Di SILVANA MANGIONE
Domani, mercoledì 1 dicembre, il Senato della Repubblica è chiamato a decidere: se il mondo degli italiani all’estero – la 21esima Regione – fa ancora parte dell’Italia oppure no; se la conferma di un uomo illegittimamente eletto da massicci brogli in Argentina vale più della verità e della giustizia; se il voto senatoriale di Cario (MAIE), che ha garantito l’esistenza di un paio di Governi e la nomina del primo sottosegretario eletto fuori dai confini, vale più della riforma costituzionale, che ha creato la circoscrizione Estero. La decisione di domani da parte del Senato sancirà se il voto degli italiani all’estero – per cui si è lottato ininterrottamente per 75 anni, dal 1946 a oggi – dev’essere per sempre macchiato, messo in dubbio, sbeffeggiato, come una barzelletta stantia. A chi ha memoria storica, il tragitto di questa battaglia per il diritto primario di ogni cittadino, in una democrazia che si rispetti, è ben noto. Per chi non sa o non vuole sapere, ricordiamone brevemente i passaggi. L’Assemblea costituente, eletta nel 1946, dedicò poca attenzione al voto degli italiani all’estero mentre dibatteva le norme in materia elettorale. Il deputato Giuseppe Piemonte (PSIUP) presentò il seguente emendamento all’Art. 48: “il diritto di voto… è esercitato anche all’estero”. Il relatore Umberto Merlin (DC), riferendosi alle difficoltà di attuare tale voto, malgrado si fosse ventilata la possibilità di esprimere le scelte per corrispondenza, dichiarò: “Vi fate subito il concetto che non è possibile seguire soltanto la legge del nostro cuore e scrivere nella Costituzione questo voto, quando esso dovesse rimanere sterile”. A scrutinio segreto, la proposta di Piemonte, sostenuta da molti socialisti, fu battuta con 263 voti contrari e soltanto 109 favorevoli. E la cosa si fermò lì. A partire dalla seconda legislatura sono state presentate decine di proposte di legge ordinaria o costituzionale, con una preponderanza (fino al 1988) dei ddl del MSI, seguito da DC, PSDI, PLI, PSI, PRI, ecc. Gli italiani residenti fuori d’Italia potevano votare, sì, ma soltanto recandosi fisicamente, a spese proprie, nella città di loro ultima residenza. Ovviamente gli unici che potevano farlo con una certa continuità erano i ricchissimi o chi viveva in Europa e zone limitrofe. Nel 1979, la prima vera consultazione politica all’estero vede impegnati gli italiani che vivono in Europa nell’elezione del Parlamento Europeo. Essi votano (in parte ancora adesso) nei seggi allestiti presso Consolati e Ambasciate, ma quell’anno parteciparono in pochissimi. In preparazione alla II Conferenza Nazionale dell’Emigrazione – CNE, che si sarebbe tenuta a Roma nel dicembre del 1988, il 27 ottobre dello stesso anno entra in vigore la legge n. 470, proposta da Mirko Tremaglia, che istituisce l’Anagrafe e il Censimento degli Italiani all’Estero, che erano stati depennati dalle liste elettorali per non aver espresso il proprio voto per troppe volte di seguito. Le Consulte regionali più illuminate, istituite dal 1975 in poi, iniziarono far coincidere le loro convocazioni con le amministrative e le politiche. A me capitò di dover lottare più di una volta con rappresentanti di vari partiti per poter votare al mio seggio a Bologna. Fui costretta a tirar fuori la Costituzione italiana e leggere il primo comma dell’Art. 48: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”. Il documento finale della II CNE, nel cui Comitato organizzatore eravamo inclusi anche noi, 21 rappresentanti dei Comitati dell’Emigrazione Italiana – Co.Em.It., era contenuta una richiesta perentoria: “nel far proprie le proposte del gruppo di lavoro istituito dal Comitato organizzatore, che tendono a rendere più incisivo il ruolo e le funzioni del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, la Conferenza sottolinea l’urgenza dell’istituzione di tale organismo…; essa accoglie altresì la proposta avanzata dal Ministro degli esteri, Andreotti, di conferire al Consiglio una «dignità costituzionale» (ciò che consentirebbe di attribuirgli il potere di iniziativa legislativa)”. Stupidamente continuammo a combattere per ottenere il voto all’estero e non per il conferimento della dignità costituzionale al CGIE che venne istituito il 6 novembre 1989 dalla legge n. 198. Il Consiglio si insediò oltre due anni dopo, nel dicembre 1991, per problemi di approvazione del regolamento di attuazione, spartizione dei Consiglieri nei diversi Paesi, convocazione delle Assemblee elettorali di secondo grado e – più di tutto – assegnazione dei Consiglieri di nomina governativa ai diversi enti, organismi e associazioni. L’anno dopo, nel 1992, il MSI presentò la proposta di legge n. 1018, voluta da Mirko Tremaglia e sostenuta praticamente all’unanimità dal CGIE, in cui si stabilisce il principio del diritto all’elettorato attivo e passivo da parte degli italiani all’estero, che potranno non soltanto votare, ma anche eleggere i propri rappresentanti diretti. Dal 28 aprile del 1993, Leopoldo Elia (già eletto presidente della Corte Costituzionale dal 1981 al 1985) assume la carica di Ministro per le riforme istituzionali. Si apre un periodo di lavoro costante dell’allora Ufficio di Presidenza