Sullo sfondo, e non solo, lui c'è sempre. Riesce ad esserci, ad infilarsi, in un modo o nell'altro. Defenestrato dalla presidenza degli Stati Uniti, Donald Trump è presente nel mistero salernitano chiamato Italygate. Il ministero ha aperto un'indagine sugli americani entrati senza autorizzazione nel carcere di Salerno. Disposti accertamenti sulla visita a D'Elia della ex dei Cinque Stelle, Cunial, e di due emissari Usa.
Questi i fatti. Nel 2019 il segretario Usa alla giustizia, Barr, è a Roma per l'indagine sulla presunta origine italiana del Russiagate. Trump viene informato dell'Italygate nel 2020. I satelliti Leonardo sarebbero stati impiegati per truccare il voto.
Il capo di gabinetto di Donald Trump e il segretario della Giustizia avviano un'indagine. Il segretario della Difesa ordina l'invio di emissari Usa nel carcere di Salerno. A qual pro? Interrogare Arturo D'Elia, l'hacker italiano dei misteri. La Casa Bianca sospetta manipolazioni di voto degli italiani all'estero. Viene avviata un'operazione di intelligence, ma l'Italia viene tenuta all'oscuro di tutto. Il quotidiano La Repubblica effettua una sua ricostruzione. La pubblicazione dell'articolo costringe all'azione il capo del Dap, Dino Petralia.
Vengono chiesti tagli alla direzione del penitenziario salernitano di Fuorni, diretto da Rita Romano. La circostanza della singolare incursione statunitense è confermata dal legale di Arturo D'Elia, l'avvocato Nicola Naponiello. "I due soggetti entrarono accompagnati dalla deputata Sara Cunial. Provarono a fare domande. Spaventato, il mio assistito segnalò tutto al pm". Condannato a Napoli per "aver penetrato i sistemi di sicurezza informatica di Leonardo spa, pilastro della difesa italiana", l'hacker ha confermato ogni cosa. Comprese ovviamente le dichiarazioni rese al pm all'atto della visita degli intrusi americani, non autorizzati.
Una storia di spionaggio industriale e intrighi internazionali. La Procura di Napoli, a distanza di mesi, ha inviato per competenza gli atti a Roma, a Piazzale Clodio, che ha iscritto nel registro degli indagati sei persone. Tra queste, i cittadini statunitensi accusati di reati fiscali. Laddove pare che, quel giorno, nel carcere di Salerno entrò come visitatrice la sola deputata Sara Cunial. Oggi iscritta al Gruppo Misto, dopo che il M5S l'ha espulsa per radicalismo No Vax.
Questi i particolari della visita, comunque sconcertanti, veri o verosimili. "Ingresso ore 11, uscita alle 13, dopo due ore in carcere". E non vi sarebbe traccia degli accompagnatori statunitensi della Cunial. Sembra impossibile. Anche in considerazione del fatto che alla visita avrebbe partecipato un avvocato sedicente amico di un esponente della Difesa Usa.
L'hacker D'Elia oggi è a piede libero. Ma dopo aver collezionato una condanna a un anno e quattro mesi per "un'incursione informatica in una base Nato". Uscito dal carcere di Salerno, ha patteggiato a Napoli tre anni e quattro mesi "per aver spiato i centomila file di Leonardo Spa". Il 30 novembre comincia invece il processo per depistaggio ad Antonio Rossi, il collega accusato di coprirlo. D'Elia era approdato in Leonardo su raccomandazione dell'allora senatore di FI, Franco Cardiello. Oltretutto suo legale e difensore nella prima fase del processo, che ora ci tiene a precisare: "Non vedo D'Elia da oltre un anno. Sì, è vero, fui io a segnalarlo a un amico, era bravo e lo presero. Altro non so".
Cambiato il difensore, Rossi riceve l'Sos di D'Elia dall'avvocato Naponiello. In quei giorni l'hacker napoletano è presente sui siti di tutto il mondo. La sconfitta elettorale di Donald Trump fa dilagare la teoria complottista sul ruolo dell'Italia e dei due arrestati in Campania. D'Elia parla di una "bufala che ha fatto il giro del mondo: all'inizio sembrava uno scherzo, poi tutto è diventato molto serio".
Una partita matta, stranissima, ambigua, che ad un certo punto coinvolge l'avvocato Carlo Taormina. L'ex parlamentare di FI, garantisce: "Ho un mandato di Trump, mediante il generale Flynt". Ma ora l'eccellente difensore di famosi mafiosi assicura che "tutto è superato, Trump è tornato sui suoi passi". Eppure la scritta "Italy did it" faceva bella mostra di sé nell'inferno di Capitol Hill.
L'ambasciata italiana allerta la Farnesina il 6 gennaio. In pari tempo, Il Pentagono pretende di inviare i suoi uomini a sentire gli indagati italiani. E qui le cose assumono aspetti tra il ridicolo e il grottesco. Singolari le rivelazioni di un avvocato siciliano, Alfio D'Urso. Il professionista sostiene di aver ricevuto la confessione vera da D'Elia. Una lunga lettera in cui spiegherebbe come ha inquinato le elezioni. D'Urso finisce indagato a Roma, sette mesi dopo.
Era tutto falso, dice ora D'Elia. Ma allora come spiegare la missione dei due addetti statunitensi entrati nel carcere di Salerno senza sapere come. Fantasmi veri o incursioni inquietanti in un carcere del Sud Italia? Il processo forse chiarirà.