di Franco Esposito
La ricostruzione infinita. Molto più esattamente, solo avviata e mai completata. Quarantuno anni dal terremoto che devastò l'Irpinia, e non solo. Il piano di ripristino resta incompiuto. Ferme negli uffici della Regione Campania oltre 20mila pratiche. Uno scandalo senza fine. Anche in questo caso è corretto usare l'espressione infinito. Le istanze sono bloccate, l'ufficio è senza funzionario. L'abbandono totale. Nella provincia di Avellino persi 30mila residenti in dieci anni. Miseramente falliti i propositi di rilancio del territorio. Una roba da far cadere le braccia e provocare sdegno e indignazione. Povera verde, montuosa Irpinia.
1980-2021, quarant'anni dopo persistono ed emergono soli pensieri sconcertanti. I danni provocati dal sisma furono devastanti: 2914 vittime, 8840 feriti, 280mila sfollati, intere comunità cancellate dalla furia di quella notte infame e dalle scosse successive. Impropriamente definite di assestamento. In Campania si contarono 72 comuni danneggiati dal terremoto del 23 novembre 1980. Centoventi milioni di euro i fondi stanziati per la ricostruzione, messi a disposizione dalla Regione per i progetti di riqualificazione.
Ma c'è dell'altro, e sa di marcio. Cinquantamila miliardi di lire l'entità della ricostruzione post terremoto stimata dalla Commissione parlamentare presieduta da Scalfaro, nel 1990. Quarantuno anni non sono bastati, e chissà per quanti altri dovremo pensare a che fare col fascicolo della ricostruzione delle aree colpite dal sisma. Se il Governo, qualche mese fa, ha stanziato 100 milioni di euro per smantellare la baraccopoli realizzata a Messina dopo i disastri causati dal terremoto del 1908 (103 anni ci sono voluti), quanto ci vorrà ancora per cancellare la vergogna in Irpinia e chiudere, una volta per tutte, il capitolo che riguarda appunto 72 centri della Campania?
Domanda chiaramente retorica, da riderci sopra, se non si trattasse di argomentare intorno alla tragedia che coinvolse centri sparsi tra le province di Avellino, Salerno, Benevento, Caserta, Napoli. Gli interventi sono chiaramente residuali, riguardano il sei per cento del totale del patrimonio edilizio interessato. Alle 20mila richieste di contributo si aggiungono anche le poche migliaia della Basilicata.
La Regione Campania sarebbe pronta ad erogare 120 milioni di euro, peraltro previsti in bilancio, e mettere finalmente il punto a una vicenda che si trascina da quarantuno anni. Centoventi milioni sarebbero gli stretti parenti di quei 50mila miliardi di vecchie lire, come dai conti fatti all'epoca dalla Commissione parlamentare. La responsabile dell'ufficio è andata in pensione a luglio, e ancora non è stata sostituita.
Rosanna Repole, già sindaco di Sant'Angelo dei Lombardi, uno centri maggiormente danneggiati dal terremoto dell'Ottanta, è oggi componente del gruppo di lavoro che si occupa di questo problema mai risolto, ormai quarantennale. "Abbiamo perso i contatti con i proprietari delle case, sono morti o andati via, gli eredi non hanno interesse a utilizzare i fondi".
La verità è che i terremoti sono per definizione quasi sempre infiniti. Seminano distruzione e morte nello spazio brevissimo di un attimo. Quello del 22 novembre 1980, una scossa di magnitudo 6,9, intensità del decimo grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg, segnalò la completa distruzione di un'area che dall'Irpinia andava all'alto Sele: Santomenna, Balvano, San Mango, Senerghia, Teora, Sant'Angelo dei Lombardi. Il più grave disastro, in tempo di pace, che si sia verificato nell'Italia repubblicana. Le conseguenze sono destinate a risultare indelebili e incancellabili.
Poi, è andato in scena il dramma del dopo. Incentrato innanzitutto sul recupero di una nuova forma di vita. Buruntocrazia pura, totale. Risaltano le debolezze, le contraddizioni, le inadempienze, gli abusi, gli sperperi, gli errori. Una ripresa mai compiuta. In queste giornate di anniversario, in Irpinia sono tornati i volontari che primi arrivarono tra le macerie. E scavarono con le mani feriti e morti. Succede da 41 anni, ogni anno. Sullo sfondo, gli impietosi numeri di uno spopolamento progressivo. La provincia di Avellino – dati Istat – si è ridotta a 405.963 abitanti. Come se all'improvviso fosse sparita un'intera cittadina.
I giovani irpini laureati e qualificati sono andati via. La concretizzazione delle ambizioni di vita e di lavoro realizzate altrove. Di celebrazione in celebrazione, e non si capisce bene l'uso di questa espressione per commemorare l'immane tragedia, ieri presso la Fondazione Banco di Napoli, l'Università Federico Secondo ha presentato lo studio su "Il terremoto del 23 novembre 1980. Luoghi e memorie". Un momento, questo, di valore assoluto.
I curatori Gabriella Gribaudi, Francesco Mastroberti e Francesco Senatore hanno parlato anche di "resilienza di una comunità". I ricercatori Sabina Porfido ed Efisio Spiga hanno documentato lo stato attuale delle cose in un reportage scientifico di notevole efficacia e significato.
Il senso di tutto ciò? La realtà con cui ci si deve confrontare. Amara, durissima, permeata tuttora di gravi incertezze a quarantuno anni dal sisma devastatore.