del CGIE (di cui facevo parte, unica donna) con questo eccelso costituzionalista, che si appassiona alla questione del “voto estero”. Studiammo tutti insieme le legislature degli altri Paesi in materia di rappresentanza parlamentare dei loro concittadini all’estero. Io stessa sollevai l’inaccettabile contraddizione per la quale, in base all’AIRE, eravamo contati al fine del raggiungimento del quorum per la validità dei referendum abrogativi, ma non potevamo esprimere formalmente il nostro parere in proposito. Il 16 aprile, infatti, era stata bocciata dal TAR del Lazio per “un difetto di giurisdizione” la richiesta di sospendere il referendum fino a quando gli allora 1.900.000 cittadini all’estero, iscritti nelle liste elettorali, non fossero messi in condizioni di far sentire la loro volontà. Questa questione convinse Elia che fosse necessario approvare una modifica costituzionale. Il 30 giugno 1993, la Camera approva con 246 voti favorevoli e 195 contrari la proposta Tremaglia di emendamento alla legge elettorale per istituire le circoscrizioni estere e fissare il numero di 20 deputati e 10 senatori da eleggere fuori dai confini. Ma il Senato lo boccia. Il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, riceve l’intero Ufficio di Presidenza del CGIE e ci promette il suo appoggio. Leopoldo Elia redige e presentain tempi brevissimi un disegno dl legge di iniziativa del Governo per la riforma degli Artt. 48, 56 e 57 della Costituzione con l’istituzione della circoscrizione Estero. Il Senato approva. Il 3 agosto 1993 la Camera approva con 352 voti favorevoli e 19 contrari. La prima lettura nelle due Camere del Parlamento si è quindi conclusa in senso positivo. La Camera approva in seconda lettura. L’11 novembre 1993 tocca al Senato che deve confermare definitivamente la modifica costituzionale. Siamo tutti lì, negli spalti, CGIE e sostenitori, vestiti a festa, con il senso di onore che la Camera alta dona alla Repubblica, ma il Senato boccia. C’è un momento di gelo, che ci attanaglia al cuore. Poi il cervello registra il significato di questa sconfitta atroce, che è un insulto a tutti noi. Esplode un urlo corale di “Vergogna! Vergognatevi!”. Gli uscieri non hanno il coraggio di sbatterci fuori. Qualcuno minaccia l’irrealizzabile boicottaggio agli acquisti di prodotti italiani. Ce ne andiamo a farci intervistare dai giornalisti accorsi a frotte sul luogo del delitto legislativo. La XI legislatura, iniziata il 4 aprile 1992, termina il 16 gennaio 1994. Anche la XII legislatura dura pochissimo: dal 15 aprile 1994 al 16 febbraio 1996. In nessuna delle due c’è il tempo materiale per ripresentare e far approvare la modifica costituzionale. La XIII legislatura s'inizia il 9 maggio 1996, Piero Fassino riceve l’incarico di sottosegretario di Stato agli esteri con delega per l’emigrazione nel Governo Prodi e pertanto presiede l’Ufficio di Presidenza e l’intero CGIE. Con il nostro aiuto si crea una solida collaborazione a tre: Tremaglia, Fassino, Giovanni Bianchi. Facciamo ripetutamente “il giro delle 7 Chiese” andando a bussare alle porte di tutti i gruppi politici di Camera e Senato. Tra ulteriori trionfi e sconfitte, Il 17 gennaio del 2000 viene finalmente approvata in quarta lettura (due alla Camera e due al Senato) la riforma costituzionale degli Artt. 48, 56 e 57 della Costituzione, che creano la circoscrizione Estero e le assegnano l’elezione di 12 deputati e 6 senatori. L’Art. 48 rinvia alla legge ordinaria il compito di fissare “…. requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto degli italiani all’estero e garantirne l’effettività”. Mancano 15 mesi alle politiche del 13 maggio 2001. Si potrebbe facilmente varare la legge ordinaria in tempo utile per far partecipare anche gli italiani fuori d’Italia ma, per qualche inspiegabile ragione, la legge n. 459, che detta le “Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero”, nota come “legge Tremaglia”, è approvata soltanto il 17 dicembre 2001 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 5 gennaio 2002. I primi eletti all’estero si avranno soltanto nel 2006. In tutto questo percorso, il CGIE è stato il protagonista delle scaramucce, gli scontri, le concettualizzazioni di questa battaglia per i diritti e l’uguaglianza. Con buona pace della pischella che, miracolata dall’elezione alla Camera in Europa, vuole cancellare tout court il CGIE per sostituirlo con la vacanza romana una volta l’anno dei coordinatori degli intercomites. Come si diceva un tempo: “Signore perdonala, perché non solo non sa quello che fa, ma nemmeno di che cosa sta parlando”. Domani il Senato si esprimerà. Senatores boni viri, Senatus mala bestia. Domatela la mala bestia senatoriale: votate per la giustizia, l’onestà, la verità e la trasparenza confermando l’elezione di Fabio Porta e sbugiardando la porcata di chi ha voluto proteggere un voto per la prossima elezione del Presidente della Repubblica. Vogliamo credere, e crediamo fermamente, che il Senato avrà il coraggio di ritrovare la propria dignità. Non dateci un’ulteriore motivazione per chiedere che la circoscrizione Estero, fin dalle prossime elezioni, riversi i suoi voti in Italia, in tutte le altre 20 Regioni. Grazie.