Gorbachev aveva messo a nudo l’agenda che guida la “scienza climatica” con queste parole: “La minaccia della crisi ambientale sarà la chiave del disastro internazionale per sbloccare il Nuovo ordine mondiale”. Sottolineava l’importanza di creare un’emergenza per convincere le persone a rinunciare alla libertà in cambio di sicurezza così da venir sottomesse a una nuova versione del paradiso marxista. Un altro che si intendeva di dittature, l’ex presidente della Cecoslovacchia, Václav Klaus, poi presidente di turno dell’Unione europea, intervenendo al dibattito sul Protocollo di Kyoto nel novembre 2008, dichiarava: “Da uno che è vissuto sotto il comunismo per la maggior parte della vita, mi sento in obbligo di dire che io vedo la più grande minaccia alla libertà, alla democrazia, all’economia di mercato e alla prosperità non nel comunismo ma nell’ambientalismo ambizioso. Questa ideologia vuole sostituire l’evoluzione libera e spontanea dell’umanità con una specie di pianificazione centrale”.
L’idea ambientalista, trasformatasi nel corso degli anni in una campagna globale della sinistra radicale per sovvertire la cultura occidentale e porre fine alle sovranità nazionali e alla libertà individuale, ha guadagnato trazione durante la pandemia celebrando il collasso economico come punto di svolta per il pianeta, vedendo i blocchi come un modello per affrontare la crisi climatica. L’idea ambientalista ha ben poco a che fare con la missione di “salvare il pianeta”. È invece il mezzo per una trasformazione totalitaria della società. Gli obiettivi verdi dell’energia rinnovabili sono, soprattutto, non climatici: collegano insidiosamente le questioni ambientali a quelle delle ingiustizie sociali, della povertà di razza, delle identità, del genere e quant’altro. Al netto degli isterismi che lo accompagnano, gli obiettivi dell’ambientalismo riguardano massicci interventi dei governi per il controllo della popolazione, la ridistribuzione della ricchezza, la ristrutturazione economica e forti limiti alle sovranità nazionali. In poche parole, sono un attacco alle componenti che portano alla prosperità: libertà, innovazione e creatività.
Tutta questa lunga considerazione per sottolineare lo sfondo politico della Cop26, la ventiseiesima riunione della Conferenza delle Parti, ovvero la conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici conclusasi a Glasgow dopo due interminabili settimane. Qual è stato il risultato di questo summit che ha riunito 190 Paesi? Secondo noi un vero fallimento, tanto da ribattezzarlo come “Flop26”. Come considerare altrimenti una conferenza internazionale di leader mondiali sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica quando il leader del più grande emettitore del mondo, il presidente cinese Xi Jinping, non si è fatto mai vedere al summit neppure in un video-messaggio? Tanto basterebbe per archiviarla e dimenticarla.
Senonché, prima di questo evento abbiamo assistito a blackout elettrici in diverse parti del mondo: in Libano, in vari Stati membri dell’Unione europea, così come negli Stati Uniti, in particolare in Texas e California e tutto ciò è solo il presagio di ciò che verrà dopo questa conferenza. Ci sono previsioni, provenienti da molte agenzie internazionali di nuove interruzioni energetiche, accompagnate da un enorme aumento dei prezzi su tutto, dalle tariffe elettriche al costo dei carburanti per il riscaldamento domestico. Molte nazioni più povere dovranno affrontare morte di massa mentre questo scenario si dispiega. Sì, perché l’accordo che si è raggiunto al summit sull’obiettivo (farsesco) di tenere il riscaldamento globale sotto un grado e mezzo dai livelli pre-industriali non può essere raggiunto senza mandare all’aria l’economia mondiale. I governi, dopo aver già sprecato fino a oggi un sacco di soldi per sovvenzionare le energie rinnovabili, hanno evidentemente pensato di far apparire per magia le tecnologie in grado di immagazzinare l’energia in eccesso da utilizzare per non rimanere al buio e al freddo.
Del resto, il vero l’obiettivo della Cop26 era quello di creare un nuovo sistema di “governance finanziaria globale” per far partire quel fondo da cento e passa miliardi di dollari volto a mitigare gli effetti climatici che era stato pianificato fin dall’Accordo di Parigi del 2015 ma mai andato a buon fine. Pertanto, al summit si è lanciata la Glasgow Financial Alliance for Net Zero (Gfanz), una coalizione globale di importanti istituzioni finanziarie per accelerare la decarbonizzazione dell’economia. Si tratta ovviamente della solita pessima idea: un invito aperto a enormi sprechi, da parte dei politici che fantasticano sull’elettrificazione del sistema energetico.
Secondo noi nel 2022 il mondo avrà un brusco risveglio. Lentamente ma sicuramente le persone si renderanno conto di essere come le rane che vengono bollite lentamente dai politici che stanno ai fornelli e che ora, con il pretesto dell’energia “sostenibile”, aumenteranno la fiamma. Non ci si sorprenda se il cambiamento climatico diventerà un Covid bis, la prossima crisi globale progettata per capovolgere la democrazia e dotare i leader mondiali di poteri dittatoriali. Ma sta arrivando il momento della resa dei conti.