di Matteo Forciniti
Sequestrare gli oppositori politici era il primo passo verso la loro concreta eliminazione e i militari, al momento di agire, questo lo sapevano. Sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione sul processo Condor che a luglio ha confermato le condanne all'ergastolo nei confronti di 14 ex ufficiali sudamericani responsabili, tra gli anni settanta e ottanta, di sequestro, tortura e assassinio di 43 cittadini di origine italiana.
Nel confermare il verdetto stabilito dalla sentenza di appello del 2019, la Cassazione ha chiuso definitivamente una lunga vicenda giudiziaria iniziata 22 anni fa su impulso di alcune famiglie italouruguaiane per far luce sull'operazione Condor, il piano organizzato dalle dittature sudamericane in quel drammatico periodo per spazzare via ogni forma di dissidenza.
"La Corte d'appello di Roma" -si legge nelle motivazioni della sentenza numero 43693 della Cassazione- "ha adeguatamente evidenziato come tutti gli imputati fossero perfettamente a conoscenza della esatta situazione relativa all'esecuzione del progetto di eliminazione (eventualmente anche fisica) degli oppositori politici, scandito dalle varie fasi, succedutesi in un sufficientemente ampio arco temporale, della individuazione dei soggetti da arrestare, del loro sequestro, della successiva detenzione clandestina con sottoposizione a torture e della definitiva eliminazione con occultamento dei cadaveri".
Tra i condannati c'è anche Jorge Troccoli, l'ex capo dell'S2, il servizio di intelligence della Marina militare uruguaiana, l'unico residente in Italia arrestato dopo la sentenza. Personaggio emblematico, Troccoli si è sempre definito una vittima arrivando a difendere il terrorismo di Stato nell'ambito di una presunta guerra tra due fazioni e nel 2007 riuscì a sfuggire alla giustizia uruguaiana rifugiandosi in Italia grazie alla cittadinanza acquisita da un antenato.
Per i giudici della Cassazione la responsabilità vale anche per gli imputati, come lui, appartenenti ai cosiddetti "ranghi intermedi" con l'aggravante della premeditazione: individuati gli oppositori politici e progettato il loro rapimento e il loro interrogatorio, i "quadri intermedi" accettarono dall'inizio "il rischio della soppressione dei sequestrati, non rileva se durante le perpetrazione delle torture o successivamente". La Suprema corte, basandosi sugli atti dell'appello, esclude che i rapimenti fossero semplicemente finalizzati a fare degli interrogatori per poi rilasciare gli oppositori. La ricostruzione fatta, al contrario, "consente ragionevolmente di affermare che la decisione di uccidere i prigionieri veniva già presa al momento della loro localizzazione e del loro sequestro e rimaneva ferma, tanto che per la sua attuazione risultavano già predeterminati i luoghi e, sostanzialmente i tempi".
Oltre a Troccoli e ad altri 3 cileni condannati in un altro procedimento, gli uruguaiani giudicati colpevoli nel processo Condor sono: José Nino Gavazzo, Ricardo Arab, Ricardo Medina, Luis Maurente, José Sande Lima, Ernesto Soca, Ernesto Ramas, Jorge Silveira, Gilberto Vázquez, Juan Carlos Blanco, Juan Carlos Larcebeau e Pedro Mato Narbondo. Abbastanza particolare è il caso di quest'ultimo che si trova dal 2013 profugo in Brasile dove ha ottenuto la cittadinanza e ciò gli ha consentito di evitare l'estradizione chiesta dall'Uruguay. Su di lui adesso però pende un ordine di cattura internazionale emesso dall'Interpol con la richiesta di estradizione da parte dell'Italia.
Tra i militari sudamericani condannati nel processo Condor bisogna aggiungere altri 3 cileni condannati in via definitiva pochi giorni fa, mentre altri sette accusati oggetto delle condanne di primo grado e di appello sono risultati nel frattempo deceduti.