Siamo entrati in un incomprensibile paradosso. I ‘bravi ragazzi’ (e ragazze) italiani che si sono vaccinati in massa sono chiamati di nuovo a fare il ‘loro dovere’, perché, così si dice, è inutile, complicato, o impossibile (leggi: politicamente costoso), richiamare il 15% di renitenti al vaccino a fare ciò che è necessario per evitare di sprofondare nell’ennesima catastrofe sanitaria già da tempo annunciata. È politicamente più semplice chiedere a chi ha fatto due dosi di fare la terza, piuttosto che richiamare chi non ne ha fatta alcuna al proprio dovere civico. Una bella lezione di etica politica.
Lo scudo vaccinale costruito con grande sforzo collettivo sta franando perché un 15% di renitenti rifiuta di condividere la responsabilità collettiva di fare fronte a questo dramma colossale. E le élite politiche che fanno? Mario Draghi prende tempo, i sindacati si voltano dall’altra parte. Ci sono solo alcuni presidenti di Regione trasversali, ed Enrico Letta, a esporre il problema con coraggio.
In Austria, Germania e altri paesi si sta facendo strada, progressivamente, l’idea che ciascuno deve assumersi la responsabilità delle proprie decisioni. Non si vuole rendere obbligatorio il vaccino? Benissimo. Ma perché, allora, chi si è vaccinato dovrebbe accettare di esporsi a inutili rischi, sedendosi fianco a fianco a chi non è vaccinato nei mezzi pubblici e luoghi di svago e di lavoro?
Nuovi focolai esplodono ogni giorno sui posti di lavoro. Persone vaccinate contraggono il covid perché obbligate contrattualmente negli stessi spazi, insufficienti, con persone non vaccinate. Qual è la giustificazione con cui si impone a queste persone di esporsi ad un rischio grave che avrebbe potuto essere evitato?
Quindi, che fare? Il governo chiede ai volenterosi di fare ancora un passo di più, per risolvere un problema senza curarsi della giustizia. Ma questo passo di più non può essere richiesto se al tempo stesso non vengono imposti gli opportuni e necessari vincoli a chi ha scelto liberamente di non vaccinarsi, esponendo se stesso, e soprattutto gli altri, a un inutile rischio.
È necessario, indispensabile, che la campagna vaccinale per la terza dose sia accompagnata da una altrettanto incisiva campagna di promozione, stimolo, accompagnamento a chi non ha ancora fatto né la prima né la seconda dose.
Senza di ciò, il patto sociale si espone ad una grave violazione del principio di solidarietà su cui ogni comunità umana si fonda.
In questo senso, se c’è un vero diritto all’obiezione di coscienza, quello oggi spetta a chi si è vaccinato e rifiuta di fare la terza dose finché l’ultimo italiano renitente non avrà fatto la prima e la seconda. La stupida e ignorante richiesta di libertà da parte dei no-vax si scontra oggi con il legittimo diritto alla tutela della salute di chi si è vaccinato per tutelare se stesso e gli altri.
Il governo ha oggi il dovere di imporre nel modo più esteso e sistematico possibile l’obbligo vaccinale, affinché le responsabilità del vivere civile siano equamente ripartite tra i cittadini. Scegliere la facile via della terza dose dei volenterosi rappresenta una facile scappatoia dai doveri cui una classe politica responsabile non può sottrarsi.
Nessuno vuole rischiare di passare il terzo Natale in lockdown. L’80% degli italiani ha fatto la sua parte per evitare che questo succeda, e grazie alla generosità di tanti, l’Italia si trova in una posizione di invidiabile privilegio rispetto ad altri paesi europei che già oggi devono ripristinare politiche di lockdown che credevamo confinate al passato. Ora spetta a chi ancora non si è vaccinato fare ciò che è necessario per consentire alla vita sociale di continuare a fluire serenamente.
La sola alternativa possibile non potrà che essere la disciplinata, rigida, e intransigente politica austriaca: un impassibile, lungo e doloroso lockdown per i non vaccinati.
È oggi inaccettabile imporre a chi ha accettato di vaccinarsi una nuova serie di restrizioni al solo fine di tutelare la salute di coloro che hanno scelto di non vaccinarsi.
Liberi di non vaccinarsi, non liberi di contaminare gli altri.